"Il biglietto vincente" - читать интересную книгу автора (Baldacci David)17L’uscita posteriore del palazzo della Commissione Lotterie era molto appartata e di conseguenza tranquilla. La limousine nera L’autista in divisa si portò cortesemente la mano alla visiera del berretto e le tenne aperta la portiera posteriore. LuAnn penetrò nell’abitacolo avvolto nell’oscurità e sistemò Lisa sul morbido cuoio del sedile accanto al suo. — Ottimo lavoro, LuAnn. La portiera si richiuse di schianto alle sue spalle, bloccando l’unica via d’uscita. LuAnn rimase inchiodata contro lo schienale, scrutando nel buio intorno. Improvvisamente una luce interna si accese sopra di lei, abbagliandola. Si sentì come se fosse di nuovo sul palco dell’auditorium. Riusciva appena a scorgere di fronte a sé una sagoma, che riprendeva a parlare con la voce di Jackson. — Lei si è lanciata in un’esibizione di tutto rispetto. Composta quanto basta, dignitosa al necessario, spiritosa al momento giusto. Non solo: la sua splendida presenza fisica è stata il diamante nel diadema. La macchina si mise in movimento. LuAnn strinse le palpebre nel fascio di luce, cercando vanamente di mettere a fuoco la figura che aveva di fronte. — Quei giornalisti se la sono bevuta come nettare. E poi, addirittura LuAnn si rilassò appoggiandosi allo schienale e mormorò: — Grazie. Con tono quasi paterno, Jackson continuò: — In tutta franchezza, LuAnn, devo confessarle che mi ero convinto che lei, su quel palcoscenico, avrebbe commesso qualche follia. Ma, come accennavo prima, lei è intelligente. Perché chiunque, indipendentemente dal proprio livello culturale, una volta calato in un contesto così particolare avrebbe quasi sicuramente finito con il commettere qualcosa di inopportuno. Lei no… — Be’, ho un po’ di esperienza. — Prego? — fece Jackson sporgendosi pur restando sempre nell’ombra. — Esperienza di cosa? Seguitando a scandagliare inutilmente il buio, LuAnn rispose: — Di situazioni strane. — Sa, LuAnn, talvolta lei riesce proprio a sorprendermi. In alcuni limitati frangenti la sua perspicacia adombra la mia, e non lo dico alla leggera. Jackson rimase a osservarla per un po’, infine si decise ad aprire una valigetta sul sedile accanto al suo e ne estrasse alcuni documenti. — A questo punto, LuAnn — riprese lasciandosi sfuggire un sospiro quasi annoiato — è arrivato il momento di parlare delle condizioni. — Prima dobbiamo parlare di un’altra cosa — intervenne LuAnn interrompendolo. — Davvero? E di cosa si tratterebbe? LuAnn accavallò le gambe e respirò a fondo. Era stata sveglia pressoché tutta la notte alla ricerca del modo giusto per dirgli di Arcobaleno. Forse non c’era alcun bisogno che Jackson sapesse. Ma Arcobaleno voleva una parte della sua vincita. Prima o poi Jackson l’avrebbe comunque saputo. Tanto valeva che fosse lei stessa a dirglielo. — È venuto uno a parlarmi, ieri. — Di che cosa? — Voleva dei soldi. Jackson scoppiò a ridere. — Mia cara, LuAnn, l’universo intero vorrà dei soldi da lei. — No, non in questo modo. Quest’uomo voleva metà della vincita. — Scusi? Ma è assurdo! — No, il fatto è… — LuAnn esitò — è che lui ha delle informazioni su di me, certe cose che mi sono successe, e che lui andrà in giro a raccontare se non gli darò i soldi che chiede. — Santo cielo, e quali sarebbero queste Lei guardò fuori dal finestrino affumicato: — C’è qualcosa da bere? Una mano guantata di nero sbucò dal buio e accennò al frigobar incassato nella fiancata della limousine. — Si serva pure. LuAnn evitò di guardare verso Jackson nell’aprire lo sportello e prese una lattina di Coca-Cola. Bevve una lunga sorsata, si passò la lingua sulle labbra e fece lo sforzo di andare avanti. — Mi è successo qualcosa proprio prima di chiamarla per dirle che accettavo la sua proposta. Qualcosa di brutto. — Riguarda forse quei due cadaveri nella sua roulotte? Oppure la droga che vi si trovava? Il fatto che la polizia la sta cercando?