"Il Volo Dell'angelo Di Pietra" - читать интересную книгу автора (O'Connell Carol)6I fili del telefono e della luce erano ben nascosti sul retro dell'edificio. All'esterno, l'aspetto Entrò nel locale e si ritrovò nel presente. Un'enorme macchina per il caffè gorgogliava a tempo con il sottofondo soft-rock. Sullo scintillante bancone di vetro e metallo erano disposti contenitori colmi di insalate, pane e affettati. Tutti i tovaglioli erano di carta e le tovaglie rosse erano di plastica. Dopo essersi servito di pane, verdure e condimenti vari, prese posto al tavolo vicino a quello di Darlene e Ira Wooley. La madre parlava al figlio con un tono dolce e consolatorio, ma il ragazzo non la stava ascoltando. Era tutto intento a costruire una torre di cibo sulla base di una fetta di pane. Con argomentazioni suadenti, Darlene indicò al ragazzo gli ingredienti che avrebbero scatenato le sue allergie e rimosse gli strati nocivi alla sua salute. Il ragazzo fissò per un attimo il panino mutilato, e Charles si preparò a una crisi di urla, tipica dell'autismo. Ma Ira rimase calmo e riprese a costruire un'altra torre di cibo su una nuova fetta di pane presa dal piatto della madre. Lavorava abilmente, nonostante le mani bendate e le stecche che gli bloccavano le dita. Charles decise che le sue capacità motorie erano decisamente normali. Darlene Wooley osservò Charles con la diffidenza comune a tutte le madri iperprotettive. «Mi scusi se lo sto fissando,» esordì Charles, «ma i panini sono la mia passione.» Ira sollevò per un attimo lo sguardo mentre Charles spalmava senape sul suo pane nero e poi la decorava con strisce di ketchup. Il ragazzo allungò le mani fino alla ciotola d'insalata della madre, ne tirò fuori con cura i bastoncini di carote e li dispose a reticolo sulle sardine. Charles formò un cerchio perfetto di crostini sulle righe di ketchup. Ira lo osservò e aggiunse una sottile fetta quadrata di prosciutto cotto sulle carote. Charles sistemò due fette di formaggio giallo, una di traverso sull'altra, a formare una stella a otto punte. Ira replicò con un fiocco di crema di formaggio spalmata sul prosciutto, a formare un triangolo un po' sbavato. Benché Darlene Wooley sembrasse molto stanca, la vista di quei due assorti nella loro conversazione a base di sandwich la divertiva. Charles cominciò a impilare i suoi ingredienti più in fretta, a formare una piccola torre. Ira accettò la sfida, terminando la sua costruzione per primo. Charles applaudì il vincitore insieme a Darlene, che ora rideva con l'abbandono di una bambina. Occasioni di serenità come quella dovevano essere rare nella sua vita. La donna aveva le unghie rosicchiate, gli occhi arrossati e una profonda ruga verticale fra le sopracciglia. In ogni caso, si sarebbe detto che il ragazzo avesse una mente sveglia, reattiva. Chissà se era in grado di parlare? Molti autistici non lo erano. Ira si concentrò sul cibo senza sollevare lo sguardo, mentre sua madre e Charles si presentavano. Darlene tentò di coinvolgerlo, ma i suoi occhi guardarono altrove. Charles capì che portare il ragazzo a fare colazione al Jane's Café rientrava nella terapia comportamentale. Approvò. Quell'esercizio quotidiano spiegava l'assenza di stress nel giovane, nonostante la confusione, il viavai e la presenza di sconosciuti. «Da queste parti non esistono strutture terapeutiche per soggetti autistici. Così quattro volte alla settimana Ira frequenta una scuola statale per ritardati mentali.» «Be', è sempre meglio di niente» commentò Charles. Era una pratica diffusa. Un medico comprensivo modificava la diagnosi di autismo in quella di ritardo mentale in modo che il paziente fosse accettato dalla struttura disponibile. «Penso che usino molti degli stessi metodi, come l'apprendimento attraverso esercizi ripetitivi.» «Sì, e per Ira hanno attenzioni speciali. Ho cercato di farlo accettare da un istituto privato a New Orleans» disse Darlene. «Ma non ha superato i test per l'ammissione.» Alla fine, la conversazione si spostò sui motivi che avevano condotto Charles dallo sceriffo. «Augusta Trebec crede che la giovane arrestata possa essere la figlia di Cass Shelley. Come