"Il Volo Dell'angelo Di Pietra" - читать интересную книгу автора (O'Connell Carol)8Il cielo del primo mattino era di un azzurro carico. L'aria era fresca e ventilata, satura dell'onnipresente canto degli uccelli. Charles stava attraversando il filare di alberi che segnava il confine fra Dayborn e Owltown. Segui il sentiero battuto fino alla strada lastricata che portava nella piccola zona commerciale del sobborgo. La strada principale era fiancheggiata da case modeste, a uno o due piani, costruite con assi grigie. Sebbene risalissero sicuramente a qualche decennio prima, avevano un che di provvisorio. La maggior parte dei negozi reclamizzava con insegne al neon la vendita di liquori. Una macchina gli passò accanto, sollevando un cumulo di immondizia e polvere. I marciapiedi erano costellati di bottiglie rotte. Un ubriaco steso per strada russava abbracciato a una bottiglia di whisky. Sopra il suo corpo ristagnava l'odore dell'alcol e del vomito. Una donna stava avanzando verso di lui. Vacillava, come se una gamba fosse più corta dell'altra. Guardando meglio, Charles si accorse che aveva in mano una scarpa rotta e che camminava con un piede scalzo e l'altro infilato in una scarpa con tacco a spillo. I capelli avevano la consistenza dello zucchero filato, e le paillettes dell'abito riflettevano la luce del sole. Aveva gli occhi arrossati per il pianto, e il trucco le colava sul volto. Charles stava per chiederle se avesse bisogno di aiuto, quando un'automobile gli si accostò, e una voce familiare gli disse: «Non tocchi nulla a Owltown, signor Butler». La donna si girò di colpo e si trovò di fronte l'automobile dello sceriffo. Dall'espressione del suo volto doveva essere terrorizzata. Senza pensarci due volte filò via, smarrendo dopo qualche metro anche l'altra scarpa. Tom Jessop lo invitò a salire. Charles accettò volentieri, sollevato. L'interno profumava di dopobarba e di sigarette. Sul cruscotto c'era un ammasso di documenti, buste e appunti scritti su tovagliolini di carta e scatole di fiammiferi. «Buongiorno» disse Charles. Lo sceriffo si toccò la falda dello Stetson scuro a restituire il saluto. «Dov'è diretto, signor Butler?» «Spero di arrivare alla zona della fiera prima che montino il tendone.» Sperava anche che lo sceriffo non lo intrattenesse troppo a lungo. Aveva atteso tutta la sua vita da adulto per un evento così. «Già, veder montare il tendone è uno spettacolo raro.» Lo sceriffo innestò la marcia e l'automobile partì. «Inoltre, da là si gode un bel panorama del Lower Bayou. I Laurie per disboscare quel tratto gli hanno dato fuoco; ogni radice, ogni ceppo, lungo tutta la riva.» «Ecologico! Sbaglio o tende ad accelerare l'erosione del terreno?» «Già.» Lo sceriffo sorrise. «Un giorno, tutta Owltown verrà sommersa. Ci vorrà tanto tempo, ma io sono un tipo paziente.» Dalla lentezza con cui guidava c'era da credergli. «Ne deduco che Owltown non le piaccia granché.» «Se mi permette, le faccio fare un giro, così si renderà conto con i suoi occhi.» Si fermarono a un incrocio. Lo sceriffo gli indicò una fila di catapecchie lungo una strada sterrata. «Se va in quella direzione, potrà assistere a degli spogliarelli di estrema volgarità.» Si voltò a mostrargli dal lunotto posteriore la strada appena percorsa. «Da quella parte potrà comprare alcolici, droghe e donne, tutto nello stesso locale.» L'automobile riprese ad avanzare lentamente. «Quando ero piccolo tutte queste cose non c'erano. Non c'era niente, tranne il bar di Ed Laurie e un sacco di gufi.» Procedevano adagio lungo la strada principale. Charles notò altre rivendite d'alcolici. «Non avrei mai pensato che un posto di queste dimensioni potesse avere tanti bar.» «Sono tutti centri della New Church» disse lo sceriffo. «Non ce n'è uno che abbia regolare licenza. Niente scambi di danaro, né tasse per il fisco. Perché ti servano da bere devi avere i tagliandi della Chiesa.» Lo sceriffo rallentò, indicandogli una casa a due piani sul lato sinistro della strada. «Ecco un luogo d'interesse storico, il vecchio bar di Ed Laurie. Trent'anni fa i Laurie abitavano tutti al secondo piano.» La casa somigliava alle altre costruzioni, nudo legno e forme