"Il biglietto vincente" - читать интересную книгу автора (Baldacci David)

9

La toilette del distributore di benzina puzzava di carburante.

LuAnn Tyler cercò di rimettersi in sesto. Ripulì la ferita al mento, tolse un cerotto dalla borsa che conteneva i pannolini di Lisa e lo applicò sul taglio. C’era un minimarket della 7-Eleven presso il distributore. Mentre Lisa si scolava il biberon, LuAnn comprò della pomata contro le contusioni e della garza.

Acquistò anche il biglietto della lotteria.

Non volle che a stabilire la combinazione fosse la macchina, e scelse una sequenza ottenuta dalle date del suo compleanno e di quello di Lisa.

— Vuoi saperne una, LuAnn? — Il cassiere del minimarket era un suo amico, un ragazzo di nome Bobby. — La gente ne ha comprati a quintali di quei biglietti lì.

— Quant’è il montepremi?

Bobby accennò al cerotto e domandò: — Cosa ti è successo?

— Mi sono tagliata radendomi.

Lui sogghignò.

— Allora — lo incalzò LuAnn. — Quel montepremi?

— Sessantacinque milioni di dollari. — Gli occhi di Bobby mandarono lampi di cupidigia. — E continua a salire. Ne ho comprati una dozzina anch’io. Non so, ma ho un certo presentimento, LuAnn. Te lo ricordi quel film in cui il poliziotto dà alla cameriera metà del biglietto vincente della lotteria? Be’, se vinco io, metà la do a te. Potessi morire.

— È proprio una bella idea, Bobby. E cosa devo fare di preciso per avere tutti quei soldi.

— Ma sposarmi, è chiaro! — Bobby le tese il biglietto che lei aveva appena comprato. — E che te ne pare di darmi la metà se vincerai tu? Sposarci ci sposiamo lo stesso.

— Questo me lo gioco per conto mio. E poi, non sei forse fidanzato con Mary Anne Simmons?

— Lo ero… fino alla settimana scorsa. — Bobby se la stava mangiando con gli occhi. — Quant’è idiota quel Duane!

LuAnn spinse il biglietto bene in profondità nella tasca dei jeans. — Lo vedi spesso?

— Naah, ultimamente si fa i fatti suoi — rispose Bobby scuotendo il capo. — Ho sentito che va spesso dalle parti della Contea di Gwinnett. Per affari o cose del genere.

— Che tipo di affari?

— Senti, che cosa combina Duane non lo so e non lo voglio sapere — rispose Bobby scrollando le spalle. — Io ho di meglio da fare che pensare a Duane Harvey.

— Sai per caso se Duane ha fatto soldi?

— Adesso che ci penso, un paio di sere fa faceva vedere un sacco di grana. Ho pensato che magari aveva vinto alla lotteria. E se ha vinto sul serio, credo proprio che mi sparerò un colpo. — Bobby allungò una mano e fece una carezza a Lisa. — Quanto ti somiglia! Ehi, LuAnn, se poi cambi idea sul fare a metà e sposarci, fammi un fischio, okay? Qua io finisco alle sette.

— Ci vediamo, Bobby.

LuAnn si diresse verso un telefono pubblico fuori dal minimarket e compose il numero di Jackson. Questa volta lui rispose al primo squillo.

— Ha i numeri, LuAnn?

Lei gli lesse le dieci cifre del biglietto, udendo all’altro capo del telefono un frusciare di carta mentre l’uomo prendeva nota.

— Adesso mi rilegga la sequenza, ma questa volta più lentamente. Non possiamo permetterci alcun errore.

LuAnn gli rilesse i numeri. Lui glieli ripeté nell’ordine.

— Brava, LuAnn — disse Jackson alla fine. — Molto brava. Il più è fatto. Ora prenda quel treno, faccia la sceneggiata per la stampa e sarà tutto finito.

— Sto andando alla stazione proprio adesso.

— Come le ho detto, troverà qualcuno ad attenderla alla Pennsylvania Station. Sarà questa persona ad accompagnarla all’albergo.

— Pennsylvania? Ma io pensavo di andare a New York.

Jackson sbuffò sonoramente. — LuAnn, la Pennsylvania Station è una delle due principali stazioni ferroviarie di New York.

— Ah, ecco.

— Questa persona ha una descrizione sua e di Lisa. — Jackson fece una pausa. — Perché lei ha Lisa con sé, vero?

— Dove vado io, viene anche Lisa.

— Per l’appunto. Al tempo stesso, voglio sperare che lei non abbia incluso il signor Duane Harvey nei suoi progetti di viaggio.

LuAnn deglutì a forza… Duane Harvey con la camicia fradicia di sangue. Duane Harvey che crolla come un sacco di stracci e non si muove più. — Niente Duane Harvey.

— Eccellente, LuAnn. Buon viaggio.


LuAnn e Lisa scesero dall’autobus proprio di fronte alla struttura di cemento armato e cristalli polarizzati della stazione ferroviaria di Atlanta.

Lungo la strada, LuAnn si era fermata a un supermercato della catena Wal-Mart per comprare le cose necessarie per sé e per Lisa, sistemandole poi in una nuova borsa a spalla. La maglietta strappata nel corpo a corpo era stata sostituita da una nuova. Il suo volto era celato dalla tesa di un cappello da cowboy e da ampi occhiali da sole. Nella toilette del supermercato aveva nuovamente ripulito la ferita al mento e aveva cambiato la medicazione. Ora andava decisamente meglio.

