"Il Volo Dell'angelo Di Pietra" - читать интересную книгу автора (O'Connell Carol)

10

Non c'erano tende alle finestre, eppure Charles si chiese se non l'avessero informato male. La casa di Cass Shelley avrebbe dovuto essere vuota, ma la presenza del cane gli fece sospettare il contrario.

Il labrador nero era arrivato dal retro della casa, zoppicando. Qualcuno dei denti anteriori era rotto, qualche altro mancava. Sul suo muso ingrigito, Charles lesse una gran delusione: quella povera bestia stava forse aspettando qualcun altro?

L'animale abbassò la testa e ritornò zoppicante da dove era venuto, scomparendo tra i cespugli in fondo al cortile.

Henry Roth non era ancora arrivato. Charles diede un'occhiata all'orologio. Mancava un quarto d'ora all'appuntamento.

Fece qualche passo indietro per ammirare gli elaborati intagli del portico della vecchia casa vittoriana. I bovindo delle due torrette laterali esibivano preziosi vetri bombati. Augusta non aveva badato a spese per la manutenzione della casa.

Charles salì la breve rampa fino all'ingresso e provò a girare la maniglia: la porta non era chiusa a chiave. Henry Roth doveva essere arrivato prima e averla lasciata aperta per lui. Entrò nell'atrio.

«Signor Roth? È qui?»

Nulla.

Una serie di porte immetteva probabilmente in un ampio salotto. Se ricordava bene l'architettura del periodo, all'altro capo dell'atrio avrebbe dovuto trovarsi la piccola scala per la servitù, quella che dalla cucina conduceva al solaio, Aprì l'ultima porta del vestibolo e cominciò a salire.

Giunto all'ultimo piano, vide la porta della soffitta aperta su un vano buio. Appena i suoi occhi si furono adattati all'oscurità, si rese conto che quasi tutti gli abbaini erano bloccati da bauli e mobili. C'era polvere ovunque, e voltandosi Charles si accorse di aver lasciato le impronte dei propri passi sul pavimento di legno scuro. Nulla era stato toccato da molto tempo. Contro una parete erano impilate scatole di plastica trasparente, ognuna contrassegnata da un'etichetta accuratamente compilata. In fondo era appoggiata una borsa da dottore.

Charles tolse la polvere da una scatola etichettata «Corrispondenza di lavoro», e attraverso la plastica vide un pacchetto di lettere. Aprì la scatola e avvicinò le buste alla luce che entrava dall'unica finestra libera. Erano indirizzate a Cass Shelley, medico condotto e ufficiale sanitario del distretto.

Un'altra scatola recava la scritta «Diari». Venti minuti dopo Charles era immerso nella lettura di alcune pagine dedicate al piccolo Ira Wooley. Nel tracciare la sua storia medica, Cass Shelley si esprimeva in termini quasi poetici, pieni d'ammirazione per il talento di quel bambino, suo paziente fin dalla nascita.

L'agenda della dottoressa Shelley era custodita in una busta di plastica recante il cartellino di prova giudiziaria dell'ufficio dello sceriffo. All'interno trovò una copia carbone sbiadita della ricevuta firmata dall'esecutrice testamentaria, Augusta Trebec. Aprì la pagina con gli ultimi appuntamenti, risalenti a diciassette anni prima, e trovò il nome di Ira. Il bambino, di sei anni, era atteso per una lezione di piano e non per una visita medica. Così, era stata Cass Shelley a insegnargli a suonare. La data era la stessa del suo ultimo giorno di vita.

E se Ira avesse assistito alla sua morte?

Questo avrebbe spiegato il blocco dei suoi progressi, la sua chiusura, le carenze espressive.

Charles aveva in mano la ricevuta dello sceriffo: anche Jessop doveva aver avuto lo stesso pensiero. Aveva interrogato il ragazzo? Poteva aver causato altri danni con quell'interrogatorio?