… LuAnn, con le dita contratte ad artiglio intorno alla lattina e lo sbigottimento dipinto in volto, scrutò verso la sagoma impenetrabile che le stava di fronte. — O forse, LuAnn, si tratta addirittura di qualcos’altro che lei si è ben guardata dal dirmi? — Io non c’entro per niente con quella storia della droga! E quell’altro uomo stava cercando di uccidermi… Io mi sono soltanto difesa! — Avrei dovuto rendermi conto, quando lei ha lasciato così precipitosamente Rikersville e poi ha così fortemente insistito per cambiare nome, che ci doveva essere qualcosa di storto. — Jackson scosse il capo con aria triste. — Mia povera, piccola LuAnn. Anch’io me la sarei data a gambe levate, in quelle medesime circostanze. E chi mai avrebbe sospettato una cosa del genere da parte del nostro Duane Harvey? Droga! Mio Dio… Tuttavia le dico, in tutta sincerità, che ci passerò sopra. Ciò che è stato è stato. Comunque — e il tono della sua voce si fece chiaramente minaccioso — non tenti — Ma quell’uomo… — Quale uomo, signorina Tyler? — disse Jackson con impazienza. — Sta parlando di quello che — Come — Che domanda sciocca e inutile continua a farsi la gente al mio riguardo: — Quell’uomo diceva che era stato incaricato di uccidermi!… — Davvero? — Ma poi lo hanno fermato. — Oh, che bizzarria. — In pratica lo hanno fermato appena dopo che io l’ho chiamata per dire che ci stavo. — Quale imprevedibile, affascinante vortice di coincidenze — commentò Jackson, decisamente divertito. Ora i lineamenti di LuAnn si indurirono in un’espressione di ferocia. — Quando qualcuno mi morde, allora io mordo più forte. Solo in questo modo noi due ci possiamo capire, signor Jackson. — Io e lei, signorina Tyler, ci siamo già perfettamente capiti. — Nel buio ci fu un fruscio di carte. — Comunque, adesso è tutto più complicato. Quando lei mi disse di voler cambiare nome, pensavo che avremmo ancora potuto procedere agendo alla luce del sole. — Cosa vuole dire? — Tasse, LuAnn. Quelle che il governo federale degli Stati Uniti esige sui cento milioni di dollari che le ha elargito. — Ma io credevo di potermi tenere tutti i soldi. Che il governo non poteva toccarmeli. Non è questo che dice la pubblicità della lotteria? — Non è del tutto vero. Infatti la pubblicità della lotteria è molto fuorviante. Ed è curioso che il governo possa farlo, non trova? Il concetto di fondo non è — E che diavolo significa? — Significa che, per il primo anno, il vincitore non paga né tasse federali né tasse statali. Ma tale pagamento è semplicemente spostato all’anno successivo. Le tasse vanno comunque pagate, così dice la legge. È chiaro che non ci sono né multe per ritardato pagamento né richieste per interessi passivi. Questo, però, a patto che il pagamento venga effettuato secondo le scadenze stabilite nel corso del successivo anno fiscale. La legge dice che le tasse vanno pagate in uguale ammontare per un periodo di dieci anni. Su cento milioni di dollari, giusto per dire una cifra a caso, tra tasse federali e statali lei dovrà pagare cumulativamente circa LuAnn stava fissando a bocca semiaperta la sagoma che parlava nell’ombra. — Ed è su questi investimenti successivi, LuAnn, che io ho dei progetti. Grandi progetti. Negli anni a venire, la sua ricchezza continuerà a crescere. Al tempo stesso, nelle varie forme di rendita da buoni del tesoro, azioni, obbligazioni e proprietà immobiliari, sarà una ricchezza sulla quale andranno pagate le tasse. In condizioni normali, questo non costituirebbe un problema. I cittadini ossequenti alle leggi non hanno bisogno di nomi fittizi e non sono ricercati dalla polizia. Possono quindi presentare regolari denunce dei redditi, fare felice e contento il Dipartimento del Tesoro pagando quanto va pagato e infine vivere felici e contenti a loro volta. Ma lei, LuAnn, non è assolutamente in condizione di fare una cosa del genere. Un’ipotetica denuncia dei redditi a nome LuAnn Tyler, comprensiva di indirizzo e informazioni personali, sarebbe l’equivalente di un biglietto di sola andata per un carcere federale. — Embé? Non posso pagare le tasse con il mio nuovo nome? — LuAnn, lei ha vent’anni, non ritiene che l’Amministrazione delle Imposte Federali degli Stati Uniti sarebbe un minimo curiosa nei confronti di un cittadino poco più che adolescente il quale inoltri la sua prima denuncia dei redditi con una cifra dell’ordine di — E allora cosa facciamo? — Molto semplice: lei farà tutto quello che Jackson aveva parlato senza minimamente alzare la voce. Eppure LuAnn non resistette all’impulso di stringere Lisa a sé. — Lei salirà su un aereo che la porterà molto lontano dal territorio degli Stati Uniti. Ci salirà stanotte. Dopo il piccolo pasticcio che si è lasciata dietro in Georgia, sul territorio degli Stati Uniti lei non rimetterà — Ma… — Non c’è nessun — Io adesso i soldi li ho — disse LuAnn appoggiandosi allo schienale con aria battagliera — e non mi piace la gente che mi dice quello che devo fare. — È così? — La mano di Jackson impugnò la pistola che aveva appena tolto dalla sua valigetta. Con il favore dell’oscurità si sarebbe potuto sbarazzare in un istante