"Il biglietto vincente" - читать интересную книгу автора (Baldacci David)

13

— Ne è certa, LuAnn?

— Sì, signor Jackson.

— Assolutamente certa che il luogo nel quale vuole andare sia quello?

— È da una vita che voglio andare in Svezia. La famiglia della mia mamma è venuta da là, tanto tempo fa. Anche lei ci voleva sempre andare, ma non ce l’ha fatta. Cioè, è come farlo anche per lei. È una cosa difficile, signor Jackson?

— Qualsiasi cosa è difficile, LuAnn. La differenza è solo il livello di difficoltà.

— Ma lei lo può fare, no? Cioè, io voglio andare anche in altri posti, però voglio cominciare dalla Svezia.

— Se sono in grado di far vincere cento milioni di dollari a qualcuno come lei — disse Jackson in tono stizzito — credo senz’altro di essere in grado di occuparmi dei suoi programmi di viaggio.

— Le sono tanto grata. Sul serio. — LuAnn scambiò un’occhiata con Charlie, il quale faceva giocare Lisa tenendola tra le braccia. Gli sorrise. — Sei bravo a tenerla buona.

Jackson la udì all’altro capo del telefono: — Con chi sta parlando, LuAnn?

— Con Charlie. Mi scusi.

— Me lo passi, dobbiamo preparare la sua visita all’ufficio della Lotteria Nazionale in modo che il biglietto vincente venga confermato. Prima verrà fatto, prima si potrà procedere alla conferenza stampa. Dopodiché, lei potrà finalmente partire.

— E le condizioni delle quali mi parlava… — accennò LuAnn.

— Non intendo discuterne in questo momento — la interruppe Jackson. — Mi passi Charlie. Non ho tutta la giornata.

LuAnn prese Lisa e diede il ricevitore a Charlie. Lo osservò attentamente mentre confabulava con Jackson a voce bassissima, voltandole la schiena, annuendo più volte, finché riappese.

— Va tutto bene? — chiese LuAnn con voce piena d’ansia, mentre Lisa si agitava tra le sue braccia.

— Certo, a postissimo. — Lo sguardo di Charlie ci mise un po’ a incontrare quello di lei. — Vedrai quelli della lotteria nel pomeriggio. È passato abbastanza tempo dall’estrazione.

— Tu vieni con me?

— Farò con te il tragitto in taxi, ma ti aspetterò fuori fin quando avrai finito. D’accordo?

— E io che cosa faccio là dentro?

— Molto semplice: presenti il biglietto vincente. Loro lo convalideranno e ti daranno una ricevuta ufficiale. Ci saranno testimoni, verbali da firmare, tutta la procedura legale. Passeranno il biglietto sotto un laser molto sofisticato per verificare che sia davvero autentico. Appena sotto la linea del numero ci sono delle fibre speciali nella filigrana, proprio come quelle delle banconote. È impossibile duplicare i biglietti, specialmente in così breve tempo. A quel punto, telefoneranno al posto di vendita in modo da verificare che il biglietto sia stato effettivamente acquistato là. Poi prenderanno informazioni su di te: chi sei, da dove vieni, se hai ancora i genitori, se hai figli. Un’intervista anagrafica in piena regola. Ci vorranno alcune ore. Alla fine, rilasceranno un comunicato stampa annunciando che il vincitore si è presentato. Il tuo nome però non verrà divulgato fino alla conferenza stampa vera e propria. Ehi, la suspense va rispettata, o no? E la suspense è esattamente il filtro magico che ci vuole per continuare a vendere biglietti. Non è necessario che tu rimanga per il comunicato. La conferenza stampa è comunque prevista per il giorno dopo.

— E poi noi torniamo qui all’albergo?

— In realtà, “Linda Freeman” lascia l’albergo proprio oggi. Ci spostiamo in un altro albergo nel quale sarai registrata come LuAnn Tyler, una delle persone più ricche d’America. Sei appena arrivata qui nella Grande Mela… E sei pronta a conquistare il mondo intero.