spartane, solo un po' più vecchia. Lì attorno regnava una strana calma. Si sentiva lontano il rumore del traffico, ma nessun cinguettio d'uccello. Ormai Charles si era abituato a sentirne la musica dovunque andasse. A quanto pareva, a Owltown gli uccelli non cantavano. Jessop fermò l'automobile davanti al bar. «È qui che Babe ha cominciato, a cinque anni. Allora si chiamava Baby Laurie. Suo papà lo faceva sedere in cima al juke-box, e il bambino si dava da fare a predicare le scritture e a gettare il malocchio sulla gente.» «Malocchio? Parliamo di vudù?» «Nulla di così sofisticato, signor Butler. Ma il piccolo bastardo era davvero bravo a predire il futuro. Se diceva che tua moglie avrebbe partorito un figlio morto, poteva capitarle che accidentalmente una mazza da baseball la colpisse sulla pancia prima del termine della gravidanza. Naturalmente potevi chiedere a Baby Laurie di allontanare con qualche preghiera l'ira del Signore al prezzo di un piccolo contributo alla Chiesa, ed ecco che il tuo bambino sarebbe nato senza problemi.» «Un racket della protezione? Così il padre era…» «O uno dei fratelli maggiori di Babe. Erano già tutti grandi e grossi. Il padre era l'uomo più odiato nel distretto di St. Jude. Se Ed non fosse morto per il suo fegato da ubriacone, un giorno l'avremmo trovato che galleggiava a faccia in giù in un «Mi sta dicendo che più d'uno in città avrebbe voluto vedere morto Babe?» Lo sceriffo riavviò l'auto e non disse niente. O voleva evitare di dare una risposta, o semplicemente se ne infischiava di chi avesse ucciso Babe Laurie. «Sceriffo, lei ha detto che i fratelli di Babe erano già grandi quando lui aveva cinque anni, trent'anni fa. Ma Malcolm non può averne più di trenta…» «Malcolm ne ha cinquantuno. Solo qualche anno meno di me.» Charles fissò le rughe, il doppiomento e i capelli grigi dello sceriffo: erano tutte cose che Malcolm non aveva. Non era possibile. Non poteva essere tanto lontano da… «Malcolm è un tipo strano» continuò lo sceriffo. «Incoraggia le dicerie che lo vogliono ancora più anziano. Fa credere alla gente di avere un segreto, e forse ce l'ha.» Ma il tono di Jessop non era molto convinto e sconfinava nel sarcasmo. «Anni fa, Babe e Malcolm sembravano quasi gemelli. Ma quando Babe è morto, all'età di trentasei anni, ne dimostrava dieci di più. Forse Malcolm ha usato il fratello come il magico ritratto di Dorian Gray. Gli anni e gli stravizi divoravano Babe mentre Malcolm non invecchiava di un giorno.» Charles era ancora sbalordito, e lo sceriffo fraintese la sorpresa che gli leggeva negli occhi. «Non si faccia strane idee, signor Butler. Devo aver letto il riferimento letterario sulla confezione delle mie gomme da masticare.» «Lei mastica gomme?» chiese Charles. Jessop gli indicò il vano sul cruscotto «Là dentro. Si serva.» Charles aprì lo sportellino, e dall'interno cadde una pila di pacchetti di gomme da masticare con il logo Poliziotto Amico stampato sulla confezione. «Le distribuiamo ai bambini.» Jessop prese qualche pacchetto dal mucchio che Charles stava rimettendo nello scomparto. «Allora Babe era un depravato?» Il paesaggio scorreva lento oltre il finestrino della vettura. Charles diede una sbirciata all'orologio: c'era ancora tempo. «Non conduceva la vita esemplare del predicatore?» «Macché! Tutte le volte che lo incontravo era fatto di droghe o di alcol. Quel figlio di puttana era più di là che di qua.» «Era malato?» «Eccome. Tutti, fino all'ultimo abitante di Dayborn, ricordano ancora la sua festa al Dayborn bar amp; grill. Babe compiva diciannove anni, ma i Laurie in realtà stavano festeggiando il suo "battesimo dello scolo". La festa per la prima malattia venerea fu leggendaria. Durò tre giorni.» Allungò la mano sul cruscotto e prese alcuni fogli con il timbro del patologo che aveva esaminato il cadavere di Babe. Li porse a Charles. «Vada alla seconda pagina, in alto.» Charles diede un'occhiata ai testi. Secondo il referto dell'autopsia, Babe Laurie era affetto da sifilide. Alcol e droghe varie erano state rinvenute, insieme a altre sostanze, nel suo stomaco. Si stavano avvicinando al luogo dove avrebbero innalzato il tendone. Lungo la strada