di entrambe, madre e figlia. — Bene, allora perché non tentare l’espatrio ricorrendo alle sue sole forze, signorina Tyler? Vuole provarci? — Posso badare a me stessa. — Non è questo il punto. Lei ha fatto un accordo con me. Io e lei siamo legati da un contratto che io mi aspetto lei onori. A meno che lei non sia pazza, le conviene lavorare Atterrita da quell’eventualità, LuAnn si guardò disperatamente attorno. Il suo sguardo si posò infine su Lisa. La piccola la stava a sua volta guardando con occhi grandi e teneri, pieni di fiducia. Lu Ann sbuffò sonoramente. Che scelta aveva, di fatto? — Va bene. Ci fu di nuovo un frusciare di carte. — Dunque, LuAnn, abbiamo il tempo appena sufficiente per esaminare questi documenti. Alcuni li dovrà firmare, ma prima di procedere alla firma, mi consenta di illustrarle i termini principali del meccanismo finanziario per il futuro. Cercherò di essere il più chiaro possibile. “Lei ha appena vinto oltre cento milioni di dollari. In questo momento il denaro sta per essere trasferito in uno speciale conto fiduciario aperto a suo nome dalla Commissione Lotterie. Indulgendo nella sua richiesta, ho ottenuto per lei una tessera della Sicurezza Sociale con la sua nuova identità. Le quotidianità sono molto più semplici quando si ha un numero della Sicurezza Sociale. Nel momento in cui lei firmerà questi documenti, i miei uomini saranno in grado di trasferire fondi da quel particolare conto fiduciario a un conto diverso. Del quale io mantengo il completo e assoluto controllo.” — Ma i soldi, a me, quando li danno? — Pazienza, LuAnn. Tutto le sarà spiegato. Il denaro verrà investito nei tempi e nei modi che io riterrò più opportuni. Al tempo stesso, dai predetti investimenti, lei otterrà un ritorno annuo garantito pari almeno al venticinque per cento, il che equivale a A quel punto Jackson alzò un dito ammonitore. — È essenziale che lei afferri con la massima chiarezza un punto chiave: sto parlando solamente di profitti LuAnn deglutì a vuoto nel sentir parlare di somme di quell’entità. — Impressionante, non trova, LuAnn? Quale abissale differenza dalla paga oraria minima nella sua tavola calda per camionisti! Ben altra cosa che un centinaio di dollari al giorno, non è vero? Pensi a quanta strada ha fatto in meno di una settimana… — Jackson le rise in faccia. — Le anticiperò la somma di — Ma io non ne so niente d’investimenti. Come fa a garantirmi così tanti soldi all’anno? Jackson parve contrariato da quella domanda. — Nello stesso modo in cui sono stato in grado di LuAnn rimase a fissare la sagoma nelle tenebre, mentre lo squalo d’acciaio nero continuava a scivolare attraverso altre tenebre. — E se mi succede qualcosa? — Uno dei documenti che lei firmerà indica chi saranno i suoi eredi. — Jackson fece un cenno in direzione di Lisa. — Sua figlia. Tutto quanto andrà a lei, sia gli investimenti parziali sia il capitale iniziale, alla fine del periodo di dieci anni. C’è anche un modulo per la concessione di una procura legale. Mi sono preso la libertà di riempire gli spazi riservati al notaio. Sono un uomo di svariati talenti. — Dall’oscurità Jackson le tese un fascio di documenti e una penna. — È chiaramente indicato dove lei deve firmare. Ritengo che sia soddisfatta delle condizioni, LuAnn. Le avevo detto fin dall’inizio che sarebbero state alquanto generose. Non è così? LuAnn esitò un istante. — Qualche problema, signorina Tyler? — No. LuAnn firmò tutto quello che c’era da firmare e restituì i documenti. Jackson li prese e aprì un compartimento nella parete divisoria della limousine. Vi fu un rapido battere di tasti, alcuni beep elettronici e un frusciare di carta. — Che prodigioso ritrovato è il fax — disse Jackson. — Specialmente quando il tempo è un fattore essenziale. Entro dieci minuti il capitale verrà trasferito su uno dei miei conti. Prelevò i fogli nel momento in cui venivano espulsi dal fax e li rimise nella valigetta. — I suoi bagagli sono già nel baule di quest’auto — riprese Jackson con tono affabile. — Con me ho anche i biglietti aerei e le prenotazioni negli alberghi. Ho interamente pianificato il suo intinerario per i primi dodici mesi. Lei viaggerà molto. Confido però che la varietà degli scenari, e l’alta classe dell’ospitalità, la compenseranno ampiamente del disagio degli spostamenti. Consideri il tutto come una lunga, lunghissima vacanza. Ho onorato la sua richiesta di cominciare dalla Svezia, terra dei suoi antenati materni. Quindi farà tappa nel Principato di Monaco, felice paese nel quale non