"Il biglietto vincente" - читать интересную книгу автора (Baldacci David)14Il monolite incombeva su di lei. La guglia sulla sommità era simile alla punta di una lancia che perforava il cielo. LuAnn Tyler non ebbe né il tempo né la possibilità di ammirare la temeraria architettura dell’Empire State Building. Il braccio estraneo venne a infilarsi sotto il suo nell’attimo stesso in cui lei scendeva dal taxi. — Da questa parte. Una voce d’uomo levigata, confortante. Ma anche del tutto raggelante. — Facciamo due chiacchiere. LuAnn si liberò dalla stretta. L’uomo era alto, dalle spalle larghe. Folti capelli scuri intorno a un volto rasato di fresco, occhi neri pieni di determinazione. — Cosa vuoi da me? — Adesso che LuAnn poteva vederlo, la sua paura sembrò diminuire. — La sai una cosa, signorina Tyler — disse Anthony Romanello gettando un’occhiata intorno — perfino a New York finiremmo con attirare l’attenzione facendo questo genere di conversazione qui in strada. Lo vedi quel bar sull’altro marciapiede? Suggerisco di fare là la nostra chiacchierata. — Perché? — Perché tu hai letto sia il mio bigliettino sia l’articolo su quel giornaletto di provincia. — Romanello incrociò le braccia e le offrì un sorriso mellifluo. — Altrimenti non ti troveresti qui. — Li ho letti. — LuAnn fece uno sforzo per mantenere ferma la voce. — Allora muoviamoci. — E tu che diavolo c’entri? Spacci anche tu droga? Il sorriso svanì dal volto di Romanello. — Ora stammi a sentire… — Io non ho ammazzato nessuno — dichiarò LuAnn con durezza. — Abbassa la voce, cazzo! LuAnn lo folgorò con un’occhiata. Poi si girò e cominciò ad attraversare la strada, puntando verso il bar. Romanello la seguì da vicino. Si sedettero a un tavolo verso il fondo del locale, nella parte meno illuminata. Romanello ordinò del caffè. Con fare ospitale, tese a LuAnn il menù. — Mangi un boccone? — Mangiatelo tu, il boccone. — E va bene, piantiamola con i preamboli e veniamo dritti al punto… — Tu come ti chiami? La domanda colse Romanello in contropiede. — Perché? — Dammene uno. Da queste parti sembra che hanno tutti un nome inventato. — Di che accidenti vai… — Romanello s’interruppe, ci pensò su e fece retromarcia. — D’accordo, chiamami Arcobaleno. — Ma che carino, tutto colorato. Mai visto un arcobaleno come te prima di oggi. — Ed è qui che ti sbagli — gli occhi di Romanello si accesero di un lampo avido. — Perché c’è sempre una pentola piena d’oro alla fine dell’arcobaleno. — E allora? — E allora la mia pentola piena d’oro sei proprio tu, signorina Tyler — disse Romanello rilassandosi contro lo schienale. LuAnn fece per alzarsi. — La parola era risuonata come uno schiocco di frusta. LuAnn si bloccò a metà del movimento. — Siediti, cara, a meno che tu non preferisca passare il resto della tua vita in galera piuttosto che alle Bahama. LuAnn tornò a sedersi, senza togliergli gli occhi di dosso. — A me, signor Arcobaleno, i giochini non sono mai piaciuti. Quindi vieni al punto così la facciamo finita. La cameriera arrivò con il caffè. Romanello attese che se ne fosse andata, poi si protese verso LuAnn fissandola negli occhi da pochi centimetri: — Sono stato alla tua roulotte. Ho visto i cadaveri. — E tu che cosa ci facevi alla roulotte? Romanello si ritrasse. — Passavo da quelle parti. — E io sono Marilyn Monroe. Romanello la ignorò. — Il fatto è che io ti ho visto arrivare con la macchina del ciccione, quella della foto sul giornale. E poi ti ho vista fare un sacco di telefonate. — E allora? Non posso fare telefonate? — E dopo, alla stazione ferroviaria di Atlanta ti ho visto tirare fuori una bella mazzetta di grana dal seggiolino della tua piccola. E tu venivi dalla roulotte, LuAnn, con dentro due cadaveri e un bel po’ di droga. La LuAnn socchiuse gli occhi. Forse era una trappola. Forse Arcobaleno era un poliziotto incaricato di strapparle una confessione. — Io non so di cosa stai parlando — disse LuAnn agitandosi sulla sedia. — Io di cadaveri non so niente. Chissà chi credi di aver visto a guidare quella macchina. E chi sei tu per dire a me che non posso tenere i miei soldi dove voglio? — Tirò fuori di tasca l’articolo di giornale accartocciato. — Questo te lo puoi riprendere. Vai