— Charlie, ma tu ci sei mai stato a una di queste conferenze stampa?

— Ne ho viste alcune — annuì lui. — Possono diventare delle mezze carnevalate, specialmente quando il vincitore si porta dietro la famiglia al completo. Tanti soldi fanno fare alla gente tante cose strane. Ma non dura molto. La palla passa ai giornalisti, che ti fanno un sacco di domande, molte delle quali cretine. E dopo… Adios! — Charlie sorrise. — È bella questa idea di andare in Svezia. Bella verso tua madre, intendo.

— Lo spero. — LuAnn abbassò lo sguardo, continuando a giocare con i piedini di Lisa. — Sarà tutto diverso…

— Diverso non sarà affatto male.

— Non so quanto ci starò.

— Tutto il tempo che vuoi. Che diavolo, ci puoi stare per sempre, se ti va.

— Non sono sicura di poterlo fare. Non so se mi troverò bene.

— LuAnn, concedi a te stessa un minimo di fiducia. — Charlie le posò una mano sulla spalla. — D’accordo, al muro non tieni appesa una sfilza di lauree, ma sei una ragazza in gamba, hai un cuore d’oro e ti prendi una gran cura della tua piccola. Da come la vedo io, questo ti colloca davanti al novantanove per cento della popolazione.

— Però io non lo so quanto sono in gamba senza che tu mi aiuti.

— Fa tutto parte del mestiere — disse lui scrollando le spalle nel tirarsi fuori una sigaretta. — Senti, ci mangiamo un boccone e poi andiamo a riscuotere. Che ne dici? Sei pronta per diventare ricca da fare schifo?

LuAnn inspirò a fondo prima di rispondere: — Sono pronta.


Era fatta.

Domande, identificazioni, laser… Fatta e finita. LuAnn emerse dal grattacielo della Commissione Lotterie, percorse l’intero isolato e svoltò l’angolo, dove Charlie la stava aspettando. Le aveva tenuto Lisa per tutto quel tempo.

— Tua figlia è proprio una signorinella sveglia — disse sorridendo. — Ha guardato tutto e tutti.

— Non ci manca molto che comincerò a correrle dietro come una matta.

— Ce l’ha messa proprio tutta per scapparmi via. — Charlie sistemò l’esuberante Lisa nel passeggino e il suo sorriso si incrinò leggermente nel chiedere a LuAnn: — Allora, com’è andata?

— Sono stati molto gentili. Mi hanno trattato come una persona proprio speciale. Vuole un caffè, signorina Tyler? Vuole fare una telefonata, signorina Tyler? — Sorrise. — Una delle donne che ci lavorano mi ha chiesto se la volevo assumere per farmi l’assistente.

— Sarà meglio che ti abitui a richieste di questo tipo, e di ogni altro tipo.

Si avviarono lungo il marciapiede.

— Hai la ricevuta? — riprese Charlie.

— Nella borsa.

— Per che ora hanno fissato la conferenza stampa?

— Domani alle sei del pomeriggio.

Charlie annuì con aria distratta, voltandosi a gettare uno sguardo dietro le spalle. E non era la prima volta.

LuAnn gli scoccò un’occhiata tesa: — C’è qualcosa che non va?

— Non so… — Charlie sostenne lo sguardo di lei. — In galera prima, e come detective privato poi, ho sviluppato una specie di radar interno che mi dice se qualcuno mi sta prestando un po’ troppa attenzione. E adesso l’allarme sta suonando come un matto.

Istantaneamente, LuAnn si mise a guardare da tutte le parti, ma lui la bloccò. — Non farlo. Cammina e basta. Va tutto bene. Ti ho trovato l’albergo. E appena un isolato più avanti. Mettiamo Lisa e te al caldo, poi io faccio un giretto d’esplorazione.