Era tanto preso dai suoi pensieri, che non sentì i passi finché non gli furono quasi addosso. Stava per voltarsi a salutare Henry Roth, ma si trovò a fissare una canna metallica nero-azzurra a pochi centimetri dal viso. Rimase immobile, respirando appena.

L'arma tornò nella fondina. «Buongiorno, signor Butler.»

«Ho una lettera di autorizzazione di Augusta Trebec.» Charles accennò alla tasca interna della giacca.

«Non ce n'è bisogno. Mi dispiace averla spaventata.»

Lo sceriffo sembrava sollevato. Stava per concedersi un sorriso, quando lo sguardo gli cadde sull'agenda che Charles aveva in mano.

«Stavo aspettando Henry Roth» disse Charles. «Dovevamo incontrarci qui.»

«Forse Henry è in cortile, a dar da mangiare al cane. Lo fa tutti i giorni.» Lo sceriffo fissava la fila di scatole.

Charles si alzò, pulendosi i calzoni con la mano libera. «Mi aveva preso per un ladro?»

«La luce qui è pessima. Ho visto solo un'ombra.» Lo sceriffo indicò l'agenda che Charles aveva in mano. «Ha trovato qualcosa di interessante?»

«So che Ira aveva un appuntamento per una lezione di piano il giorno in cui Cass Shelley è morta. Penso che la lezione facesse parte della terapia comportamentale di Ira.»

«Non c'è bisogno che lei dica a nessun altro della lezione.»

«Sua madre lo sa?»

«Non ne ho mai parlato con Darlene. Lo dissi al marito che allora era ancora vivo. Mi raccontò di aver annullato la lezione. Aveva litigato con Cass, stava pensando di cambiare medico.»

«Dall'agenda di Cass Shelley non risulta alcuna cancellazione. Così lei non ha mai chiesto a Darlene se…»

«Non credo ci sia bisogno di parlarne a Darlene» disse lo sceriffo, come se stesse spiegando qualcosa a un bambino per la decima volta, e ne fosse seccato.

«Perché tanta segretezza? La madre ha diritto di sapere. Se il bambino era qui quando…»

«Va bene! Forse il bambino era qui.» Lo sceriffo alzò la voce. «E allora?» Serrò le labbra e riprese, in tono più sommesso: «Signor Butler, lei ha conosciuto Darlene. Una scoperta del genere la sconvolgerebbe soprattutto a distanza di anni. Tornerebbe nel mio ufficio a urlare, e allora lo saprebbero tutti».

«Se Ira ha visto morire il suo medico, si spiegano molti dei suoi problemi.»

«I suoi problemi aumenterebbero se lei lo dicesse a Darlene. Nessuno a Dayborn farebbe del male a Ira: la maggior parte del paese lo conosce da quando era piccolo. Ma c'è tutta quella gentaglia di Owltown. Stupidi ignoranti, potrebbero mettersi in testa che Ira è pericoloso.»

«Sì, ma Ira era un bambino piccolo quando…»

«Ammettiamo che sia stato testimone di un delitto a tutt'oggi irrisolto. E se uno degli assassini se la prende con lui? Si ricordi che Cass fu lapidata a morte da una folla inferocita.»

«Capisco.» Charles impallidì alla possibilità, per quanto remota, che qualcuno potesse far del male a Ira. «Augusta mi ha detto che lei non ha mai scoperto il movente del delitto.»

«Non fu un delitto passionale.» Lo sceriffo prese una scatola e fissò l'etichetta. «Fu un assassinio organizzato, silenzioso, simile a un'esecuzione.»

Ma com'era possibile? «Un branco di persone che uccide a sangue freddo?»

Jessop piegò il capo da una parte e guardò Charles come se fosse un po' ritardato. «Già.» Gli voltò le spalle e si dedicò alla lettura delle etichette delle scatole.

Charles tornò a sfogliare l'agenda. Trovò un altro nome conosciuto. «Babe Laurie era uno dei pazienti di Cass?»