a far paura a qualcuno che ci casca. Romanello prese il foglio accartocciato, lo dispiegò e gli diede un’occhiata distratta, infine se lo mise in tasca. Quando la mano riapparve, c’era qualcos’altro stretto nel suo pugno. Qualcosa di strappato e chiazzato di rosso. — Questo lo riconosci, LuAnn? — Sembra un pezzetto di stoffa macchiato. — LuAnn dovette lottare con se stessa per restare impassibile. — E allora? — Ma brava, la ragazzina — disse Romanello sorridendo di nuovo. — Non mi aspettavo che una fighetta scema scappata dalla campagna si sarebbe controllata così. Mi ero immaginato di vederti cadere in ginocchio invocando pietà. — Mi dispiace di non essere quella che avevi immaginato. Ma se mi chiami ancora fighetta scema, giuro che ti mollo qui all’istante. — L’ultima cosa che vuoi fare, LuAnn — disse Romanello con calma glaciale — è rendermi nervoso. Ciò detto, abbassò la cerniera del giubbotto abbastanza per mostrare a LuAnn la 9mm semiautomatica che sporgeva dalla cinta dei pantaloni. — Perché se divento nervoso, posso diventare un individuo quanto mai spiacevole. LuAnn rivolse all’arma solo una fugace occhiata. — Che cosa vuoi da me? — Te l’ho già detto. — Romanello richiuse il giubbotto. — Tu sei la mia pentola piena d’oro. — Io non ho soldi. — Ah, no? — Romanello quasi le rise in faccia. — Dimmi una cosa, LuAnn, qual buon vento ti ha portato a New York City? Scommetto che in tutta la tua vita non avevi mai messo piede fuori da quella contea dimenticata da Dio. E allora, con tutti i posti di questo mondo, perché proprio New York? — Romanello inclinò la testa in attesa di una risposta. — Va bene, forse sapevo quello che era successo nella roulotte — disse LuAnn senza guardarlo. — Però non ho fatto niente di sbagliato. Me ne sono andata via perché sapevo che laggiù poteva mettersi male per me. New York era un posto come un altro… — LuAnn alzò lo sguardo per valutare la sua reazione. Romanello stava ancora sogghignando. — Che cosa ci farai con tutti quei soldi, LuAnn? — Quali soldi? Quelli nel seggiolino di Lisa? — Non credo che riuscirai a far stare LuAnn rimase a fissarlo con la bocca semiaperta. — Per cui, vediamo un po’ — continuò Romanello — quale dici che potrebbe essere una decorosa percentuale per un ricatto, di questi tempi? Dieci per cento? Venti per cento? Il pugno di LuAnn si serrò intorno al manico della forchetta. Per un attimo pensò di saltargli addosso, poi l’impulso si attenuò. — Tu sei proprio pazzo, signor Arcobaleno. — La conferenza stampa è per domani, LuAnn. — Quale conferenza stampa? — Ma sì, quella in cui tu riceverai l’assegno formato gigante e sorridendo lo sventolerai in faccia a quella massa di gente invidiosa. LuAnn mise giù la forchetta. — Adesso devo andare. La mano destra di Romanello si chiuse intorno al suo polso in una morsa. — Non penso che potrai spendere tutti quei soldi dalla cella di una galera. — Ho detto che devo andare! — LuAnn si svincolò con uno strappo secco. — Non fare stupidaggini, signorina Tyler. Ti ho visto comprare il biglietto della lotteria. E c’ero anch’io all’estrazione. Ho visto quel tuo enorme sorriso e come hai saltato e ballato per la strada. Ero nel palazzo della Commissione Lotterie quando il tuo biglietto è stato identificato e convalidato. So tutto, LuAnn. Per cui falla finita con le cazzate, d’accordo? Se tu te ne vai adesso, la prima cosa che farò sarà una telefonata allo sceriffetto della tua contea per raccontargli tutto quello che ho visto. E poi gli spedirò quel pezzettino di maglietta macchiato di rosso. Non hai idea di quali marchingegni elettronici ci siano nei laboratori della polizia, al giorno d’oggi. Metteranno insieme tutti i pezzi, LuAnn. E quando arriverò a dirgli che hai vinto — Io non ho mai fatto niente di male. — No, tu hai fatto la cretinata di scappare. E quando scappi, i poliziotti pensano subito che sei colpevole. Si convinceranno che ci sei dentro fino al collo. Per adesso, a te non sono ancora arrivati, ma ci arriveranno. Se questo accadrà tra dieci minuti oppure tra dieci giorni, dipende da te. Se è tra dieci minuti, sei morta e sepolta. Se è tra dieci giorni, probabilmente riuscirai a sparire. Perché quello è anche