esistono imposte dirette. In ogni caso, per coprire tutte le evenienze, ho messo insieme, e dettagliatamente documentato, la sua storia personale. In breve, lei ha lasciato gli Stati Uniti in tenera età, finendo con lo sposare un facoltoso imprenditore europeo. Per quanto riguarda il fisco, tutto il denaro appartiene a questo fantomatico signore. Mi segue, LuAnn? I fondi verranno tenuti esclusivamente in conti su banche estere e conti offshore. Questo perché le banche americane devono sottostare alla rigida normativa tributaria. Mai, in nessun momento e per nessuna ragione, anche solo una piccola parte del suo denaro verrà depositato in un’istituzione bancaria americana. Al tempo stesso, non dimentichi che lei viaggerà con un passaporto americano, e resterà una cittadina americana. È possibile che un’aliquota dei suoi profitti finisca per rientrare comunque negli Stati Uniti. Eventualità alla quale lei deve essere preparata. In ogni caso, il denaro appartiene — Dove sono i biglietti dell’aereo? — A suo tempo, LuAnn. A suo tempo. Abbiamo ancora alcune cautele da prendere… La polizia. — Ci ho già pensato io, alla polizia. — Davvero? — Jackson parve di nuovo divertito. — Be’, sarei alquanto sorpreso se la polizia di New York non stesse già sorvegliando porti, aeroporti, stazioni ferroviarie e degli autobus. Dal momento che lei è una criminale in fuga che ha varcato i confini di svariati Stati, probabilmente anche l’Fbi starà scendendo in campo. E quella è gente piuttosto in gamba. Non si limiterà ad aspettarla nell’atrio del suo albergo bevendo scotch e sfogliando riviste di moda. — Jackson scrutò oltre il cristallo affumicato. — È essenziale adottare certi ulteriori accorgimenti. Accorgimenti che daranno alle autorità più tempo per stringere il cerchio, ma è un baratto che siamo costretti a fare. La limousine rallentò fino a fermarsi. Dall’esterno, venne un suono metallico, come di spessi portali che si aprivano. Quando il rumore cessò, la macchina avanzò un poco e si fermò nuovamente. Il telefono cellulare di bordo trillò e Jackson prese il ricevitore. Ascoltò per qualche secondo, poi riappese. — La conferma che i cento milioni di dollari mi sono stati accreditati. — Ma adesso le banche non sono chiuse? — Le — Perché devo chiudere gli occhi? — Mi accontenti, LuAnn. Non so resistere al fascino discreto di un pizzico di melodramma! E comunque le assicuro che quanto sto per fare sarà fondamentale per consentirle di sfuggire alla rete della polizia e cominciare una nuova vita. Per un momento LuAnn pensò di opporsi, quindi acconsentì. Prese la mano guantata di lui, chiuse gli occhi e andò a sedersi al suo fianco. All’improvviso sentì scendere sul suo volto il calore di una luce. Poi udì gli scatti ritmici delle forbici che cominciavano a tagliarle i capelli ed ebbe un sussulto istintivo. L’alito caldo di Jackson le investì l’orecchio mentre diceva: — Le suggerisco di controllarsi, LuAnn. In questo spazio ridotto e con questo equipaggiamento ancora più ridotto è già di per sé difficile compiere questa operazione, e non vorrei procurarle alcun danno. Jackson continuò a tagliarle i capelli, preciso e sistematico, finché la lunghezza non fu a livello delle orecchie. Quindi le passò tra i capelli una sostanza umida, che si indurì assumendo una consistenza quasi simile a quella del cemento. Si servì di una spazzola per sistemare le ciocche sfuggite al primo passaggio. Dopodiché applicò alla console della limousine uno specchio portatile, dotato di lampada a bassa intensità di calore. In circostanze normali, il lavoro di alterazione al naso che stava per eseguire avrebbe richiesto due specchi e costanti verifiche del profilo. Ma in una macchina sprofondata in un garage sotterraneo di Manhattan, non poteva permettersi quel lusso. Aprì la propria valigetta dei trucchi, con cosmetici e polverine magiche, ordini di vassoi zeppi di creme, tinture, pennelli e spatole. LuAnn percepì sul proprio volto il tocco rapido delle dita di lui. Le vere sopracciglia vennero coperte con plastica Kryolan fissata da colla a presa rapida, e camuffate con make-up in crema e in polvere. Al loro posto, apparvero nuove sopracciglia, di forma completamente diversa. Quindi le preparò la parte inferiore del viso passandola interamente con del cotone imbevuto d’alcol. Al naso, Jackson applicò uno strato di collante e nell’attesa che questo asciugasse, si passò della vaselina sulle dita in modo da evitare che sì attaccassero con le operazioni successive. Lasciò che la gelatina