superarono parecchie roulotte. Un gruppo di uomini in T-shirt consumava una colazione a base di birra. Uno di loro venne spintonato e cadde a terra. Volarono calci, pugni e lattine di birra, ma lo sceriffo non ci fece caso. Charles scartò il pacchetto che aveva in mano e aspirò l'aroma speziato della gomma da masticare. Quando se la mise in bocca, il sapore gli evocò l'estate che aveva trascorso viaggiando al seguito del cugino Max, mago di professione. La gomma da masticare era stata una componente base della sua dieta. Prima che arrivassero al parcheggio, Charles, con un solo chewing-gum, aveva fatto un palloncino più grande di quello che lo sceriffo era riuscito a produrre con due. La fece scoppiare rumorosamente. Lo sceriffo staccò le mani dal volante per applaudire. Si fermarono in uno spiazzo di terra battuta, e per qualche minuto sedettero amichevolmente, masticando gomma e combattendo una gara di bolle e scoppi. «A proposito sceriffo, non ho visto neanche un bambino a Owltown.» «Le famiglie con bambini abitano a Dayborn. Questo marciume itinerante è un'accozzaglia di ubriaconi, tossicomani, puttane e qualche pervertito.» «Quanti sono i Laurie?» «Contando cugini, cugini in seconda e parenti acquisiti? Credo qualche centinaio. Quando gli affari di famiglia si sono fatti troppo grandi per Malcolm e i suoi fratelli, hanno chiamato i parenti dal Texas e dalla Carolina del Nord e del Sud. Adesso lavorano tutti per la New Church.» «Come fa la Chiesa a mantenere tanta gente?» «Quando lo spettacolo è in tour a nord, lungo la Bible Belt, in una serata incassano almeno trentamila dollari. I Laurie che restano a Owltown guadagnano anche di più grazie agli ordini postali.» «Vendono la fede per posta?» «Già. Con una donazione di cinque dollari puoi ricevere una busta di Terra Santa. Temo di aver schiacciato molta di quella sacra terra entrando in questo spiazzo.» «Dio la perdoni» disse Charles. «Quanto per un pezzetto della Vera Croce?» «Venti dollari. I trucioli del "sacro legno" sono laminati in strisce di plastica. Le puoi usare come segnalibro per la Bibbia autografata.» «Autografata da chi?» «Dagli autori, tutti e dodici.» Charles inorridì apprendendo che lo sceriffo non aveva affatto scherzato. C'erano dodici apostoli nel consiglio direttivo della New Church, e il testo della Bibbia era stato praticamente riscritto. Mentre spalancava la portiera, Jessop si chinò verso di lui e disse: «Manderò la mia vice a prenderla, quando avrà finito. Non voglio essere invadente, signor Butler, ma sono preoccupato per la sua incolumità. Spero non le dia fastidio». «Nient'affatto. Apprezzo veramente la sua premura.» «Si diverta» gli augurò Jessop. «Ma non si allontani dalla zona della fiera. È un consiglio spassionato.» Charles scese dalla macchina e percorse il campo oltre il parcheggio, superando furgoni, pick-up, roulotte e baracchini di cibarie. Quando arrivò al centro dell'ansa, lo sorprese la vista spettacolare dei cipressi e del loro riflesso nell'acqua lungo tutta la riva del Charles rivolse la sua attenzione ai pali di metallo piantati al centro del campo. Su ognuno di essi sventolava una bandiera rossa; lunghe funi scendevano sino a terra. Il più alto doveva essere il palo centrale della grande tenda di tela, che ora giaceva distesa a terra. Poco distante, un gruppetto in blue jeans intonò un gospel. A dirigere il coro era una donna con una bacchetta in mano. Intanto, molta altra gente stava convergendo intorno all'ampio cerchio di tela. Era arrivato giusto in tempo. La tenda veniva issata con le funi. Cambiava forma a ogni battito di ciglia. Tutt'intorno al grande cerchio, gli uomini tiravano le corde e le carrucole stridevano. La tela si agitava nel vento, sbattendo e attorcigliandosi. Alla fine, si sollevò del tutto, assumendo la forma familiare di un gigantesco tendone da circo. In cima ai pali, le bandiere rosse schioccavano nella brezza come lingue biforcute. Charles sentì una presenza al suo fianco, e quando si voltò si aspettava quasi di vedere il famoso mago, Maximilian Candle. Ma il cugino Max era morto da tempo, e Charles si trovò a fissare Malcolm Laurie, più basso di lui di tutta la testa. Sospettava