Lo sceriffo ora sembrava quasi annoiato. «Già, ma Cass dovette andarlo a prendere per strada e trascinarlo qui a forza per curarlo.» Jessop si accostò a Charles e diede un'occhiata alla pagina. Poi si sedette su una poltrona, sollevando una nuvola di polvere. All'improvviso, appariva molto stanco.

«Fu quando lei scoprì che Babe aveva la sifilide. Le ho già detto della festa per il "battesimo dello scolo". Babe aveva appena diciannove anni, e credo che non avesse la minima idea di cosa fosse una malattia venerea. Era un povero bastardello ignorante, non era mai andato a scuola, neppure per un giorno. Ricordo che una volta, quando aveva forse quindici anni, Cass lo portò qui per suturargli una ferita alla testa che si era procurato facendo a botte. Nessuno in quell'inutile famiglia aveva pensato di chiamare un medico.»

Lo sceriffo sfiorò la borsa da dottore, e sorrise a qualche ricordo più gradevole. «A volte mi dispiaceva per Babe: penso capitasse anche a Cass. Fu l'unica a dimostrargli un po' di gentilezza, e lo faceva in maniera disinteressata.»

«Allora lui non è un probabile sospetto nell'indagine per l'omicidio?»

«Non ho detto questo.» Si alzò dalla poltrona e si avviò verso le scale. «Non so se Babe le fosse tanto riconoscente. Lei doveva rincorrerlo per curarlo, sforzandosi di ignorare le sue bestemmie.»

Charles seguì lo sceriffo fino al vestibolo al pianterreno.

«E lei, come mai è qui, sceriffo?» gli chiese.

«La detenuta è evasa stamattina.» Jessop si diresse verso la porta principale.

Charles tacque, pensando che se avesse ceduto all'impulso di afferrare lo sceriffo per il bavero chiedendogli se Mallory fosse ferita, avrebbe rivelato qualcosa di più di una semplice curiosità nei confronti della ex detenuta.

«E la stava cercando qui?»

Lo sceriffo pareva imbarazzato quando guardò Charles negli occhi. «Ha visto quel vecchio labrador nero là fuori?»

Charles annuì.

«Era il cane di Kathy. Ho avuto la stupida idea che lei potesse tornare a salutarlo.» Si strinse nelle spalle e sorrise.

Charles non avrebbe mai pensato che Mallory potesse nutrire affetto per un cane. Era ordinata in modo maniacale, e i cani lasciavano peli dappertutto.

«È armata e pericolosa, signor Butler. Preferirei che le stesse lontano. E il fatto che sia fuggita è un'altra delle cose che mi piacerebbe tenesse per sé. Non voglio che i boschi si riempiano di Laurie a caccia: una buona metà di loro non sa sparare.»

«Perché non lasciarla andare? In fondo non aveva il diritto di trattenerla.»

«Come ho già detto, è una testimone oculare dell'assassinio della madre. È tutto legale.»

«Adesso capisco, testimone dell'assassinio della madre, e non di quello di Babe. Ma dubito che lei fosse qui quando la madre morì. Perché la folla avrebbe dovuto lasciarla andare se aveva assistito al linciaggio?»

«Io so che quel giorno lei era qui. Avrebbe dovuto andare in gita sul fiume insieme agli altri ragazzi della scuola. Ma nella lista degli imbarchi il suo nome non c'era. La sua insegnante disse che il venerdì aveva un forte raffreddore: forse Cass l'aveva tenuta a casa.»

«Forse Mallory aveva marinato la scuola ed era da tutt'altra parte. Come può sapere che era in casa quando ebbe luogo il delitto?»

«Le propongo un tour guidato, signor Butler, senza il quale non può sperare di comprendere la dinamica dell'accaduto.»

Lo sceriffo spalancò le porte del salotto, e indicò una finestra laterale. «La lapidazione ebbe luogo all'esterno della casa, su quel lato del cortile. Fu lì che i bastardi la lasciarono, credendola morta. Ma lei non era ancora morta.»