cosmetica si riscaldasse nel pugno, e procedette ad applicarla al setto nasale di LuAnn, modellandola e deformandola finché non ebbe raggiunto la forma voluta. — Il suo naso naturale è lungo e diritto, LuAnn. Un naso che non esito a definire classico. Un po’ troppo classico. Un minimo di colla qui, un po’ più di gelatina là, ed ecco fatto: questa specie di brutta protuberanza va molto meglio. Non si preoccupi, è solo temporaneo. E in fondo, che cosa non lo è? Jackson fece una risatina e continuò a darsi da fare con il nuovo naso di LuAnn. Applicò fondotinta e rosso alle narici in modo da dare loro un aspetto naturale. Poi passò agli occhi. Con l’ombretto, li fece apparire più ravvicinati fra loro. Usò altra crema e altra polvere per modificare la linea decisa della mandibola. Altro fondotinta per smorzare la prominenza degli zigomi. LuAnn sentì le sue dita che seguivano la ferita al mento. — Ma che brutto taglio. Un souvenir del suo incontro ravvicinato nella roulotte, forse? LuAnn non rispose. — Ci vorrebbero dei punti. E anche in quel caso, rimarrà una cicatrice. Ma non si preoccupi. Una volta che avrò finito, sarà invisibile. In futuro, però, consideri l’opportunità di un intervento di chirurgia plastica. Opinione professionale, è chiaro. Venne il turno delle labbra. — Ben disegnate ma sottili, LuAnn. Un po’ di infiltrazioni di collagene non guasterebbero. LuAnn dovette compiere uno sforzo per non strapparsi da lui e scappare urlando. Non aveva idea di quale sarebbe stato il suo aspetto una volta che Jackson avesse completato l’opera. Forse era meglio non saperlo. — Mettiamo anche un po’ di lentiggini sulla fronte, alla base del naso e qui sulle guance. Se volessimo lavorare rigorosamente, gliele applicherei anche sul dorso delle sue mani. Ma non lo farò. La maggior parte delle persone non fa caso a simili dettagli. Le dita di lui le aprirono il colletto della camicetta, esponendo la gola. Jackson ricoprì anch’essa con altro fondotinta, scendendo fin quasi all’incavo tra i seni. Infine le riabbottonò la camicetta e guidò LuAnn a sistemarsi nuovamente sul sedile opposto. — Non vuole darsi un’occhiata allo specchio? Ne può trovare uno nel compartimento al suo fianco. LuAnn prese lentamente il piccolo specchio e lo resse di fronte al proprio viso. Respirò a fondo, quindi guardò… E adesso veramente avrebbe voluto urlare. C’era una sconosciuta nello specchio. Una donna dai corti capelli rossi, dalla carnagione tanto bianca da apparire cadaverica, dalle troppe lentiggini. Una donna con occhi piccoli e ravvicinati, con un naso largo deviato a destra, con il mento sfuggente e con labbra eccessive, vagamente negroidi. Una donna che LuAnn non aveva mai visto, che non aveva mai neppure ipotizzato potesse esistere. — Che lavoro formidabile, non è d’accordo anche lei? — Jackson le gettò qualcosa in grembo. Un passaporto. LuAnn lo aprì e studiò la foto. Era la faccia della sconosciuta nello specchio. Quando alzò lo sguardo, Jackson fece scattare un interruttore e una luce lo illuminò. LuAnn ebbe uno shock. C’era una seconda sconosciuta, identica alla prima, a fissarla dal lato opposto dell’abitacolo. Stessi capelli rossi, stessi lineamenti, stessa carnagione livida. Era come se avesse appena scoperto una gemella! L’unica differenza era che LuAnn indossava jeans e la gemella aveva un vestito. — Gli applausi sono superflui — disse lentamente l’uomo, la LuAnn poté solo continuare a fissarlo a bocca semiaperta. — Ho già impersonato delle donne, ma questa è la prima volta che impersono qualcuno che a sua volta impersona qualcun altro. La foto sul suo secondo passaporto falso è mia, scattata questa mattina. Solamente la misura del petto è un po’ diversa. In ogni caso, neppure i gemelli sono perfettamente identici. O no? LuAnn chiuse gli occhi e li riaprì, tentando di accettare l’inaccettabile. Jackson batté due brevi colpi sul cristallo divisorio tra il vano passeggeri e il sedile di guida e la limousine si rimise in movimento. Uscirono dal garage e in poco più di mezz’ora erano all’aeroporto John Fitzgerald Kennedy. L’autista smontò per primo e si preparò ad aprire la portiera. — Non indossi né cappello né occhiali scuri — intimò Jackson prima di scendere. — Potrebbero rovinare il trucco. Regola numero uno: quando si tenta di nascondersi, la migliore cosa da fare è esporsi al massimo. La vista di due gemelle in età adulta è una cosa piuttosto rara. La gente ci guarderà, anche la polizia ci guarderà. Ma nessuno sospetterà. Cercano una donna sola. Non due