che anche quell'uomo fosse una specie di mago; ebbe la sensazione di scivolare dentro i suoi occhi. «Sapevo che le sarebbe piaciuto, Charles. Sono lieto che sia venuto.» Così Malcolm aveva scoperto il suo nome di battesimo, ma non gli aveva chiesto se potesse usarlo. Benché Charles l'avesse sempre permesso a chiunque, sentirlo pronunciare dalla bocca di Malcolm lo disturbò. Le parole di Augusta gli riaffiorarono alla mente. Charles tornò a girarsi verso la tenda. Quattro uomini stavano innalzando un'insegna al neon. Le lettere erano gigantesche, e Charles fu scioccato dalla sfrontatezza del messaggio: «Miracoli in vendita». Mallory scosse via dalla coperta le piume del cuscino, facendole svolazzare nel corridoio al di là della cella, dove lo sceriffo stava indottrinando la sua nuova vice. «A fine mese devo restituirti allo Stato nelle stesse condizioni in cui loro ti hanno consegnata a me. Così, vedi di seguire i miei ordini e sta' lontana dai guai.» Lo sceriffo agitò una mano per scacciar via le piume. Il suo umore andava peggiorando a ogni secondo. «Per prima cosa, falle passare le mani attraverso le sbarre. Poi, prima di aprire la porta, la ammanetti. E assicurati di appendere fuori della cella il cinturone con la rivoltella.» Le indicò i ganci sul muro. Mallory aveva notato che lo sceriffo non seguiva mai i consigli che dava ad altri. Durante le ore che aveva sprecato a interrogarla percorrendo in su e in giù la cella mentre lei restava in silenzio, non si era mai tolto il cinturone. Glielo aveva quasi sventolato in faccia. Mallory aveva aspettato il momento buono, in attesa dell'errore che lo avrebbe fregato. Da piccola, aveva creduto che Jessop fosse Dio con un revolver a sei colpi. Quella mattina, lo sceriffo fuori della sua cella era solo un comune essere umano. Rispettava perfino le leggi della Louisiana e portava un'automatica secondo regolamento di polizia. La vicesceriffo, invece, non rispettava il regolamento e portava un revolver 38. Era promettente. Le munizioni si sarebbero adattate alla sua 357. «E poi,» stava dicendo lo sceriffo alla sua nuova aiutante «togli tutte quelle maledette piume dalla cella. Mi hai sentito?» La vice era seccata. Forse nessuno le aveva detto che parte del suo lavoro consisteva nel fare la cameriera. Le parole le vennero fuori a precipizio. «Sono risultata prima nella classe di…» «Ragazza, l'accademia di polizia è come l'asilo.» La sua irritazione si stava facendo più evidente, stava per arrivare all'ebollizione. La vicesceriffo, quindi, era una novellina, reduce da un programma di addestramento di sei settimane che poteva averle insegnato come evitare di spararsi in un piede, di certo non molto di più. Mallory notò un altro indizio: il cinturone della ragazza. Era appesantito da bomboletta antiaggressione, cartucce, torcia, manette, cellulare, caricatore a tamburo e sfollagente. Era bardata come per un'incursione dell'esercito, eppure dava l'impressione di una scout superattrezzata. Mallory smise di ascoltare la discussione. Stava prendendo le misure a Lilith Beaudare. L'altezza era la stessa, e anche corporatura e peso erano più o meno uguali. Forse aveva qualche anno in meno rispetto a lei. Pareva sicura, e si muoveva con una fluidità di movimenti che rivelava fiducia nel proprio corpo. Ma lo sceriffo la stava trattando come uno zerbino. «Quando sarò di ritorno, non ci deve essere neppure una piuma in quella cella.» Lo sceriffo aprì lo sportello di un armadietto per mostrarle tutto il necessario per le pulizie. Prese una scopa, una paletta, uno strofinaccio, un sacchetto di plastica per l'immondizia e li porse alla sua vice. Mallory afferrò da terra una manciata di piume, se le portò alle labbra e con un soffio mandò un bacio allo sceriffo. Due piume gli finirono nei capelli. Altre su naso e mento. Jessop le rimosse con grande decisione, prendendole fra le dita e riducendole a pezzi. Lilith Beaudare stava facendo di tutto per reprimere un sorriso. Lo sceriffo la fissò fino a quando la sua bocca non assunse una linea più rispettosa. «Portati avanti con i lavori domestici.» Il suo passo pesante fece scricchiolare le assi del pavimento. La porta