Aprì la porta d'ingresso. «Diciassette anni fa, il sangue di Cass ricopriva tutti i gradini e il portico.» Lo sceriffo guardò il pavimento dell'atrio. «Sul tappeto c'era una scia di sangue, perché si trascinò fin dentro casa. La scia continuava per le scale. Nonostante fosse ferita a morte, riuscì a salire. E sa perché? Stava cercando di arrivare alla sua bambina.»

Salì le scale, e Charles dietro di lui.

«Seguii la scia di sangue fino alla camera di Kathy.» Lo sceriffo si portò al centro della stanza. «Ed è qui che la scia si allargava in un lago di sangue. È qui che Cass morì. Allora, ecco come la vedo io: quando lei stramazzò nella stanza, Kathy era chiusa in quello sgabuzzino.»

Lo sceriffo si diresse verso lo sgabuzzino e aprì la porta. Un raggio di sole penetrò da una stretta finestrella. «Avrebbe dovuto vedere quel che una bambina così piccola riuscì a fare a questa porta, pur di arrivare alla madre. Kathy spaccò il pannello inferiore, per quanto solidamente costruito. Credo si sia scagliata contro il legno almeno un centinaio di volte, prima di riuscire a romperlo. E si ferì le mani per aprirsi un varco in modo da poter strisciare fuori. Fu quella la vista peggiore per me, trovare quelle piccole impronte insanguinate dentro lo stanzino e la traccia del sangue di Kathy fino al punto dov'era caduta la madre.»

Charles scosse il capo. «Se era chiusa lì dentro, non può aver assistito al linciaggio della madre né conoscere l'identità degli assassini.» Indicò la finestrella dello sgabuzzino. «Quella finestra è troppo alta anche per un adulto.»

«Forse. Però lei sa qualcosa. Potrebbe sapere chi portò via il corpo di Cass. O forse la madre riuscì a dirle qualcosa prima di morire.»

«Quindi darà la caccia a Mallory come se fosse un'assassina, e non la vittima che è in realtà.»

«Le persone che uccisero Cass sono ancora là fuori. A meno che lei non tradisca Ira, l'unica testimone è Mallory. Non crede che i colpevoli preferirebbero vederla morta?»

I due uomini si fissarono a vicenda, in un silenzio inquietante.

«È qualcosa di molto personale per lei, non è vero, sceriffo?»

«Stavolta ci ha azzeccato in pieno, signor Butler. È qualcosa di maledettamente personale. Lasci che le racconti l'altro piccolo dettaglio che mi tiene sveglio la notte. Prima di andare incontro ai suoi assassini, la dottoressa chiuse a chiave Kathy nello sgabuzzino e le disse di non far rumore. Forse le fece credere che si trattasse di un gioco. Credo che Cass li avesse visti arrivare dalla finestra della camera da letto. Gli assassini pensavano che lei fosse sola in casa, perché tutti i bambini del paese dovevano essere in gita sul battello. Ora, se Kathy avesse sentito urlare sua madre, lei crede che sarebbe rimasta zitta? No davvero. Quindi sono sicuro che non abbia sentito assolutamente nulla.»

«Neppure le voci degli assassini?»

«Le ho detto che fu un'esecuzione silenziosa. Non fecero rumore, nulla di quel che ci si aspetterebbe. Forse ci fu una conversazione. Forse lei sentì qualcosa. E più tardi potrebbero esserci state delle parole fra Kathy e sua madre. Soltanto parole, perché Kathy non ha mai sentito urla. M'immagino che Cass sia rimasta zitta per tutto il tempo in cui quei bastardi facevano a turno a lanciarle pietre. Lei non voleva che scoprissero che la bambina era in casa. Riesce a immaginare la scena? Io la rivedo ogni santo giorno della mia vita. Vedo una donna terrorizzata, distrutta dal dolore, che muore lapidata senza emettere un lamento. Io non ce l'avrei fatta. E lei?»

Lo sceriffo uscì nell'atrio. «Qualcuno di loro tornò indietro per il corpo.» Indicò la scala di servizio. «Devono averla portata fuori da lì. Quando arrivai qui, quei gradini erano stati lavati e il tappeto del vestibolo era umido, come se fosse stato smacchiato. Che strano! Una scala piena di sangue, e l'altra ben in ordine.»