gemelle con una bambina in fasce. Verremo automaticamente escluse dalla lista dei sospetti. Atto del tutto coerente con la natura umana. Specialmente quando ci si trova sotto pressione. Jackson allungò un braccio per prendere Lisa, ma LuAnn di scatto gli intercettò il polso. — LuAnn, io sto solo facendo del mio meglio per mandare lei e la sua bambina molto lontano da questo paese. Tra breve, ci troveremo a superare cordoni di polizia e di agenti dell’Fbi. E tutti con un unico, preciso ordine: arrestare LuAnn Tyler. Mi creda, io non ho alcun interesse a tenere sua figlia, ma in questo momento ne ho bisogno per una ragione ben precisa. LuAnn lo lasciò fare. Jackson prese Lisa tra le braccia e scesero dalla limousine. Con i tacchi, Jackson era un poco più alto di lei. LuAnn ne notò la figura alta e slanciata, addirittura sensuale nell’elegante vestito scuro da donna. Un lungo soprabito nero completava il suo abbigliamento. — Muoviamoci — le disse voltandosi appena. Lei ebbe un sussulto. Jackson aveva parlato con la voce — Dov’è Charlie? — chiese LuAnn qualche minuto dopo, mentre entravano nel terminal. — Che differenza fa? — Jackson si muoveva con disinvoltura sui tacchi alti, precedendo un corpulento facchino che spingeva il carrello con i bagagli. — Così, mi chiedevo — rispose LuAnn scrollando le spalle. — È stato con me fino adesso. Pensavo di vederlo qui. — Il compito di Charlie è concluso. — Oh. — Non se ne abbia a male, in questo momento lei si trova in mani molto migliori. Lo sguardo di Jackson si focalizzò sui quattro agenti di polizia in divisa che scrutavano tutti i passeggeri in ingresso. — Ora si comporti in modo naturale, LuAnn. Naturale e rilassato. Siamo sorelle gemelle. Semplice, no? Ho anche tutti i documenti necessari per confermarlo, in caso venissimo fermate. Cosa che comunque non accadrà. Lasci parlare me. Superarono il cordone dei poliziotti, seguite dai loro sguardi intensi. Uno di loro sbirciò le lunghe gambe di Jackson tra le falde del soprabito. Lui parve decisamente compiaciuto per l’attenzione ricevuta. Un attimo dopo, come Jackson aveva previsto, i quattro poliziotti si disinteressarono di loro, tornando a scandagliare la folla con i loro sguardi. — Penso io al biglietto — disse Jackson puntando alle postazioni del check-in. — Lei vada ad aspettarmi al bar. — Perché non posso fare da me? — Quante volte ha già proceduto al check-in di un volo internazionale? — Be’, volare non ho mai volato. — Appunto. Io posso espletare l’operazione molto più velocemente di lei. Intanto vada al bar. Si faccia un cappuccino e cerchi di non attirare l’attenzione con qualche iniziativa inopportuna. Il personale delle compagnie aeree non sarà composto da campioni di efficienza, ma non sono neppure degli idioti. Sarebbe sorpresa da quanti dettagli possono notare. — D’accordo. Non voglio mica mandare a monte tutto. — Benissimo. Ora mi dia il passaporto, quello che le ho appena dato io. LuAnn glielo porse e osservò Jackson che cambiava di mano il seggiolino portatile di Lisa e si dirigeva al check-in, con il facchino sempre dietro. Aveva addirittura assunto la mimica di LuAnn. Restò a guardarlo ancora un attimo, poi andò al bar. Nel giro di pochi minuti Jackson l’aveva già raggiunta, con la carta d’imbarco. La fila della prima classe era sempre corta, e l’intera operazione era stata molto veloce. — Per ora nessun problema, LuAnn. Ora, per i primi mesi non si dia troppo da fare a cambiare aspetto. La tintura con il tempo svanirà e i capelli le ricresceranno in fretta. A quel punto potrà cominciare a usare il passaporto che originariamente avevo preparato per lei. — Ecco — riprese LuAnn. — Per tornare… Ma Jackson la interruppe con un gesto secco. Con la coda dell’occhio aveva notato un terzetto, due uomini e una donna, in abiti civili. Nessuno aveva bagaglio. Tutti e tre si guardavano intorno con aria vigile. LuAnn vide che uno di loro aveva in mano un foglio. Con sopra una fotografia. Con la sua faccia, quella vera. Era una delle foto scattate alla conferenza stampa. Si sentì gelare, finché non avvertì la mano di Jackson scivolare fra le sue. — Sono agenti dell’Fbi, ma si ricordi che stanno cercando un’altra donna. Non la donna che lei è ora, la donna in cui io l’ho trasformata. La mano si ritrasse. — Il suo volo decolla tra venti minuti. Mi segua. Superarono i controlli, raggiunsero il cancello d’imbarco e si accomodarono nella sala d’attesa. — Tenga. Jackson le porse un pacchetto avvolto in carta anonima. — Contante, carte di credito e