esecutrice testamentaria…» «E chi altri potrebbe essere quella ragazza, signor Butler?» Dopo aver accettato di chiamarlo Charles, gli raccontò dell'arrivo di Mallory a Dayborn, il giorno del delitto. «È scesa da un taxi davanti al bed amp; breakfast. Io ero seduta sul portico e stavo chiacchierando con la mia amica Betty Hale. La ragazza era tale e quale sua madre. Non si può dimenticare un viso del genere.» Anche Babe Laurie aveva visto Mallory e si era messo a camminare come un ubriaco, con gli occhi spalancati. «Poi si è seduto sul bordo della fontana mentre la ragazza prendeva una stanza al bed amp; breakfast. Quando suo fratello Malcolm è passato a prenderlo in macchina, lui non voleva andarsene, e così hanno cominciato a litigare. Intanto Ira era sgattaiolato a casa, dove si è messo a suonare il piano, sempre le stesse poche note, ripetute in continuazione. Quella musica ha fatto andar fuori di testa Babe che si è precipitato a casa mia, con il fratello alle calcagna. Ero incredula: nessuno fa irruzione in casa altrui a quel modo. Ho salutato Betty e sono uscita. All'improvviso, la musica si è interrotta e mio figlio ha cominciato a urlare. Sono corsa in casa proprio mentre i Laurie scappavano. Ho trovato Ira al piano con le mani fracassate e il sangue che colava sui tasti.» Charles guardò di sottecchi Ira per vedere come reagiva alle parole di Darlene. Sembrava che il ragazzo non le udisse neppure. Forse per lui erano solo rumore senza significato. Forse il suo pensiero era fatto di immagini e non di parole, forse la musica era l'unico linguaggio naturale per lui. Per ora Ira sembrava più interessato al cibo. Charles provò a rivolgersi a lui. «Potresti accennarmi il motivo che suonavi al piano?» Fu sua madre a rispondere: «Non parla più con nessuno adesso. Quando era piccolo chiacchierava tanto. Ora ripete solo alcune parole: si chiama "ecolalia". Ecco perché non può superare il test di ammissione per quel centro terapeutico di New Orleans». Era comprensibile. Un programma avanzato aveva come requisito primario la capacità di comunicare. «Forse lei sarebbe in grado di ricordare le note?» «Figurarsi!» esclamò lei. «Non ho orecchio. Mio figlio invece è incredibile: se lo si fa sedere al piano, lui suona, ma non accetta richieste. Suona solo quello che vuole. E a volte, ma soltanto quando ne ha voglia, canta: ha la più bella voce mai sentita. E non lo dico perché sono sua madre.» «Lo sceriffo ha avuto parole di elogio per il talento di Ira.» Darlene sorrise con un certo imbarazzo, e nascose le mani sotto il tavolo. «A volte, se le finestre sono aperte, chiunque passi nella piazza si ferma a sentirlo cantare. Restano lì, immobili e silenziosi come se fossero tutti in chiesa. Ho perfino visto qualcuno scoppiare in lacrime.» Charles era davvero incuriosito. Si trovava di fronte a qualcosa di molto più raro di una delle consuete doti da Finito il panino, Ira iniziò a dondolarsi avanti e indietro sulla sedia, con lo sguardo fisso sulle proprie mani. Charles sapeva che il ragazzo stava cercando di calmarsi. Perché? Un attimo prima non era agitato. Darlene coprì, senza toccarle, le mani del figlio con le sue. «Cosa c'è che non va, tesoro?» «Cosa c'è che non va» ripeté Ira, guardando il pavimento. Charles e Darlene si girarono e videro una figura sulla soglia. Era l'uomo dai due volti, l'artista del cambiamento. Sorrideva alla donna, salutandola con la mano. Darlene si irrigidì. Raccolse la borsa e uscì in fretta insieme a Ira, abbozzando a sua volta un saluto. L'uomo si avvicinò al tavolo di Charles e gli tese la mano. «Sono Malcolm Laurie. Ma mi chiami pure Malcolm. Posso sedermi al suo tavolo?» «Certo. Sbaglio, o lei assomiglia a Babe Laurie?» «Era mio fratello.» Malcolm Laurie si mise comodo, come se si trovasse nella sala da pranzo di casa sua. «Le mie condoglianze» disse Charles. «La ringrazio, signor…?» «Butler. Se non ho capito male, suo fratello era un predicatore itinerante.» «È l'attività di famiglia.» Ecco di nuovo l'accattivante sorriso. «Ha mai visto uno di quegli spettacoli di carattere religioso che si svolgono nelle fiere?» «Sì, da bambino… Pensavo che non ne esistessero