sbatté alle sue spalle. La vicesceriffo appoggiò la scopa alla parete, in un punto facilmente raggiungibile da Mallory. La ragazza si girò verso Mallory. «Sai perché quel bastardo crede di potermi parlare a quel modo?» «Perché sei una donna? O perché sei nera? Scegli tu. Io non ho tutta la giornata a disposizione per questa merda.» Allungò la mano attraverso le sbarre per prendere la scopa. Lilith osservò il suo gesto, senza rendersi conto che una scopa poteva diventare un'arma. Se Mallory avesse voluto farle del male, avrebbe potuto affondarle la scopa nello stomaco o ficcarle il manico in gola. Questione di un secondo. Ma non era a Lilith Beaudare che voleva far del male. «È stato uno sbaglio dirgli che eri la prima della classe» disse Mallory, passando la scopa sul pavimento. «Ci rimuginerà su per un po', e poi, dopo colazione, potrebbe fare due più due.» Aveva spinto un soffice mucchietto di piume verso le sbarre e ora nella voce le si insinuò una traccia del dolce accento del Sud. «Dài, passami quella paletta.» La vicesceriffo gliela consegnò. Quell'oggetto di rame, con i suoi angoli appuntiti, avrebbe potuto squarciare la gola. «Il tuo nome non può essere "ragazza".» A dire il vero, sapeva che il secondo nome della vicesceriffo Beaudare era Mary. Quasi tutte le informazioni di Mallory venivano da Jane, che le portava i pasti tre volte al giorno. Raccolse le piume nella paletta. «Mi chiamo Lilith Beaudare» le disse porgendole di sua iniziativa anche il sacchetto di plastica per l'immondizia, ideale per soffocarla se solo Mallory avesse scelto di farlo. «Lilith, Dayborn non è il posto adatto a una ragazza sveglia come te. La prima della classe? Questo ti ha garantito la scelta dell'incarico, non è così?» Depose sacchetto e paletta sul piccolo cassettone accanto al letto. «Lui si chiederà cosa tu ci faccia nel distretto di St. Jude, il più piccolo di tutto lo Stato. La popolazione di qui non riempirebbe due isolati di New Orleans.» «Io sono nata in questa cittadina. Ha senso che io…» «Be', non direi proprio. Avrebbe senso che tu te ne andassi il più lontano possibile. No! C'è qualcosa che non torna nella storia che racconti.» Mallory tornò vicino alla porta della cella e riprese ad ammucchiare le piume. «Jessop arriverà alla stessa conclusione. Deciderà che sei una bugiarda. O forse un'incapace, e che questo è un incarico punitivo.» «Non sono una…» «Potresti essere un'infiltrata.» Questo, finalmente le tappò la bocca. «Già, è l'ipotesi più probabile.» Perfino Jane, del Jane's Café, aveva trovato strano che la polizia di Stato avesse mandato un vicesceriffo. Da decenni Tom Jessop sceglieva e addestrava i propri agenti. «Hai fatto un sacco di errori, Lilith. Ma forse è davvero scemo come credi tu. Forse non collegherà un bel niente… a meno che Lilith non disse nulla. Era senza parole. Mallory le indicò la poltrona imbottita di fronte al letto. «Entra nel mio ufficio e mettiti comoda. Ti aiuterò a risolvere i tuoi problemi.» L'invito era stato perentorio e Lilith fu sul punto di cascarci. Ma la mano con la chiave le ricadde lungo il fianco e guardò la prigioniera a occhi sgranati. Mallory abbassò lo sgurado in segno di sottomissione. Tornò verso il letto e s'inginocchiò sul pavimento per passarvi sotto la scopa. Era di spalle quando sentì il Mallory invitò la sua ospite a sedersi sulla poltrona. La vicesceriffo restò in piedi, gli occhi fissi sulla detenuta, come se Mallory fosse una vipera pronta a colpire da un momento all'altro. «Così ti ha umiliata.» Mallory rivolse di nuovo la sua attenzione alle piume sotto l'angolo più lontano del letto. La poltrona scricchiolò alle sue spalle. «Scommetto che da quando sei arrivata non ha fatto altro.» Si girò e vide che Lilith si era seduta, e stava stringendo nervosamente lo straccio per la polvere tra le mani. «È un figlio di puttana» disse, a denti stretti. «Lo potrei denunciare per…» «Pessima idea. Se chiedi a qualcun altro di risolvere i tuoi problemi, ti liquideranno come una perdente. È quel che farei io.» Questo non andò giù alla vicesceriffo. «Eccoti un'idea migliore» disse Mallory, svuotando la paletta nel sacchetto di plastica verde. «Devi cercare