Le dita di LuAnn si serrarono intorno alla maniglia del passeggino.

— Stai tranquilla — la rassicurò lui. — Non è detto che il mio radar abbia sempre ragione…

Ma c’erano rughe di preoccupazione intorno agli occhi di Charlie.


Venti metri più indietro, sul lato opposto della strada, Anthony Romanello si stava domandando se l’avessero visto o no. Continuò a seguirli. A quell’ora le strade erano piene di gente. Ma c’era stata un’improvvisa rigidità nell’uomo e nella donna ai quali stava dietro. Abbastanza per far suonare anche il suo, di allarme mentale.

Senza perderli di vista, Romanello si strinse nel giubbotto di pelle e si lasciò distanziare di un’altra decina di metri, ma sempre sul chi vive nel caso decidessero di prendere la fuga in taxi. Lui era comunque in vantaggio, in quanto loro avrebbero perso tempo per caricare il passeggino con la bambina. Il che avrebbe permesso anche a lui di fermare un taxi in tempo. In ogni caso, l’uomo e la donna non presero alcun taxi. Raggiunsero un hotel ed entrarono.

Romanello attese un po’ davanti all’edificio, controllando la strada in entrambe le direzioni, infine attraversò ed entrò a sua volta.


— E queste qui? — Lo sguardo di LuAnn era caduto sul set di valigie nuove di zecca, sistemate in un angolo della suite. — Da dove vengono?

— Vuoi andare in Svezia senza l’opportuno bagaglio? — domandò Charlie sogghignando. — Non penso proprio, LuAnn. Questa è roba di prima qualità che ti dura una vita, non quelle schifezze da due soldi che come le guardi ti resta la maniglia in mano. Una te l’ho già fatta riempire per il viaggio. Cose per Lisa e anche per te. Ci ha pensato una mia amica. Oggi facciamo compere in modo da riempire anche tutte le altre.

— Charlie…

LuAnn lo abbracciò e gli diede un bacio sulla guancia, mentre lui guardava altrove con fare imbarazzato.

— Ehi, non è poi questo grande affare di Stato. — Tirò fuori di tasca un sottile libretto dalla copertina blu scuro, con sopra impressa un’aquila dorata ad ali spiegate, e glielo porse. — Questo è tuo.

Un passaporto degli Stati Uniti d’America.

LuAnn lo aprì, lesse il nome sotto la propria foto. Il nome della propria reincarnazione.

Richiuse lentamente il passaporto. La soglia verso un altro mondo e verso una nuova esistenza.

— Inizio del viaggio, LuAnn. Per te e per Lisa. Tutto il mondo e anche di più! — Charlie si preparò a uscire. — Vado a controllare un paio di cosette. Torno tra non molto…

— Charlie.

Lui si fermò e si girò.

LuAnn stava tormentando il passaporto con le dita. Aveva le guance arrossate. — Perché non vieni con noi?

— Che cosa?

— Io, ecco, pensavo… — tentennò LuAnn prima di lasciarsi andare in un unico flusso, senza riuscire a guardarlo negli occhi. — Adesso ho tutti questi soldi. E tu sei stato così buono con noi. Cioè, io non sono mai stata da nessuna parte. Per cui, ecco, se ti fa piacere venire con noi… Voglio dire, se vuoi, vieni. Ma se non vuoi, io ti capisco…

— È un’offerta incredibilmente generosa, LuAnn — disse dolcemente Charlie. — Ma tu non mi conosci, non sai nemmeno chi sono. È una grossa responsabilità da prendersi verso qualcuno che non si conosce.

— Io di te conosco tutto quello che c’è da conoscere — replicò lei, caparbia. — So che sei un brav’uomo. So che hai avuto cura di noi. E so che tu a Lisa piaci da matti. E per come la penso io, questo mi fa conoscere tutto quello che mi serve.

Charlie rivolse un gran sorriso alla bambina, poi tornò a guardare LuAnn.