più. Tutti i predicatori ormai si dedicano a programmi televisivi.» «Non tutti. La nostra famiglia fa ancora spettacoli itineranti. Abbiamo comprato un tendone da un circo che era fallito. Babe era ancora piccolo.» «Una vera tenda da circo?» Non vedeva una di quelle meraviglie da quando era un fanciullo. «Quanto è grande?» «È la tenda più grande che abbia mai visto, glielo garantisco. La montiamo domani per il servizio funebre in memoria di Babe. Nessuna trave, si regge con corde e sostegni tirati su a forza di muscoli. Se vuole vedere come montiamo la tenda, deve venire nella zona della fiera verso le otto del mattino.» «Ci sarò.» Anche se non era possibile, Charles aveva l'impressione che Malcolm non sbattesse mai le palpebre. I suoi occhi azzurri erano magnetici. «A quel che ho capito lei ha qualche rapporto d'affari con la detenuta» disse Malcolm. «Se è una sua amica, voglio che sappia che l'ho perdonata per aver ucciso mio fratello.» «Non le pare di essere un po' troppo frettoloso? Nessuno l'ha accusata di omicidio. La trattengono in qualità di testimone oculare.» Malcolm parve sorpreso, e Charles si accorse di avergli rivelato qualcosa di molto importante. Abbassò gli occhi. Se quello che gli aveva detto lo sceriffo fosse stato un gran segreto, certamente non ne avrebbe fatto parola a nessuno, tantomeno a lui. Tuttavia, aveva ignorato l'avvertimento di Augusta Trebec di non fornire informazioni utili agli avversari. Malcolm non era certo dalla parte di Mallory. Nel tentativo di cambiare l'argomento di conversazione, disse: «Non so in cosa consista la sua religione. La New Church è forse vicina alla Chiesa Battista?». «No, lei sta facendo confusione. In questa zona siamo tutti cattolici. Nel nostro spettacolo usiamo il più gran crocifisso mai visto. I cattolici intendono la crocifissione del Cristo e la sua morte come l'espiazione dei peccati. I protestanti, invece, preferiscono vedere una croce vuota, a ricordare la sua resurrezione.» Scosse il capo. «Non c'è passione nella loro religione. I protestanti sono davvero noiosi; senza offesa, se lei è dei loro.» «Allora la New Church è una setta cattolica?» «Direi che siamo un po' cattolici e un po' protestanti. Venga a vedere con i suoi occhi. Ci sarà grande affluenza allo spettacolo di domani sera, ma potrei riservarle un posto in prima fila.» «Grazie, mi farebbe piacere. Allora, che tipo di visione sostenete?» «La presa di coscienza. Imparando a vedere le cose come sono realmente, si entra a far parte del flusso di energia e si capisce che tutto quel che ci accade è predestinato.» Nelle sue parole Charles riconobbe la dottrina di un filosofo «Ho visto il povero diventare ricco e il debole diventare potente.» Adesso stava citando un altro bestseller da quattro soldi sulla filosofia zen. «Meno ti dai da fare per ottenere quello che vuoi, più ti avvicini alla meta.» Ciò che Malcolm Laurie stava dicendo era in vendita in tutte le librerie nella sezione "New Age". La New Church non era altro che l'ennesimo spaccio dove la gente sperava di acquistare una vita più interessante, una nuova coscienza e il soddisfacimento di ogni bisogno materiale. E il tutto senza dolore, senza fatica e, soprattutto, senza tasse, poiché si trattava di un'organizzazione religiosa. «Le manca qualcosa nella vita, vero?» Gli occhi di Malcolm scintillarono. «Quello che ha non le basta. Lei vuole qualcosa di più, non è così?» «Certo» asserì Charles. Chi avrebbe detto di no? «Il regno dei deli è in mezzo agli uomini, ma loro non lo vedono. Posso spiegarle come ottenere ciò che per lei ha maggior valore.» Mascherando il proprio scetticismo, Charles fece un cenno con la mano per invitarlo a continuare. «È una donna, vero? La detenuta nella cella dello sceriffo Jessop è una donna bellissima, no?» Charles non disse nulla. Si rese conto che, in qualche modo, il suo silenzio equivaleva già a una risposta. Malcolm era soddisfatto. Aveva trovato il suo punto debole: il sentimento particolare che lo legava a Mallory. Come rimediare? E come evitare di tradirla a ogni mutamento di espressione? Mallory una volta gli aveva detto: «Non dovrebbero permetterti di giocare a poker senza