di diventare il tipo di poliziotto che nessuno tratterebbe mai a quel modo.» Si sollevò lentamente e spazzò il resto delle piume più vicino alla poltrona. La vicesceriffo sedeva immobile, diffidente, tesa in ogni muscolo. Mallory si chinò a raccogliere le piume. «Impara a sparare meglio. Dovrai fare qualche straordinario e spendere qualche soldo per esercitarti anche nel tempo libero.» Si portò vicino alla finestra e passò un dito sul davanzale, fissando con disgusto la polvere. «Pensa di più. Prendi tempo. Non avere fretta di tirar fuori le parole.» Si riavvicinò alla poltrona. «Non aprire la bocca a meno di non aver qualcosa da dire, e valuta sempre se valga la pena di stare a sentirlo.» Lilith ora sembrava più rilassata. La stretta sullo straccio della polvere si era allentata. Mallory si chinò e glielo tolse di mano con un movimento calmo e naturale. Cominciò a spolverare il piano del cassettone. «Non farti mai umiliare da nessuno. Se li lasci fare una volta, non smetteranno più. Se c'è da lottare, lotta, anche se sai di non poter vincere.» Continuò a fissarla intensamente e si avvicinò ancora alla poltrona. Ora erano vicine, le teste si sfioravano. Come due sorelle. «Distruggi quel bastardo.» Sillabò ogni lettera, caricando di significato quello che stava dicendo. «Fanne la tua religione.» Con un rapido gesto, Mallory strappò la pistola della vicesceriffo dalla fondina. Le premette la canna contro il cranio. «A proposito, non c'è nulla di più stupido del farsi prendere la pistola da un prigioniero.» Lilith Beaudare mostrava tutti i segni di un profondo imbarazzo, ma nessuna paura. Mallory ne fu compiaciuta. La novellina prometteva bene. Si sedette sul bordo del letto e si piegò verso di lei. «Ora ti dirò perché lo sceriffo ti tratta di merda. È perché sei una pivella inutile, senza alcuna esperienza.» «In questo momento non gli sei di nessun aiuto. È molto più probabile che tu ti faccia uccidere. Hai afferrato il punto?» Lilith annuì. Mallory girò la pistola e gliela restituì. La vicesceriffo la fissò per un secondo soltanto, incredula. Poi la afferrò e la rivolse verso la detenuta. Mallory ignorò la canna della pistola puntata al suo cuore. «La lezione è finita. Spero non ti farai prendere ancora la pistola. Mi devi un po' di riconoscenza, ragazza.» «Vicesceriffo Beaudare, per te.» «Brava, vedo che hai capito. Ricordati, lo sceriffo crede che tu non valga niente. Vedi quel che puoi fare per fargli cambiare opinione.» Mallory decise in quel momento che Lilith doveva essere un'infiltrata dei federali. Fu il ritardo nel rapporto sulle impronte digitali a convincerla. Mallory non si preoccupava per il numero di matricola della sua Smith amp; Wesson. Aveva modificato la memoria del computer già anni prima. Ma il risultato dell'indagine sulle impronte digitali avrebbe dovuto essere nelle mani di Jessop già da un pezzo. Un caso di omicidio aveva un'alta priorità. Inoltre, lo sceriffo, associando "Mallory" a "Kathy", aveva ristretto il campo. Era convinta che i federali rifiutassero di condividere con Jessop le informazioni che avevano sul suo conto. Ma perché? Quando lo sceriffo fece ritorno, la sua vice era di nuovo nel corridoio, con in mano un sacchetto di plastica colmo di piume. Tom Jessop lanciò un'occhiata di approvazione alla cella ordinata. «Bel lavoro. Credo che tu sia pronta per qualcosa di più impegnativo. Ti ricordi del signor Butler, vero? Il gigante dal naso grosso?» La ragazza annuì. «Voglio che tu prenda la macchina e vada al tendone dei Laurie ad aspettare il signor Butler finché non sarà pronto a tornare a Dayborn. E cerca di non ammaccare l'auto. È l'unica che abbiamo fino a quando quella di Travis non sarà riparata.» Quando Lilith uscì, lo sceriffo guardò Mallory, e lei gli sorrise. Era il primo gesto amichevole che gli riservava da quando era sua detenuta. Rimase sorpreso e si rilassò. «Ecco la mia Kathy.» Lo disse piano. Quasi un sospiro. Mallory stava ancora sorridendo quando disse: «Entra nel mio ufficio, sceriffo. Mettiti comodo». «Oh, l'insegna» esclamò Malcolm Laurie, cancellandola con un gesto della mano e cercando di riportarla al suo vero significato. «Il nostro è