il mio programma: sparire. Mi dovrai pagare una volta sola. Te lo garantisco. Io non riuscirei a spendere tutto quel denaro nemmeno se non facessi altro. E nemmeno tu ci riusciresti. Alla mia maniera, siamo in due a vincere. Alla tua maniera, tu perdi e sei spacciata. Allora, qual è la tua decisione? Per un momento interminabile, LuAnn rimase come cristallizzata. Poi, lentamente, centimetro dopo centimetro, tornò a sedersi. — Saggia decisione, LuAnn. — Non ti posso pagare la metà. Romanello si rabbuiò. — Non essere avida. — L’avidità non c’entra. Ti posso pagare. Non so ancora quanto, ma sarà lo stesso un bel po’. Abbastanza per fare tutto quello che vuoi. — Non capisco. — Tu non devi capire niente — disse LuAnn prendendo in prestito le parole di Jackson. — Ma se io sto al tuo gioco, tu mi devi dare una risposta. E se non mi dirai la verità, potrai pure andare alla polizia perché a me non me ne fregherà più niente. Romanello la scrutò con diffidenza. — Sentiamo la domanda. — Che cosa ci facevi nella roulotte? Tu non stavi per niente — Che importanza ha? — ribatté lui stringendosi nelle spalle con noncuranza. LuAnn allungò una mano, gli afferrò il polso e lo strinse, con una forza che Anthony Romanello non si sarebbe mai aspettato. — Ti ho detto che voglio una risposta. — LuAnn continuò a stringere. — E sarebbe meglio una risposta esatta. — Mi guadagno da vivere… — cominciò Romanello con un sorrisetto acido, poi si corresse: — mi — Che problemi? Di che persone? — LuAnn non lo mollava. — C’entrano con la droga di Duane? Romanello scosse il capo con vigore. — Di droga non ne so niente. Duane era già morto. Forse stava facendo il furbetto, tagliando la merce o tenendosi più soldi del dovuto, e l’altro tipo lo ha fatto fuori. Chi lo sa? E chi se ne frega? — Cos’è successo all’altro? — A me lo chiedi? Non sei tu quella che gli ha sfondato il cranio? Non l’hai letta la mia letterina? Anche lui era morto stecchito. LuAnn non rispose. Romanello abbassò lo sguardo al pugno di lei, ancora serrato intorno al suo polso. — Ora puoi anche mollare. — Tu non mi hai ancora risposto. E finché non rispondi, non vedi il becco di un quattrino. Romanello esitò, ma solo finché la sua avidità non ebbe la meglio. — Ero alla roulotte per ucciderti — dichiarò in tono piatto. LuAnn diede un’ultima stretta e finalmente lo lasciò andare. Romanello contrasse le dita più volte per riattivare la circolazione. — Perché? — domandò LuAnn in un sibilo. — Non faccio mai domande. Loro pagano e io eseguo. — Chi ti ha detto di uccidermi? LuAnn si protese nuovamente verso il polso, ma lui riuscì a ritrarsi in tempo. — Ti ho detto che non lo so. Cosa credi, che ci sediamo a bere un caffè e a discutere di chi devo liquidare? Mi è arrivata una telefonata, e metà del compenso in anticipo. L’altra metà sarebbe arrivata a lavoro finito. Tutto per posta. — Ma il lavoro tu non lo hai finito. — Solamente perché il tizio ci ha ripensato. — Il tizio… — Quello che mi ha commissionato il contratto. — E quand’è che ci ha ripensato? — Quando ti stavo aspettando nella roulotte. Ti ho visto ritornare in macchina e poi andare via a piedi. Sono andato alla mia auto per seguirti e a quel punto il tizio mi ha chiamato sul cellulare. Saranno state le dieci e un quarto. LuAnn si appoggiò allo schienale… Quindici minuti dopo la scadenza del termine ultimo di Jackson! Ecco come lui si prendeva cura di quelli che non volevano stare al suo gioco. — E adesso che hai avuto la tua risposta — rispose Romanello sporgendosi in avanti — perché non passiamo a discutere i dettagli del nostro piccolo affare? LuAnn rimase a guardarlo in silenzio per un buon minuto prima di rispondere. — Se scopro che mi hai raccontato delle balle… — La sai una cosa? — La sua mano si infilò sotto il giubbotto e si contrasse sul calcio della pistola. — Mi hai proprio rotto i coglioni! LuAnn lanciò un’occhiata sprezzante alla pistola, prima di tornare a fissarlo negli occhi. — Io sono cresciuta in mezzo a gente fuori di testa, Negli occhi di Romanello la minaccia si andò rapidamente dissipando. — D’accordo — disse con tutta calma nel richiudersi il giubbotto. |
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