— Pensiamoci su, LuAnn. Sia tu che io. Pensiamoci su e vediamo che cosa ne viene fuori, d’accordo?

— Senti, Charlie, non è che ti chiedo di sposarmi — aggiunse lei scrollando le spalle e rimuovendo un ciuffo ribelle dagli occhi. — Se è questo che hai nella testa…

— Figurati! — esclamò lui sorridendole. — Io che sono abbastanza vecchio da essere tuo nonno.

— Però mi piace l’idea di averti con me. Non ho avuto molti amici, specie quelli sui quali ci si può contare. Ma io so che posso contare su di te. Perché tu sei mio amico, vero?

— Vero.

C’era una sfumatura rauca nella voce di Charlie. Lui se ne liberò con un colpetto di tosse, tornando ad assumere un tono professionale. — Ho capito quello che mi hai detto, LuAnn. Ne riparliamo al mio ritorno. Te lo prometto.

La porta si chiuse alle sue spalle. LuAnn cullò Lisa per farle prendere sonno, camminando avanti e indietro di fronte all’ampia finestra della stanza. Vide Charlie che usciva dal palazzo, lo seguì con lo sguardo fino a quando non venne inghiottito dalla folla di New York. Non le era sembrato che qualcuno lo pedinasse. Ma con così tanta gente in strada, chi poteva dirlo con certezza?

LuAnn sospirò a fondo, la fronte aggrottata. Si sentiva fuori posto. La sola cosa che le interessava era che Charlie rientrasse sano e salvo. E poi c’era sempre quella maledetta conferenza stampa del giorno dopo. Un mucchio di buffoni che le avrebbero fatto un mucchio di domande da buffoni. Meglio non pensarci. Aveva i nervi già abbastanza scossi.

Un colpo alla porta la fece sobbalzare. LuAnn fissò l’ingresso con occhi sbarrati, incerta sul da farsi.

— Chi è?

— Servizio in camera.

LuAnn andò a guardare dallo spioncino. La piccola lente le rimandò l’immagine distorta di un giovanotto con la livrea dell’hotel.

Fu costretta a compiere uno sforzo per evitare che la sua voce tremasse. — Io non ho ordinato niente.

— C’è una busta per lei, signora. E un pacchetto.

LuAnn si ritrasse dalla porta come se fosse diventata di colpo rovente. — E di chi è?

— Non saprei, signora. Un uomo giù nell’atrio mi ha chiesto di portarglieli su.

Charlie. Doveva essere stato Charlie… — Le ha detto di portarli su a nome mio?

— No, signora. L’ha vista entrare in ascensore e mi ha detto di darli proprio a lei — spiegò pazientemente il fattorino. — Se non li vuole adesso, posso metterli nella sua casella postale giù alla reception.

— No, li prendo adesso.

LuAnn aprì la porta di un palmo, stese un braccio e quasi strappò il pacchetto dalle mani del giovanotto, chiudendogli la porta in faccia. Per un po’, il fattorino rimase immobile nel corridoio deserto, scocciato per la perdita di tempo e per la mancata mancia. Ma non aveva poi tanta importanza, a questo ci aveva già pensato il tizio giù nell’atrio.

La nota era scritta, su carta da lettera dell’albergo. Nessuna calligrafia riconoscibile.


Cara LuAnn,

hai qualche notizia di Duane? E magari anche di quell’altro tipo? A proposito, con che cosa lo hai colpito, un’incudine forse? Morto stecchito. Spero ardentemente che la polizia non scopra che c’eri anche tu in quella vostra graziosa roulotte. Piaciuta la storiella, LuAnn? Non ti fa sentire nostalgia di casa? Facciamo due chiacchiere. Tra un’ora. Prendi un taxi e fatti portare all’Empire State Building. Non hai idea di come sia il panorama lassù. Il gorilla e la piccola lasciali a casa, okay?