In silenzio scesero per la scala padronale e uscirono dalla casa. Lo sceriffo era davanti alla portiera spalancata dell'auto quando il cane tornò a fare capolino dal retro.

«Non sono riuscito a impedire quello che è stato fatto alla madre, ma le garantisco che nessuno arriverà a Mallory. La riacciufferò e rimarrà in prigione fino a quando non avrà parlato. E si ricordi, signor Butler, la notizia della sua evasione circolerà anche troppo presto. Non ne faccia parola con nessuno, d'accordo?»

Il cane avanzò. I denti scoperti parevano più lunghi. Sembrava anche più robusto, come ringiovanito, mentre scattava veloce verso lo sceriffo con l'intenzione di attaccare.

Jessop non mosse un muscolo. Non mostrò paura: si sarebbe detto che avesse vissuto la scena.

La bestia si fermò poco distante dall'uomo. Sollevò il muso e annusò l'aria. Poi perdette l'equilibrio rischiando di cadere: in quel momento tornò improvvisamente vecchio. Si voltò e si allontanò, trascinando penosamente la zampa posteriore.

Charles guardò l'automobile dello sceriffo che si allontanava.

Una figura scura, fino ad allora nascosta nell'ombra sul lato più distante della casa, avanzò lentamente nella luce. Il sorriso di Henry Roth era abbagliante.

Charles gli strinse la mano. Nello spiazzo dietro di loro, il labrador si era sistemato vicino a una tazza d'acqua e a una ciotola di cibo.

La mani dello scultore indicarono il cane che pareva essersi addormentato. «Stava per morire quando Augusta lo trovò. Era la mattina dopo l'assassinio di Cass.»

«Vuoi dire che presero a sassate anche il cane?»

Henry fece un cenno di assenso con il capo.

«Augusta fece quel che poté, ma era così malridotto che dovette chiamare un veterinario. Il dottore si offrì di abbatterlo. Ma lo sceriffo non lo permise. Pagò una barca di quattrini per tenerlo in vita. Ci vollero mesi perché tornasse a camminare.»

«Il cane non sembra averlo in grande simpatia.»

«La macchina lo ha confuso, non ne sopporta la vista. Tom di solito parcheggia sulla strada.»

Il cane si rotolò per terra e si lamentò. Quell'animale avrebbe dovuto morire molto tempo prima. Che cosa lo aveva tenuto in vita?

Charles scartò l'idea che stesse aspettando Mallory.

«Perché lo sceriffo non permise che il cane morisse?»

Henry si strinse nelle spalle. «Era il cane di Kathy, e Tom le voleva bene. Ma più tardi si rese conto che il cane poteva aiutarlo a ricostruire l'elenco.»

«Elenco?»

«Un elenco delle persone presenti quel giorno, come Travis.»

«Travis? Intende il vicesceriffo che ha avuto l'attacco di cuore?»

«Proprio lui. Lo sceriffo sospettò di Travis la prima volta che il cane lo attaccò. Da allora cominciò a torturarlo. Gli affidò il compito di portare regolarmente il cane dal veterinario. Una volta la bestia gli azzannò una gamba fin quasi a staccargliela.»

«È possibile che sia stato il cane a provocargli l'infarto?»

«No. Travis non si avvicinava al cane a meno che non fossi con lui. Il giorno in cui ebbe l'infarto ero in ritardo. Probabilmente fece un'inversione di marcia e tornò in paese. Normalmente lo aiutavo a caricare il labrador in macchina, poi lo accompagnavo dal veterinario e tornavo a piedi con il cane. Il veterinario dice che ha bisogno di esercizio. Portandolo a spasso per diciassette anni, ho aggiunto qualche nome al mio elenco personale.»

In risposta alla silenziosa domanda di Charles, chiarì: «Noi non parliamo mai degli elenchi, ma sia io sia Tom ne teniamo uno».