patente internazionale di guida, tutto con il suo nuovo nome. La patente riporta le sue attuali sembianze. Le dita di lui giocherellarono per un attimo con i capelli di LuAnn e scivolarono sui lineamenti finti di lei mentre l’imitazione di un sorriso appariva sul suo volto. — Be’, buona fortuna — le augurò. — Qualora si trovasse in difficoltà, qui c’è un numero di telefono al quale potrà trovarmi, giorno e notte, in qualsiasi punto del mondo mi trovi. Ma a meno che non sia una seria difficoltà, lei e io non c’incontreremo e non ci parleremo mai più. LuAnn si ritrovò in mano un bigliettino con un numero. — Non c’è qualcosa che vuole dirmi, LuAnn? — chiese Jackson con un sorriso affabile. Lei lo guardò con curiosità. — Tipo cosa? — Per esempio… grazie? — disse lui senza più sorridere. — Gra… grazie. — LuAnn aveva parlato con estrema lentezza, e dovette compiere uno sforzo per distogliere lo sguardo dal volto di Jackson, per riportarlo sul bigliettino che lui le aveva appena dato. Sperava di non essere mai costretta a usarlo. E continuò a tenere lo sguardo abbassato. Perché se lo avesse alzato di nuovo su di lui, sapeva, Quando rialzò gli occhi, Jackson era scomparso nella folla. Si afflosciò contro lo schienale della poltrona. Era già stanca di fughe. E tuttavia, ciò che l’aspettava era nient’altro che una fuga senza fine. LuAnn aprì il passaporto e guardò le pagine dei visti internazionali ancora immacolate. Non lo sarebbero rimaste a lungo. E anche quel nome estraneo, tra non molto sarebbe diventato parte di lei. Catherine Savage, di Charlottesville, Virginia. Sua madre era nata a Charlottesville, appena prima di trasferirsi con tutta la sua famiglia nel profondo Sud. LuAnn ricordava ancora i suoi racconti delle verdi, dolci colline della Virginia. Spostarsi in Georgia, diventare la moglie di Benny Tyler, aveva ammantato tutto nel sudario delle memorie perdute. Per questo LuAnn aveva voluto che il suo nuovo nome, la sua nuova persona, avesse quelle stesse origini. Un poliziotto in divisa era apparso nel perimetro dell’area d’imbarco, forse era uno dei quattro all’ingresso del terminal, forse no. Rapidamente, LuAnn fece sparire il passaporto. Quell’uomo poteva aver notato Jackson al check-in. E ora avrebbe potuto notare lei all’imbarco, stessa faccia, diversi abiti. Diversa donna. LuAnn deglutì a forza e arrivò a rimpiangere che Jackson se ne fosse andato. Mentre veniva annunciato l’imbarco, il poliziotto si diresse verso di lei. LuAnn si alzò, afferrò la maniglia del seggiolino di Lisa, e nel movimento il pacchetto con dentro denaro, documenti e carte di credito le sfuggì di mano rotolando sotto la poltroncina. LuAnn si chinò goffamente, cercando di tenere la presa sul seggiolino e frugando alla cieca. — Lasci che le dia una mano, signora. LuAnn s’inchiodò, piegata in avanti a metà, in equilibrio precario. Dalle nere scarpe lucide del poliziotto, il suo sguardo risalì lungo la divisa blu scuro, il cinturone con la pistola, lo sfollagente, le manette. Raggiunse il volto dai lineamenti duri, squadrati dell’agente, che stringeva nella mano sinistra una foto di lei scattata alla conferenza stampa. — Ehi, viaggiare con i bambini non è mai una cosa facile — commentò il poliziotto aprendosi in un sorriso. — Sapesse che ridere quando me la devo vedere con i miei, di marmocchi. Raccolse il pacchetto e lo diede a LuAnn, che lo ringraziò. — Mo… molte grazie. — Di nulla — disse lui portandosi la mano alla visiera del berretto e sorridendo a Lisa. — E buon viaggio anche a te, piccolina. LuAnn lo guardò mentre si allontanava, sentendo il sangue gelarsi nelle vene. Poiché non c’era obbligo d’imbarco immediato per i passeggeri della prima classe, LuAnn rimase nella sala d’aspetto. Di tanto in tanto allungava il collo, alla ricerca di una sagoma familiare. Non la trovò. Evidentemente Charlie non era venuto. Alla fine, presentò la carta d’imbarco, superò la hostess di terra, percorse il tunnel di connessione e raggiunse l’interno del 747. — Da questa parte, signorina Savage. Che bella bambina! LuAnn venne fatta accomodare in uno degli ampi sedili. Sistemò Lisa accanto a sé e accettò un calice di champagne da uno degli steward. La sua attenzione venne attratta dal minischermo televisivo incassato nello schienale del sedile davanti al suo. Era la prima volta che si trovava su un aereo. E si stava godendo in modo davvero principesco questa sua prima esperienza. Fuori dagli oblò, l’oscurità era fitta. Lisa era quieta, intenta a osservare ogni angolo di quello