"Il Volo Dell'angelo Di Pietra" - читать интересную книгу автора (O'Connell Carol)

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I defunti da seppellire non creavano problemi a Ira Wooley quando i loro corpi venivano deposti all'interno di tombe preesistenti. Una tomba nuova lo obbligava invece a memorizzare nuovamente tutto il cimitero, necessità che, per fortuna, si presentava molto di rado. Il cimitero era uno dei suoi posti preferiti. La gente era silenziosa: i monumenti e le case di pietra non cambiavano mai. Notò, mentre percorreva i vialetti fra le sepolture, che i fiori appassiti del giorno di Ognissanti erano stati rimossi dalle tombe. Registrò tutti i cambiamenti nella sua mente.

«Ciao, Ira» disse una voce dietro di lui.

Spaventato si girò e vide un'alta figura al limitare del cerchio d'alberi. Era l'uomo del panino incontrato al Jane's Café e stava avanzando a grandi passi, facendo aumentare la paura di Ira a mano a mano che si avvicinava. L'uomo stava sorridendo, ma Ira aveva difficoltà a distinguere il significato delle espressioni facciali. Era un linguaggio che non sapeva leggere. L'uomo del panino sembrò accorgersi della sua paura e si immobilizzò.

Ira smise di boccheggiare e il ritmo del suo cuore diminuì, ma subito sprofondò nell'ansia. L'uomo alto rappresentava una novità nel paesaggio del cimitero. Ira si girò lentamente, passando in rassegna il terreno, le pietre e gli alberi per creare un nuovo inventario. L'uomo del panino rimase immobile, a mo' di statua, fino a quando Ira non ebbe sistemato ogni oggetto in un nuovo schema mentale.

Quando Ira ebbe finito, l'uomo parlò, ma quel che disse non gli arrivò ancora in forma di parole: era solo rumore, perché la paura non gli era passata del tutto.

«Ti ricordi di me? Charles Butler?»

«Ti ricordi di me» disse Ira in tono piatto.

«Hai voglia di dirmi cosa ti è successo alle mani? Cosa ti hanno fatto?»

«Cosa ti hanno fatto?» ripeté Ira. E un attimo dopo il rumore si era trasformato in parole. Le sue mani? Si guardò le bende. Le mani non gli avevano fatto nulla.

L'uomo stava dicendo altre cose, incomprensibili come il vento fra gli alberi, i richiami degli uccelli e il ronzio degli insetti. Nel cimitero ogni suono si fondeva con gli altri, a formare un sordo brusio.

Ira urlò: «Sì, sì, sì, sì, sì» finché l'uomo del panino non capì che "sì" voleva dire "Sta' zitto!" e tacque. Allora Ira insegnò all'uomo a rimanere immobile, e ad abbassare gli occhi. Ci volle poco perché Charles imparasse a non guardarlo direttamente. Poi l'attenzione del ragazzo fu attratta da una goccia d'acqua che scivolava lentamente lungo la foglia di un cespuglio. Era quasi in stato di trance quando la goccia si allungò e cadde schiacciandosi a terra, liberandolo dall'incantesimo.

L'uomo del panino si sedette accanto a lui con estrema tranquillità. Adesso potevano parlare.

«Così, hai suonato un pugno di note al piano e a Babe non sono piaciute.»

«A Babe non sono piaciute» disse Ira.

«Puoi dirmi perché?»

«Puoi dirmi perché?» Ira si dondolava avanti e indietro, poi cominciò un canto senza parole. Babe gli aveva spezzato le mani ma non la gola. Cantare lo calmava, riducendo il suo terrore istintivo per una voce che non conosceva bene.

Il Jane's Café non gli faceva paura perché vi faceva colazione tutti i giorni, seduto accanto alla mamma. Ma ora era solo con l'enorme uomo del panino, e questo non andava.

Ma l'uomo sembrava capirlo meglio degli altri. Era paziente e la voce era calma mentre gli domandava altre cose su Babe.

Babe era pericoloso. La mamma gli aveva detto che era morto, ma Ira non aveva un'immagine di Babe da morto, e non aveva ancora visto una lapide per Babe nel cimitero.

Lanciò un'occhiata oltre la spalla dell'uomo del panino mentre si preparava a parlargli. Cercò il più adatto nella sua collezione di dialoghi. Scelse una raccomandazione che gli aveva fatto la mamma una mattina di tanti anni prima. Ricordava quella scena soprattutto per un gioco di luci prodotto dalle tendine di merletto bianco. Poi aveva visto la fiamma sul fornello, e aveva allungato la mano per toccarla. Sua madre lo aveva fermato e gli aveva parlato con grande preoccupazione. Ripeté le sue parole all'uomo del panino. «Non ti bruciare.»

L'uomo cambiò espressione e abbassò ancora di più il capo. Ira avvertì un'ombra di tristezza quando Charles si alzò. Disse «Arrivederci», e si allontanò con gli occhi fissi sul sentiero di ghiaia.

«Arrivederci» fece eco Ira, guardando l'uomo alto che scompariva fra gli alberi.