coprirti la faccia». Charles sorrise. Forse questa volta sarebbe riuscito a imbrogliare le carte. «Capisco dove vuole andare a parare, signor Laurie» fece Charles, ignorando l'invito a chiamarlo per nome. «Immagino che le belle donne siano merce proibita per gli uomini brutti.» «Ma io non intendevo…» «Per carità, lasci stare. Mi basta guardarmi allo specchio. Lei ha ragione, il mio sogno è una bella donna che non riuscirò mai ad avere. La sua osservazione è esatta, ma non particolarmente astuta. Lo capisce chiunque veda la mia faccia.» Ora il sorriso di Malcolm si fece incerto. «Ma ci dev'essere una donna in particolare che lei desidera.» «New York è piena di bellissime donne, e nessuna di loro ha il minimo interesse nei miei confronti. Forse è il naso a scoraggiarle. È difficile ignorarlo, è una protuberanza davvero eccessiva. E poi io pretendo che una donna sia anche intelligente. E sa, una donna bella e intelligente può avere tutti gli uomini che vuole, non sceglie certo un uomo brutto come me. Sono solo realista.» Malcolm si appoggiò allo schienale della sedia e Charles osservò i suoi occhi azzurri che meditavano una nuova linea d'azione. «Credo di aver individuato il problema. Il suo nemico è il suo stesso ego. Determina tutto quello che lei fa. Produce timori e arresta ogni suo passo avanti.» «Devo stare attento ai miei passi avanti. Non voglio rischiare di speronare accidentalmente una donna con questo popò di naso.» Malcolm sogghignò. «Quindi, secondo lei, ci vorrebbe un miracolo per avere quella donna.» «Direi di sì.» «Guarda caso, i miracoli sono la mia specialità.» «Le specialità hanno un prezzo.» «Lei mi piace, signor Butler. Ma il suo denaro non m'interessa. Farò in modo che lei ottenga quel che vuole. Lo considero un investimento in karma positivo.» Malcolm batté la mano sul tavolo, sorridendo con convinzione. Arrotolò le maniche, come per mettersi sul serio al lavoro. «Dimentichi il passato e ogni fallimento. Non pensi al futuro.» I consigli erano offerti con voce suadente, ma in realtà erano ordini. «Accetti l'attimo per quel che è. Ci si abbandoni, e allora potrà osservare il problema con un certo distacco.» Distacco? Ma il suo problema più grande sporgeva ben oltre il viso. «Non il suo naso» disse Malcolm. «Ma la donna.» A poco a poco, la conversazione diventò una cospirazione contro l'altro sesso. Charles ascoltò Malcolm elencare le aspettative di una bella donna: attenzione, ammirazione e devozione tenace. «Non sia mai prevedibile. Se lei si aspetta di essere seguita,» disse Malcolm «non lo faccia. Se ne vada. Sarà lei a venirla a cercare.» «Ma perché?» «Perché all'improvviso lei è diventato irraggiungibile. La donna penserà che le abbia trovato dei difetti. Questo la farà impazzire finché non avrà scoperto di che si tratta.» «Quindi, allontanandomi da lei, riuscirò a creare una reazione uguale ma contraria?» Malcolm annui. «E tenga bene a mente che una bella donna non ha alcuna esperienza di insuccessi. Ed è qui che lei è in vantaggio.» «I miei difetti diventano i miei punti di forza.» Ora Charles cominciava a prenderci gusto. Dall'adolescenza, quando studiava insieme a ragazzi molto più grandi, fino all'età adulta, trascorsa tra i cervelloni dei centri di ricerca, non aveva mai incontrato nessuno in grado di discutere di donne con competenza. Gli amici più intimi se li era fatti solo in seguito, quando ormai era troppo tardi per discutere delle strategie per conquistare una donna. «D'accordo» concesse Charles. «Ora è lei che segue me. E poi?» «Lasci fare a lei. Sono le donne a stipulare i contratti, a stabilire le regole, a creare il rapporto. È il loro compito. Il suo invece sarà quello di permetterle, con riluttanza, di legarsi a lei.» C'era una certa logica in quelle parole. Ma si poteva applicare a Mallory? Lei riusciva sempre a prevedere ogni suo comportamento. Forse per questo non lo aveva messo al corrente dei suoi progetti di lasciare New York. Sapeva che lui l'avrebbe seguita e le avrebbe creato problemi, con la sua incapacità di mantenere i segreti. «Ha qualche dubbio, signor Butler?» Charles incontrò gli occhi di Malcolm. Per sfuggire al suo sguardo