strano luogo. LuAnn continuò a sorseggiare il vino, gettando occhiate ai passeggeri che continuavano a imbarcarsi. Persone anziane dall’aria danarosa, uomini d’affari, un giovanotto in jeans e giubbotto di pelle. LuAnn credette di riconoscere in lui un celebre musicista rock. Le hostess eseguirono le consuete operazioni di controllo e in pochi minuti tutto fu pronto per il decollo. Il 747 rullò lungo la pista, i reattori che salivano di giri verso la spinta massima. Il gigante alato schizzò in avanti, guadagnando velocità. LuAnn contrasse le mani sui braccioli, serrando i denti, neppure osando guardare fuori dal finestrino. Una delle sue braccia scivolò a circondare protettivamente Lisa, che peraltro appariva del tutto rilassata. Poi, quando il 747 fu in volo, LuAnn si sentì come se stesse fluttuando nel cielo su un’enorme bolla. Anzi, un tappeto volante ad alta tecnologia, con sopra la nuova principessa delle — Meno male che almeno Lisa è rimasta la stessa. LuAnn s’inchiodò contro il sedile. Una mano le era scesa sulla spalla, simile a una pressa. E sopra la mano un volto scavato, all’ombra di un fedora a tesa larga. Il volto di Charlie. L’uomo si aprì in un sorriso ancora più largo del cappello, tentando di allentare l’evidente nervosismo. — Non ti avrei mai riconosciuta. LuAnn, che diavolo è successo? — È una lunga storia. — Lei gli afferrò la mano con forza, sentendo allentarsi la tensione delle ultime ore. — Perché non cominci tu, Charlie, dicendomi il tuo vero nome? Dal cielo nero come la pece, una pioggia insistente aveva preso a cadere appena dopo il decollo del 747. L’uomo, con l’impermeabile nero e il capo protetto da un cappello di Gore-Tex, procedeva per la strada di Manhattan incurante del maltempo, appoggiandosi a un bastone d’ebano. La donna dai capelli rossi e dalla carnagione livida era svanita. Al suo posto c’era un vecchio di almeno settant’anni, con pesanti borse sotto gli occhi e una corona di capelli stopposi intorno al cranio calvo, disseminato delle chiazze scure dell’età. Il naso era lungo e gibboso, il mento floscio. L’incedere esitante comunicava debolezza e stanchezza. Jackson preferiva invecchiare quando calavano le tenebre. Voleva sentirsi sul confine del decadimento, sul limite della morte fisica. Alzò lo sguardo nella pioggia battente, frugando le nubi oscure. A quel punto il 747 della British Airways doveva aver raggiunto la Nuova Scozia, preparandosi alla trasvolata atlantica. LuAnn Tyler non aveva preso il volo da sola. Jackson era rimasto a sorvegliare il cancello d’imbarco. Quando mancavano pochi minuti al decollo, aveva visto Charlie correre lungo il tunnel di collegamento e sparire al di là. Poteva non essere una cosa negativa. Continuava a nutrire dubbi su LuAnn Tyler, seri dubbi. Lei gli aveva nascosto delle informazioni, cosa che lui normalmente considerava una colpa imperdonabile, ed eliminare Romanello era stata una diretta conseguenza di quelle menzogne. Anche se, doveva ammetterlo, le responsabilità erano in parte sue: era stato lui, in fondo, a ingaggiare quell’uomo. Comunque LuAnn Tyler era diventata il suo primo vincitore a essere ricercato dalla polizia. Il pericolo era ben lungi dall’essere cessato. Di fronte al potenziale disastro, Jackson si sarebbe regolato nel solo modo possibile. Aspettare. E osservare. Nel momento in cui avessero cominciato ad apparire delle linee di frattura, lui le avrebbe immediatamente richiuse. In questa prospettiva, avere con sé Charlie, così coscienzioso, responsabile e affidabile, poteva essere un’ottima cosa per lei. Perché LuAnn era diversa dagli altri, questo era assodato. Jackson sollevò il bavero dell’impermeabile, continuando ad avanzare lungo la strada semibuia e deserta. Non aveva paura. Chiunque avesse voluto praticare il gioco pesante con quel povero vecchio si sarebbe amaramente pentito nello scoprire il proprio tragico errore. Jackson era armato ed era pronto a uccidere. Ma il delitto in realtà non gli interessava. Ciò che gli interessava era acquisire più denaro, più potere. Aveva di meglio da fare, che perdere il proprio tempo con gli omicidi. Jackson sollevò nuovamente il volto posticcio nella pioggia. Leccò le gocce dal sapore asprigno che scendevano sulle sue labbra. Buon viaggio, LuAnn Tyler. Buon viaggio, Charlie. Sorrise al buio. E Dio vi aiuti se commetterete l’errore di tradirmi. Continuò lungo la sua strada, fischiettando. Era tempo di pensare al vincitore del mese successivo. |
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