LuAnn strappò la carta marrone del pacchetto e un giornale cadde a terra. Lo raccolse e lo aprì. Era l’Atlanta Journal and Constitution, il quotidiano delle sue parti. Una delle pagine interne era stata evidenziata con un talloncino adesivo giallo. LuAnn aprì alla pagina in questione, lesse un titolo e vide la foto che lo accompagnava.

Un invisibile nodo scorsoio cominciò a strangolarla, sempre più stretto e micidiale.

Nella foto sgranata in bianco e nero, la Airstream nella radura, circondata dal consueto labirinto di rottami e relitti, appariva addirittura più miserabile di quanto fosse in realtà. Nient’altro che un rifiuto un po’ più grosso degli altri, in attesa che il camion dei rifiuti arrivasse a prelevarlo. C’era anche la macchina decappottabile, con il suo osceno fregio cromato alla fine del lungo cofano puntato verso la roulotte. Pareva un cane da punta che dicesse al suo padrone dov’erano cadute le pernici.

Due uomini uccisi, diceva l’articolo. Un affare di droga. Sul nome di Duane Harvey, il testo si fece improvvisamente sfuocato, come filtrato da una barriera liquida. Quella barriera erano lacrime. LuAnn sedette sul divano della stanza, cercando di controllarsi. L’altro uomo non era stato ancora identificato. La terza persona domiciliata nella Airstream invece era stata identificata con certezza: LuAnn Tyler. La polizia di Rikersville la stava cercando. Anche in quel preciso momento. LuAnn Tyler era forse sospettata di qualche crimine? L’articolo non lo diceva. In compenso sottolineava che la sua scomparsa poteva solo far aumentare i sospetti della polizia. Era stata Shirley Watson a scoprire i cadaveri. Sulla scena era stata anche trovata una latta piena di acido da batteria. Gli occhi di LuAnn si strinsero. Acido da batteria. Quella flaccida troia di Shirley era tornata per pareggiare i conti, questo era fin troppo chiaro. In ogni caso, con due omicidi sul groppone, la polizia non avrebbe perso tempo con un crimine solo tentato.

Un altro colpo alla porta. LuAnn sobbalzò in preda al panico.

— LuAnn?

— Cha… Charlie?

— Perché, aspetti qualcun altro?

— Un momento solo…

LuAnn strappò dal giornale la pagina con l’articolo e se la ficcò in tasca. Poi ripiegò il resto del quotidiano e lo infilò sotto i cuscini del divano. Finalmente, andò ad aprire.

— Grande idea cercare di individuare un ipotetico pedinatore in una strada piena di gente — disse Charlie entrando. Si tolse il soprabito e si accese una sigaretta, non resistendo all’impulso di gettare un’ulteriore occhiata dalla finestra. — Eppure non riesco a scrollarmi di dosso la sensazione che qualcuno ci stesse seguendo…

— Magari era uno che voleva rapinarci. Succede spesso da queste parti, non è così, Charlie?

Lui scosse il capo. — È vero che ultimamente i balordi si sono fatti temerari, ma se qualcuno voleva davvero rapinarci, faceva il colpo e scappava a tutta birra. Tirare fuori una pistola di fronte a mezzo milione di persone? Poco probabile. Eppure la sensazione resta: qualcuno ci ha seguito. — Si voltò verso di lei. — È successo niente di strano mentre ero via?

LuAnn scosse a sua volta il capo, gli occhi spalancati, timorosa di dire qualsiasi cosa.

— Non sarà che qualcuno ti ha seguita fin qui a New York, vero?

— Non ho visto nessuno. Te lo giuro, Charlie. Senti… Io ho paura adesso.

— Ehi, ehi… calma — la invitò cingendole le spalle con fare protettivo. — Va tutto bene. Probabilmente è solo Charlie-il-paranoico che insegue il nulla. Ma vuoi saperne una? Certe volte a essere paranoici non è poi così male. Senti, andiamo a fare un altro po’ di shopping. Ti farà sentire subito meglio.

