"Il biglietto vincente" - читать интересную книгу автора (Baldacci David)PARTE SECONDA18Il piccolo jet privato atterrò sulla pista dell’aeroporto di Charlottesville-Albemarle, in Virginia. Erano quasi le dieci di sera, e con l’arrivo del Gulfstream V lo scalo aveva esaurito l’attività per quella giornata. Ad attendere il velivolo c’era una limousine nera. Tre figure, nient’altro che ombre nella debole illuminazione degli hangar lontani, scesero dalla scaletta dell’aereo e sparirono all’interno dell’auto che parti veloce e pochi minuti dopo aveva già imboccato la Statale 29 in direzione sud. LuAnn Tyler si tolse gli occhiali scuri, passò protettivamente un braccio attorno alle spalle della bambina seduta accanto a lei e si abbandonò contro lo schienale, respirando a fondo. Finalmente erano ritornati negli Stati Uniti. Tutti quegli anni impegnati a progettare, a pianificare. Tutto quel tempo passato senza pensare a nient’altro. LuAnn osservò l’uomo seduto sul sedile di fronte al suo. Le sua dita spesse tamburellavano chissà quale ritmo sconosciuto sul bracciolo della portiera. Sembrava preoccupato. In realtà, Charlie smise di tamburellare e inclinò leggermente il capo verso di lei: — Hai paura? LuAnn abbassò lo sguardo su Lisa, che le aveva posato la testa in grembo e si era addormentata. Era stato un viaggio lungo e noioso. — Sì, ne ho — rispose fissandolo negli occhi. — E tu? — Ci siamo preparati a questo momento per molto tempo — disse Charlie scrollando le spalle ancora larghe e forti. — Siamo consapevoli dei rischi. E con questi stessi rischi, ora dovremo imparare a convivere. — Il sorriso riapparve, ancora più complice di prima. — Ce la caveremo. Lei annuì lentamente, senza sorridere. Dieci anni vissuti troppo intensamente. Troppi aerei, troppe frontiere, troppe lingue, troppi climi diversi. Ora, per quanto la riguardava, sognava di limitare i suoi viaggi futuri alla cassetta della posta davanti a casa, per prelevare il giornale del mattino, o al massimo al centro commerciale più vicino per fare compere. Magari potesse essere così semplice! Si massaggiò distrattamente le tempie. A Charlie non sfuggirono la tensione e l’incertezza di lei. In dieci anni aveva imparato a riconoscere molti dei suoi percorsi comportamentali ed emotivi. Notò con soddisfazione che Lisa continuava a dormire. Quindi slacciò la cintura di sicurezza e andò a sedersi accanto a LuAnn. — Jackson non sa che siamo tornati — le sussurrò Charlie. — Chi può dirlo, Charlie — obiettò LuAnn, a sua volta a bassa voce. — Mio Dio non so chi mi fa più paura, se la polizia o lui. No, lo so invece: è — Ascolta, non pensi che ci avrebbe già fermati se avesse saputo? — Charlie le prese le mani. — Abbiamo seguito un percorso tortuoso: quattro Stati, cinque aerei, due treni… Abbiamo girato mezzo mondo prima di arrivare qui! Lui non sa, LuAnn. E anche se sapesse, che cosa vuoi che gliene importi ormai? Sono passati dieci anni. Il contratto tra di voi è scaduto. Perché dovrebbe ancora importargliene qualcosa? — I contratti stipulati con Jackson non scadono mai, Charlie. Mai. Lui sospirò e si slacciò la giacca, appoggiandosi a sua volta contro lo schienale. — E in ogni caso — riprese LuAnn — ora siamo tornati. Hai ragione tu: abbiamo preso una decisione e ce ne assumiamo le responsabilità. E poi non è che io abbia intenzione di annunciare al mondo che siamo di nuovo qui. La sola cosa che voglio per noi è una vita tranquilla. — Nel tranquillo grembo del lusso — precisò Charlie. — Hai visto le foto della casa, no? — Sì, le ho viste. — Wicken’s Hunt. Vecchia ma prestigiosa. Quasi mille metri quadrati. Volevano sei milioni di dollari, non mi stupisce che non riuscissero a venderla. A tre milioni e mezzo, abbiamo fatto un affare. — Più il milione per la ristrutturazione — aggiunse LuAnn. — È ancora un affare. Quasi centoventi ettari di terreno, dei quali una quarantina a prato… — Sembra che tu stia leggendo il dépliant dell’agenzia — commentò LuAnn. — Senti, io sono di New York e in vita mia non ho mai visto tanto prato tutto insieme. Piedmont, Virginia. Ne ho fatti di viaggi