un mondo che si basa sul commercio. Non è d'accordo, Charles? Io cerco semplicemente di comunicare con il mio gregge con tutti i mezzi possibili.» Gli era tornato sulle labbra il sorriso del ragazzino pieno di fascino. «Allora, non vendete veramente i miracoli?» «Ma certo che li vendo. Le persone non si fidano di quello che non pagano. Sono più portate a credere a ciò che costa caro. Nel mio campo, alimentare la fede rappresenta il novanta per cento del lavoro. Maledizione, è il lavoro. Se Cristo tornasse oggi e facesse gratis il suo sermone della montagna, quanti crede che si presenterebbero allo spettacolo?» «C'erano pane e pesci per sfamare la moltitudine» ribatté Charles. «Io mi sarei presentato per quelli.» «Salve, Mal!» Un uomo con un blocco di appunti in mano avanzava verso di loro. Aveva lineamenti simili a quelli di Malcolm a eccezione degli occhi, che erano piccoli e scuri. L'uomo gli fu presentato come Fred Laurie. Mentre Malcolm controllava gli appunti, Charles fu distratto dalla vista dell'auto dello sceriffo che entrava nel parcheggio. La sua scorta era arrivata, e presto avrebbe dovuto accomiatarsi da Malcolm. Quando Fred Laurie se ne andò, Charles chiese: «Che genere di miracoli vende, Malcolm?». «Tutto quello che il mercato richiede.» Al di sopra della testa di Malcolm, in lontananza, Charles scorse Lilith Beaudare che usciva dall'automobile e si guardava in giro. La ragazza lo individuò subito tra la folla. Un compito piuttosto facile. Charles era molto alto, ed era l'unico che indossasse un abito con gilet. Mentre la vicesceriffo attraversava a grandi passi lo spazio che li separava, un ubriaco le si parò dinanzi barcollando. Un gruppo di persone passò davanti a Charles, bloccandogli la visuale. «Supponiamo che io sia un omicida interessato a un miracolo che mi permetta di farla franca…» Il sorriso di Malcolm era divertito. Gli occhi rivelavano un'attività cerebrale intensa. Stava valutando l'avversario. «Ogni miracolo racchiude in sé un monito e una garanzia. La bilancia del paradiso e dell'inferno è in perfetto equilibrio. Ogni atto di distruzione esige un prezzo terribile. Così potrebbe decidere di non volere quel tipo di miracolo.» Charles era confuso. Malcolm aveva forse preso alla lettera la sua domanda? O la sua era stata una richiesta più comune di quanto pensasse? Il gruppetto di persone si mosse. Lilith era di nuovo visibile. «E se fosse quello l'unico miracolo che voglio?» Charles continuava a tener d'occhio Lilith e l'ubriaco. Ma la ragazza stava sorridendo e Charles non vide alcun motivo d'allarme. Si voltò mettendosi di fronte a Malcolm, e riformulò la domanda. «Mi venderebbe quel miracolo?» «Sì, ma le costerebbe carissimo.» Silenzio. Forse il venditore di miracoli aspettava soltanto che Charles chiedesse il prezzo per cominciare a mercanteggiare. Ma Charles restò zitto. «Le mie garanzie valgono come l'oro» disse Malcolm. «Sono scritte nel nome del Signore.» Charles sorrise al collegamento fra oro e religione, che ben riassumeva la filosofia della New Church: prima il pagamento, poi l'estasi mistica. «Ma, se non ricordo male, Charles, io le ho già offerto un miracolo in omaggio. Ha deciso di non crederci, forse perché non ha dovuto pagare per ottenerlo?» Charles non sorrideva più, perché ora il gioco si era fatto più intricato. Era difficile indovinare la strategia dell'uomo di fronte a lui. Guardando oltre Malcolm, vide l'ubriaco che cadeva ai piedi della vicesceriffo. Ora l'uomo si stava rotolando sull'erba, mentre Lilith, inginocchiandosi al suo fianco, gli ammanettava i polsi. Un uomo grosso le urlava contro, «Lo ha colpito alle spalle!», le mani serrate a pugno, furioso. Quei pugni ritornarono subito lungo i fianchi, non appena la poliziotta, rialzandosi con un movimento aggraziato e fluido, sfiorò con la mano l'impugnatura della pistola nella fondina. Erano troppo lontani perché Charles potesse udire quello che dicevano, ma l'omone sollevò una mano in un gesto pacificatorio, come dire "Va bene, ho capito, me ne vado". Poi si allontanò farfugliando qualcosa. Lilith Beaudare sorrideva mentre entrava nell'ufficio dello sceriffo insieme all'uomo in manette. Aveva