«Quindi, lo sceriffo crede che il cane abbia riconosciuto Travis.»

Henry annuì. «Tom ha usato il cane anche per torturare Alma Furgueson. È la donna dai capelli viola che ieri ha visto attraversare la piazza di corsa. Ogni sabato lei andava a far la spesa al Levee Market, e lo sceriffo era lì col cane ad aspettarla.»

«Il cane la riconobbe?»

«No. Ma Alma riconobbe il cane ed ebbe paura. Tom e il cane restarono a fissarla per un po', e poi se ne andarono. Alla fine, lei crollò. Era sempre stata un po' matta, ma peggiorò drasticamente. Ora parla da sola e piange sempre. È tutta colpa dello sceriffo. Stai attento a non inimicartelo.»

«Credi che sia pericoloso?»

«Un giorno sorprese Fred Laurie che tentava di sparare al cane. Quello scemo lo mancò tre volte. Lo sceriffo lo massacrò di botte.»

«E tu hai aggiunto Fred Laurie alla lista.»

«Quel giorno due dei fratelli Laurie, Fred e Ray, entrarono nella mia lista. Sono dei violenti ubriaconi. Forse è quello il motivo per cui Malcolm non ha mai dato loro dei soldi, per tenerli sotto controllo. Ma chiunque avrebbe potuto comprare quei due per cinquanta dollari, e non sarebbe di certo stata la prima volta che facevano un lavoro sporco per denaro.»

«E che mi dici di Babe?»

«Non gli ho mai prestato troppa attenzione.»

Henry sollevò un sacco di cibo per cani e andò a riporlo nel casotto degli attrezzi, seguito da Charles. Quando ebbe di nuovo le mani libere, gli chiese: «Hai visto abbastanza della casa?».

Charles annuì. Henry era passato al "tu". Rispetto al loro ultimo incontro, sembrava assai più cordiale.

«Mallory vuole che te ne vada. Mi pare una buona idea. Sebbene questo posto sembri tranquillo, sappi che può essere molto pericoloso.»

«Non voglio andarmene.»

«Non mi meraviglia.»

«Hai visto Mallory oggi?»

Henry ignorò la domanda. «È importante che tu sappia con chi hai a che fare.» Si fermò a guardare in terra. «E qui che Cass fu linciata. Dalle impronte nel terreno bagnato, lo sceriffo calcolò che circa trenta persone avessero preso parte al massacro.»

Charles stava pensando alla bambina di sei anni, chiusa a chiave in uno sgabuzzino mentre una folla impazzita uccideva sua madre.

«Quando arrivai qui l'indomani mattina, udii della musica. Era un vecchio giradischi. La puntina si era incantata. Continuava a ripetere le stesse cinque note.»

«Lo sceriffo crede che il linciaggio sia consumato in silenzio.»

«Un particolare molto strano.»

«Henry, qualcosa non torna. Lo sceriffo sostiene che sia stata un'uccisione silenziosa perché, se Kathy avesse sentito delle urla, avrebbe chiamato la madre. Quelli avrebbero trovato la bambina e avrebbero ucciso anche lei.»

Henry annuì: era d'accordo.

«E se il baccano prodotto dalla folla avesse soffocato le urla della bambina? Come può Jessop escludere quest'ipotesi?»

«Non era in paese quando Cass morì, ma probabilmente sa più cose riguardo all'omicidio degli stessi colpevoli.»

«Ma il silenzio? Si trattò di un delitto violento, l'azione di un branco di folli.»

Henry indicò le aiuole di fiori bordate da una fila di sassi. «I fiori non furono calpestati. Tutti i presenti vi girarono intorno. Non fu spezzato nemmeno il ramo di un cespuglio. Gli unici segni di violenza erano le pietre e il sangue. Non si avventarono su di lei con furia improvvisa, si radunarono qui con lo scopo di uccidere. E quando ebbero finito con Cass e il cane, se ne andarono, con calma. Tom lo dedusse dall'esame delle impronte.»