da queste parti per cercare una buona sistemazione. Semplicemente, questo è il meglio che ho visto. C’è voluto un bel po’ di lavoro per rimetterla a posto, ma ho chiamato della gente che ci sapeva fare. Ci sono parecchi edifici di servizio, più la casa per il custode, una stalla per tre cavalli e due villini completamente vuoti… — Che di certo non affitteremo — si intromise LuAnn. — Non ci pensavo affatto. Comunque, è normale con case di quel calibro. C’è addirittura la piscina. Per Lisa sarà una festa. Volendo c’è anche lo spazio per un campo da tennis. O magari due. E tutto intorno, alberi e foresta. Considerala come una barriera naturale. Sto già dandomi da fare per trovare una ditta che tiri su recinzione, cancello di accesso e guardiola. — Non avrebbero dovuto essere quelle le prime cose da sistemare, Charlie? Lui corrugò la fronte, senza rispondere. — Non ci pensare — lo tranquillizzò subito LuAnn. — Hai avuto fin troppo da fare. — Mai abbastanza. — Piuttosto… che il mio nome non risulti su nessuno dei documenti di proprietà — disse LuAnn con voce ferma. — Assolutamente. Catherine Savage non figura da nessuna parte. Per quanto riguarda il rogito e contratti vari ho usato un prestanome. Poi è stato tutto trasferito a una società controllata da me. Non vedo in che modo si possa risalire a te. — Come avrei voluto cambiare nome di nuovo — LuAnn scosse il capo. — Jackson potrebbe avere ancora le antenne puntate su Catherine Savage. — È impossibile. L’intero sistema fiscale creato da Jackson si regge proprio su Catherine Savage. Cristo, non ti ricordi che calvario è stato riuscire a ottenere quel certificato di morte falso per il tuo compianto marito? — Lo ricordo, lo ricordo… — Charlottesville, Virginia — accennò Charlie scrutando nel buio al di là del finestrino. — Mi dicono che un bel po’ della gente che conta si sistema qui. È per questo che l’hai scelta, LuAnn? Per poter vivere come un’eremita senza destare sospetti? — È una delle ragioni. — Le altre? — Mia madre è nata qui — disse LuAnn passandosi lentamente la mano tra i capelli. — E qui è stata felice. O almeno, questo mi disse. E lei non era di certo una di quelli che contano. — Il suo sguardo incontrò nuovamente quello di Charlie. — Forse riusciremo anche noi a trovare un po’ di quella felicità, cosa ne pensi? — Per quanto mi riguarda, finché sono con te… — Charlie accarezzò il viso di Lisa, placidamente addormentata — e con questa signorina, io sarò sempre un uomo felice. — L’hai già iscritta a scuola? — St. Anne’s-Belfield — annuì lui. — Una delle più esclusive, con classi poco affollate. Lisa sarà molto seguita e non avrà il minimo problema. Parla parecchie lingue, ha girato tutto il mondo… che diavolo, ha visto più posti lei in dieci anni di quanto la maggior parte della gente riesca a vedere in una vita intera. — Non so — disse con aria dubbiosa LuAnn — forse avremmo dovuto prendere degli insegnanti privati. — LuAnn, questa ragazza ha visto insegnanti privati fin da quando ha imparato a camminare. Non puoi tenerla ingabbiata per sempre. Le farà bene vedere altri ragazzi. Farà bene anche a te! — Charlie sorrise. — Devi pur passare il tempo, giusto? — E tu, Charlie, anche tu ti senti ingabbiato? — Una vera e propria tigre in cattività — dichiarò lui con un largo sorriso per dimostrare che stava scherzando. — Credo che mi dedicherò a qualche hobby stravagante, golf o roba simile. — Dieci anni sono molti — disse LuAnn con una vena di mestizia. — Non li cambierei per niente al mondo. Dieci anni prima, quando la cordigliera scintillante di New York era svanita nel buio sotto di lei, LouAnn era eccitata al pensiero di tutto il bene che avrebbe potuto fare con quei soldi. Aveva fatto una promessa a se stessa e l’aveva mantenuta. Ma c’era stato un prezzo da pagare: una fuga senza fine, annegata in un’incertezza senza fine. E poi il senso di colpa. Ogni volta che andava da qualche parte, ogni volta che comprava qualcosa, la verità riaffiorava implacabile: quello che stava spendendo era il denaro di una frode. |
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