riportato Charles Butler sano e salvo al bed amp; breakfast, e inoltre aveva con sé quel bel trofeo, anche se ubriaco. L'uomo sembrava stranamente docile, però. Forse l'aveva colpito troppo forte. Lilith lo avrebbe preferito recalcitrante, per fare maggior colpo sullo sceriffo. Spinse l'ubriaco su per le scale, tenendolo per un braccio. Quando ebbero superato la soglia e si trovarono di fronte alla porta della prima cella, Lilith cercò le chiavi in tasca. Spostò d'istinto lo sguardo sulla cella di mezzo. Mallory non c'era più. Lo sceriffo era in piedi in fondo alla cella, con la fondina vuota; lo sguardo fisso oltre l'inferriata della finestra, le mani nelle tasche dei calzoni, il capo piegato per osservare il via vai dei pedoni all'imbocco del vicolo. Avrebbe potuto richiamare la loro attenzione e chiedere aiuto, ma non lo fece. Certo che no. Nemmeno Lilith lo aveva fatto quando Mallory le aveva preso la pistola. Lo sceriffo si girò e la vide in compagnia di un uomo con la camicia rossa. Lilith diede un'occhiata al suo prigioniero. L'ubriaco non aveva ancora visto lo sceriffo. Il suo sguardo confuso era rivolto al soffitto, in attesa forse di una schiera di angeli che lo riportasse a casa. Lei lo ricacciò verso la porta da cui erano entrati. «Per questa volta ti lascerò libero.» Gli tolse le manette e lo scosse bruscamente per le spalle. «Mi stai a sentire?» Aprì la porta e gli fece cenno di andarsene. «Sbrigati. Vattene!» Lo guardò scendere vacillando a ogni gradino, e quando l'ubriaco arrivò ai piedi delle scale gli gridò dietro: «E non provare a rubarci qualcosa!». Si volse verso la cella di mezzo, resistendo all'impulso di fare una battuta sarcastica. Jessop arrossì e la mano si mosse rapida a coprire il cuoio, come se lei l'avesse sorpreso nudo. «Non c'è bisogno che menzioniamo questo incidente a nessuno, vero, ragazza?» « «Lilith» si corresse lui. «Vicesceriffo» disse lei, con il tono di chi ha concluso un affare. Jessop annuì, e l'accordo fu firmato. Lilith aprì la porta e lo sceriffo uscì nel corridoio mentre lei studiava la serratura. «Dunque, come pensi che sia scappata? Ah, aspetta un attimo. Ora capisco.» Jessop abbassò lo sguardo mentre lei gli indicava la serratura. «Quest'aggeggio dev'essere vecchio quanto lo stabile. Peccato che il distretto non ti abbia aumentato il Lilith colpì la serratura col manganello, ma non successe nulla. Colpì una seconda volta, mettendoci più forza. Il vecchio congegno cominciò a cedere. L'ombra d'un sorriso si dipinse sul viso dello sceriffo. «Fottuti spilorci» disse Lilith, continuando a picchiare contro il metallo arrugginito. «Se fossi in te, gliela farei pagare cara, a quei bastardi.» Ora il sorriso dello sceriffo si era fatto più ampio, e la vicesceriffo Beaudare si disse che finalmente Jessop avrebbe cominciato a tenerla in maggiore considerazione. C'era soltanto un'altra possibilità, che stesse ridendo di lei. Le diede un colpetto affettuoso sulla spalla, come fanno gli uomini per congratularsi a vicenda. Ma Lilith non si fidava ancora di lui. Jessop scese nel suo ufficio e ne uscì qualche minuto dopo con un'altra pistola nella fondina. Attraverso la porta aperta Lilith vide che dalla scaffalatura dietro la scrivania mancava la sacca da viaggio di pelle nera. Così adesso la fuggitiva aveva due armi, l'automatica da 9 mm dello sceriffo e la sua 357. «Vado a darle la caccia» disse lo sceriffo sulla soglia. «Voglio che tu rimanga accanto al telefono in caso abbia bisogno di te, d'accordo?» e scomparve. Lilith si sedette alla scrivania, guardando il telefono muto. Accese il computer. Si preparò a digitare il codice d'accesso, ma la macchina proseguì da sé. Sul video apparve un file riservato con la richiesta di inserire la Lilith sentì il ghiaccio scorrerle lungo la schiena. Mentre cancellava il messaggio di Mallory, sbirciò la scatola di dischetti che era sulla scrivania. Quella mattina era ancora chiusa nell'involucro di cellophane. Adesso era aperta. Mancavano due dischetti. Così la fuggitiva, nella convulsa mattinata della sua evasione, si era concessa anche il tempo di scaricare dei file. |
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