Le dita di LuAnn tormentavano il pezzo di carta che teneva in tasca. Sentiva il cuore martellarle in gola, come se fosse alla ricerca di uno spazio più ampio nel quale esplodere una volta per tutte, tuttavia quando rialzò lo sguardo, il suo volto appariva del tutto calmo e rilassato. — Lo sai di che cosa ho davvero voglia, Charlie?

— Tu dillo, ed è affare fatto.

— Una sistematina ai capelli. E magari anche la manicure. Mi sembrano uno schifo i miei capelli. E per la conferenza stampa voglio essere tutta a posto.

— Avrei dovuto pensarci io. Nessun problema, prendiamo l’elenco del telefono e troviamo uno di quei saloni di bellezza per straricchi sulla Quinta Avenue…

— Ce n’è uno proprio quaggiù nell’ingresso del nostro albergo — disse LuAnn precipitosamente. — L’ho visto mentre entravamo. Fanno tutto: capelli, unghie, faccia. E mi sembrava proprio niente male.

— D’accordo, allora.

— Dai tu un’occhiata a Lisa?

— Perché? Non veniamo giù anche noi?

— Ma andiamo, Charlie. E sì che tu devi saperlo…

— Cosa, dovrei sapere?

— Che gli uomini non vanno nei saloni di bellezza a guardare quello che succede. Siamo noi donne che lo vogliamo tenere segreto. Se voi sapete che storia è farsi belle, allora il trucco è finito. Ma qualcosa sì che la puoi fare.

— Cioè?

— Farmi un sacco di complimenti quando torno.

Charlie sogghignò. — Fin lì, ci arrivo.

— Non so quanto tempo ci vuole. Mi sa che non mi fanno passare subito. Se a Lisa viene fame, c’è un biberon pronto nel frigo. Forse vuole anche giocare. Dopo la puoi mettere a nanna.

— Prenditela calma. Per il momento non ho niente da fare. Dammi solo una birra, un po’ di televisione… — e così dicendo Charlie andò a prendere la piccola dal passeggino — e la compagnia di questa signorinella, e io sono un bambino contento.

LuAnn prese il cappotto.

— Un momento — fece lui inarcando un sopracciglio. — Per che cosa ti serve quello?

— Devo fare alcune spese. C’è un negozio appena dall’altra parte della strada.

— C’è un negozio anche nell’atrio.

— Se però i loro prezzi sono cari come quelli dell’altro albergo, io attraverso la strada e mi risparmio un po’ di soldini.

— LuAnn, tu sei una delle donne più ricche del mondo. O te lo sei scordato? Se tu volessi, ti potresti comprare questo intero albergo.

— Charlie, mi sono dannata l’anima a risparmiare monetine tutta la vita. — LuAnn aprì la porta, sperando che lui non si rendesse conto della sua agitazione. — Non puoi pretendere che cambio dalla sera alla mattina, no?

Lui corrugò la fronte, senza trovare niente da ridire.

— Torno appena posso.

Charlie fece un passo verso la porta. — Non mi va. Jackson è stato chiaro: dove vai tu, vado anch’io.

— E dai, Charlie… sono una bambina grande. So badare a me stessa. E poi come la mettiamo con Lisa che deve fare il pisolino? Non possiamo lasciarla da sola.

— Be’, no…

— Tu stai con lei, va bene? — LuAnn diede un bacetto a Lisa e una strizzatina al braccio di Charlie. — Io faccio in fretta e ci vediamo presto.

Charlie la osservò andarsene. Poi, come da programma, prese una birra dal frigobar e si mise a guardare la televisione con Lisa sulle ginocchia. Ma la sua fronte rimase corrugata. E il suo umore perplesso.

Attraversare la strada. Risparmiare soldini. Bambina grande…

Charlie decise di fare del proprio meglio per coinvolgere Lisa nelle delizie dello zapping.