E forse Mallory lo aveva confermato. «Tu sai dov'è Kathy?»

Henry Roth si limitò a guardarsi le mani.

«So che è evasa di prigione stamattina.»

«Sta bene. Non stare in pensiero per lei. Mi ha chiesto di trovarti un posto sicuro. Ti propongo di lasciare il bed amp; breakfast stasera; sistemeremo la tua auto nel mio capannone. Vuoi stare da me.»

Charles lo seguì fin sulla strada. «Grazie, ma stasera pensavo di andare al tendone per lo spettacolo in memoria di Babe Laurie. Malcolm mi ha offerto un posto in prima fila.»

«Faresti meglio ad attraversare Owltown a piedi. Verranno in molti per la cerimonia. Ci sarà una colonna ininterrotta di macchine sin dalla statale. Inoltre, camminando, eviterai il rischio che qualcuno segua la tua auto fino a casa mia.»

Lasciarono la strada e presero il sentiero che attraversava il cimitero, posto fra Casa Shelley e quella di Henry.

«Augusta dice che Owltown è pericolosa di sera. Lo sceriffo crede che non sia sicuro avventurarsici nemmeno alla luce del giorno.»

«Stasera tutte le persone davvero pericolose saranno sotto il tendone.»

A un tratto Charles si bloccò. Una voce delicata e fragile come il cristallo intonava un'aria di Puccini. Superati gli alberi, videro Ira che cantava di fronte alla statua di Cass Shelley e sua figlia.

I cherubini scolpiti sulle tombe vicine sembravano protesi ad afferrare ogni sua nota.

Charles comprendeva bene l'isolamento di un bambino così dotato. E pensava con tristezza al suo futuro. Gli appunti della dottoressa Shelley dicevano che Ira non avrebbe mai imparato ad adattarsi alla società. Non si sarebbe mai accorto di una ragazza che gli facesse il filo, poiché non era in grado di comprendere alcuna espressione di tenerezza o di disponibilità.

Secondo Cass, Ira sapeva interpretare difficili partiture musicali senza sbagliare una sola nota, seguiva le lente evoluzioni di una nuvola con la pazienza di un monaco buddista e chiamava ogni stella per nome.

Il concerto finì, e Charles trovò il silenzio straziante.

Ira si rannicchiò su se stesso, lasciandosi cadere sull'erba ai piedi della statua. Dopo qualche istante Charles ed Henry si allontanarono e lo lasciarono dormire nell'ombra.


Il cane aprì gli occhi alla luce del giorno. Rizzò un orecchio.

Un animale? Avanzava verso di lui di soppiatto. Sollevò la testa.

Non era un animale.

Si alzò, lasciò il suo angolo d'ombra e attraversò lento il giardino. Aveva gli occhi secchi e irritati. Faceva fatica a mettere a fuoco la figura sulla strada. Girò un po' la testa, per vedere meglio con l'occhio buono.

Sentì un fischio, un trillo di note familiare che non sentiva da tanto tempo: una lunga nota alta e due brevi, il suo nome segreto.

Lei era tornata.

Mentre si avvicinava, il cuore del cane prese a battere più in fretta. Fece qualche passo sulla strada, le mandibole spalancate. L'emozione gli opprimeva il cuore, facendo scorrere rapido il sangue. Era incredibilmente felice.

Si spostava lentamente, ma credeva di correre verso di lei.

Finalmente le arrivò davanti. Le leccò la mano; poi le zampe lo tradirono. Cadde, rotolando nella polvere ai suoi piedi.

La donna si inginocchiò ad accarezzarlo, poi lo abbracciò, stringendolo forte a sé. Aveva il viso bagnato di lacrime. Una mano lieve e gentile esplorava il punto dove c'era il suo cuore. Poteva sentirne i battiti che si indebolivano. Il cane la guardava, illuminato dal sole di mezzogiorno.

Un manto di brividi lo avvolse. Aveva freddo.

Roteò gli occhi all'indietro. Il suo giorno era tramontato. L'oscurità era assoluta.