Passarono pochi secondi prima che Ira avvertisse un nuovo suono: passi tanto leggeri da sembrare quelli di un gatto. Si girò adagio, non volendo vedere, ma incapace di resistere.

Impossibile. Si mise a sedere sull'erba prima che le ginocchia gli cedessero e lo facessero cadere a terra.

Era la dottoressa Cass.

Tutta intera e ripulita dal sangue. Ira si sforzò di mettere in ordine cronologico le immagini immagazzinate.

Cass Shelley era morta. Era stato presente al suo servizio funebre. Quello era solo il frammento di un vecchio ricordo. La donna davanti a lui non poteva essere la dottoressa Cass.

«Chi» domandò Ira senza inflessione. Lei gli si avvicinò e lo guardò fisso. In un improvviso assalto di nuove paure, il significato della parola gli sfuggì. Quando la ripeté, era priva di senso come il linguaggio dei gufi.

La donna gli si inginocchiò accanto, le mani tese verso di lui. Stava per toccarlo. Ira si tirò indietro.

No! Non toccare! Oh, per favore, no…

Lei gli afferrò le spalle. Il corpo gli si irrigidì e gli occhi si rovesciarono, mostrando il bianco. Voleva urlare. Aveva paura degli occhi della donna. «So che non ti piace» disse lei dolcemente. «Ma ho bisogno che tu presti attenzione, Ira. Metti a fuoco. Lo hai fatto per mia madre, e ora devi farlo per me.»

Le parole non significavano nulla. Era terrorizzato. Voleva guardarla senza essere visto, e lei glielo permise, abbassando lo sguardo. Ma il terrore nei suoi confronti era ancora così grande da avvolgere la sua figura in un vortice minaccioso di luce brillante. Il sole le inondò i capelli, incendiandoli. Le labbra rosse si avvicinarono, mostrandogli le fila perfette dei denti.

Lei aveva ripreso a parlare. «So che hai sentito la canzone del giradischi, Ira.»

Canzone?

Per un po' stette a sentire la sua voce come fosse musica, senza avere la minima idea di quel che stesse dicendo. Ma poi il significato entrò di forza nella sua mente e lo rese consapevole. La stessa musica, ancora e ancora.

«Che cosa hai visto?»

Vedeva le parole adesso, vibrazioni che danzavano nell'aria. Guardava le pietre volare sulla faccia e sul corpo della dottoressa Cass. Fece un cenno affermativo col capo e disse: «Che cosa hai visto». Sì, lui era lì, lui aveva visto. «Che cosa hai visto» ripeté, annuendo di nuovo. Lei mollò la presa. Ira si alzò e cominciò a camminare in tondo.

La donna lo seguiva, pulsante di energia.

Ira guardò in cielo, perché guardarla gli era insopportabile, adesso. Le mani presero a tremargli, descrivendo cerchi attorno ai fianchi. La respirazione si fece rapida e affannosa. Stava soffocando.

«Che cosa hai visto?»

«Lei era rossa!» urlò e guardò le sue parole scoppiare in onde colorate. «Niente più chiasso, il cane pianse.» La seconda frase venne fuori in una tonalità più tranquilla, grigia come la pietra. «La lettera era azzurra.» Le ultime parole erano ciottoli smussati che cadevano a terra.

«La lettera?»

«Azzurra.» Assentì per dire che era azzurra e niente altro; non sapeva nulla di più.

«Quante erano le persone che scagliarono le pietre? Quante?» chiedeva la donna senza stancarsi. Le mani di Ira roteavano l'una sull'altra, sempre più veloci.

«Ventisette persone! Diciotto pietre!» Il suo conteggio era esatto. Doveva solo guardare nell'apparecchio televisivo nella sua testa, per rivedere ogni lancio di pietra, ogni corpo.

Si diresse alla statua dell'angelo e la circondò con le braccia. Batté la testa contro la pietra cercando di farsi male, ma senza sentire nulla. Lei lo strappò via. La sua mano gli si posò sulla testa, dov'era sgorgato il sangue.

«Era tutta rossa» disse lui.

«Lo so, Ira. L'ho vista anch'io. Tutta rossa.»

La donna staccò la mano e si sedette sull'erba. Qualche attimo dopo, si sedette anche lui, a distanza di sicurezza. Lei aveva tra le mani il fazzoletto che gli aveva tolto di tasca, macchiato del suo sangue. Ira incrociò il suo sguardo solo una volta e per caso. La donna prese a fischiare il motivo di una ninna nanna che lui conosceva bene. Ira si dondolava, e lei con lui. Tutto questo gli era familiare, qualcosa di caro che aveva custodito con attenzione.

D'un tratto ritrovò l'immagine di una bambina che cantava insieme a lui. Era stata la sua sola amica, l'unica persona che non l'avesse mai tormentato.

Dondolando, Ira rovesciò la testa e guardò le nuvole. «Kathy.»

«Sì, Ira?»

«Kathy» fu tutto quel che disse, ed era già tanto, perché lo disse con amore.