indagatore, fece ricorso al vecchio trucco del prestigiatore: la sostituzione. «Signor Laurie, cosa pensa che vogliano veramente le donne?» «Non ha importanza, signor Butler. Se si comporterà come le ho detto, non dovrà più preoccuparsi di chiederselo.» Contro la sua volontà e ogni buon senso, a Charles quell'uomo era simpatico. Il carisma di Malcolm gli ricordava quello di Louis Markowitz. Aveva visto il suo vecchio amico attrarre a sé sconosciuti, avvolgendoli fin dall'inizio in una piacevole, calda intimità. Mezz'ora più tardi, quando Malcolm si alzò dal tavolo, Charles gli strinse la mano con sincero calore. Dopo che la porta si fu richiusa alle sue spalle, il senso di benessere provato fino a quel momento svanì, sostituito da una specie di rimpianto. Charles si sentì solo. Che cosa voleva davvero Mallory? Che cosa l'aveva indotta a ritornare in quel luogo? Non la nostalgia. Non aveva più alcun legame familiare con Dayborn. La madre era morta, e di una morte improvvisa, secondo Augusta Trebec. Lo sceriffo afferrò le sbarre della cella di Mallory. «Non sei cambiata tanto. Sei soltanto più alta. Ti ricordi di me?» All'inizio, Louis Markowitz l'aveva soccorsa. Inondava la camera da letto di luce e la teneva stretta fra le braccia finché i suoi piccoli piedi, che nel sogno correvano nel fiume di sangue, si fermavano, e lei si svegliava posandoli su un pavimento solido e sicuro. Dopo la morte di Markowitz la sua vita aveva cominciato a disfarsi. E quelle immagini orribili erano tornate a perseguitarla. Mallory aspettava che Tom Jessop si stancasse di essere ignorato, se ne andasse e la lasciasse in pace. Ma era un tipo testardo. Provò la tentazione di avvicinarsi alle sbarre e di graffiarlo. Le sue mani si serrarono a pugno, e le lunghe unghie rosse le affondarono nella carne sino a farle male. Fissò i segni delle unghie sui palmi. Stava diventando pazza? Da quando Markowitz era morto non stava forse scivolando verso la follia? Non aveva nemmeno più il suo orologio da tasca. Gliel'aveva sequestrato lo sceriffo. Mallory aggiunse anche questa all'elenco delle offese ricevute. «Sai com'è morta tua madre?» «Quando eri piccola non parlavi molto» disse l'uomo sospirando. «Ma ridevi sempre. Eri la copia di tua madre. Manca anche a me, sai. Forse potremmo aiutarci a vicenda, Kathy.» «Non chiamarmi così.» Si girò verso di lui, lo sguardo pieno di odio. Sbigottito, lo sceriffo staccò le mani dalle sbarre. «Riesco a immaginare quello che stai pensando.» «Tu pensi che avrei dovuto chiudere il caso molto tempo fa, arrestando tutti i colpevoli.» Tornò a guardarla negli occhi. «Non credi che avrei voluto farlo più di ogni altra cosa?» «Avrei voluto far loro qualcosa di molto peggio.» «E tu, che diavolo ti è successo?» Si attaccò di nuovo alle sbarre. «Eri una ragazzina solare. Guardati adesso. Hai gli occhi più gelidi che abbia mai visto. Se sapessi chi ti ha fatto questo, ti giuro che lo ammazzerei.» Voleva toccarla, lo sentiva. Si ricordava la prima volta in cui lo sceriffo l'aveva lanciata in alto per poi riafferrarla e stringerla in un abbraccio vigoroso. Quanti anni poteva avere? Tre, quattro? Aveva strillato dalla gioia. Da quel momento in poi, ogni volta che l'aveva visto, gli era corsa incontro, sperando di essere ancora sollevata in aria dalle sue braccia. Ma poi il mondo era cambiato. Quattro giorni prima, quando lo aveva riconosciuto, avrebbe voluto sparargli. «Quando formulerai la tua accusa, sceriffo?» «L'accusa di omicidio? Mai. Tu sei un testimone sotto custodia.» «Restituiscimi la pistola. Mi proteggerò da sola.» «Forse sto proteggendo la città. Non m'interessa se hai fatto fuori Babe. Per quello, non ti toccherei neanche. Ma cosa succederebbe agli altri? Non posso permettere che tu dia la caccia a tutti.» Mallory attese con calma durante il lungo silenzio che seguì e, finalmente, lo sentì allontanarsi lungo il corridoio. Appoggiò il viso alle sbarre e fischiettò alcune note di un motivo familiare. Lo sceriffo vacillò e dovette appoggiarsi con una mano al muro. Continuò a camminare, ma con passo diverso, meno sicuro, a testa china. |
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