LuAnn si presentò allo sportello della biglietteria. — Solo andata per New York. Sul Crescent.

Lisa era inquieta. Voleva uscire dal seggiolino.

— Il suo nome, prego — chiese la donna dietro il plexiglas.

LuAnn stava cercando di calmare la bambina, e rispose in modo automatico: — LuAnn Tyler.

Realizzò di aver commesso un errore colossale già mentre stava finendo di pronunciare il proprio nome.

— Un momento…

— Sì? — L’addetta della biglietteria continuò a battere sulla tastiera senza nemmeno alzare lo sguardo.

— Niente… — mormorò LuAnn.

Ormai era fatta. A questo punto, cercare di cambiare le carte in tavola avrebbe solamente destato sospetti. LuAnn deglutì a vuoto, pregando il cielo di non dover pagare caro quell’imperdonabile errore, prima o poi.

— Vedo che viaggia con una bambina piccola — disse l’impiegata. — Raccomanderei il vagone letto DeLuxe. C’è uno scompartimento disponibile con doccia indipendente.

LuAnn accettò prontamente il consiglio. Mentre il biglietto veniva stampato, l’impiegata non nascose una certa perplessità nel vedere LuAnn frugare nel seggiolino portatile fino a estrarne una mazzetta di banconote da cento, contarne quindici e mettersi in tasca il rimanente.

Accortasi di essere osservata, LuAnn sfoderò un sorriso accattivante. — È il mio fondo di emergenza… Mi sono detta: perché aspettare di essere nei guai per godermelo, giusto?

— Giusto.

— E così mi faccio un bel viaggetto su a New York con la mia piccolina.

— Si diverta — disse l’impiegata. — Ma non dovrebbe andare in giro con tutto quel contante. Anche mio marito e io abbiamo commesso quello sbaglio quando siamo andati a New York. Be’, ci hanno rapinati nel momento in cui siamo usciti dalla stazione. Sono stata costretta a chiamare mia madre perché ci mandasse i soldi del biglietto di ritorno.

— Grazie, starò attenta.

La donna sbirciò alle spalle di LuAnn: — Non ha bagaglio?

— Oh, preferisco viaggiare leggera. E poi ho dei parenti a New York. — LuAnn si girò e cominciò a muoversi verso l’area partenze. — Grazie ancora.

La donna dietro lo sportello la guardò allontanarsi, ed ebbe un sussulto nell’udire una voce secca: — New York.

L’uomo era apparso dal nulla, come se fosse spuntato dal pavimento. Un tipo alto e ben piantato, con un giubbotto di pelle scura.

— Solo andata — aggiunse gentilmente.

Anthony Romanello lanciò un’occhiata verso LuAnn. Al 7-Eleven, attraverso i cristalli della vetrina, l’aveva vista acquistare il biglietto della lotteria. Aveva continuato a tenerla d’occhio mentre lei chiamava da un telefono pubblico, ma senza andarle troppo vicino per ascoltare la conversazione. Poi in autobus da Rikersville ad Atlanta, e ora in treno da Atlanta a New York. LuAnn Tyler era in pieno movimento. Forse stava semplicemente scappando il più lontano possibile dai due cadaveri della roulotte. O forse aveva un motivo molto più importante. In un caso o nell’altro, Anthony Romanello avrebbe scoperto come stavano le cose, era solo questione di tempo. Inoltre, New York era la sua città, il suo principale campo operativo. Ritirò il biglietto e si diresse a sua volta verso i binari.

Quando il Crescent entrò in stazione in leggero ritardo, LuAnn si tenne a distanza di sicurezza. Un addetto l’accompagnò al vagone letto.

Lo scompartimento DeLuxe ViewLiner era dotato di cuccetta inferiore, cuccetta superiore, poltrona imbottita e toilette con doccia. Era già tardi, così l’addetto procedette a sistemare lo scompartimento per la notte abbassando i piani delle cuccette. LuAnn preparò un biberon per Lisa e la cullò in poltrona mentre il Crescent scivolava fuori dalla stazione di Atlanta.

Il paesaggio verde della Georgia, immerso nel crepuscolo, fluiva oltre gli ampi finestrini panoramici. LuAnn si dedicò a sua figlia giocando e cantando qualche canzoncina per un’oretta, finché Lisa si addormentò nel suo seggiolino.

Adesso LuAnn poteva finalmente rilassarsi. Era la prima volta in vita sua che saliva su un treno, e il lieve dondolio e i leggeri e costanti scatti ritmici del convoglio sui giunti delle rotaie ebbero su di lei un effetto quasi ipnotico. Non riusciva a ricordare con precisione quando aveva dormito l’ultima volta, e si abbandonò.

Si risvegliò che fuori era buio pesto. Doveva essere circa mezzanotte, o anche più tardi. Si affacciò nel corridoio del vagone e chiese a un inserviente se fosse possibile mangiare qualcosa.

Un poco sorpreso, l’uomo consultò l’orologio da polso. — Mi dispiace proprio, signora. L’ultimo turno della cena è stato tre ore fa. La carrozza ristorante adesso è chiusa.

— Capisco… — mormorò LuAnn. Non era la prima volta che restava digiuna. E quanto meno, Lisa aveva mangiato.

L’inserviente notò fugacemente il seggiolino con Lisa addormentata, nonché l’aspetto visibilmente provato della madre. Allora sorrise con fare comprensivo e disse: — D’accordo, mi dia un quarto d’ora.

Ritornò venti minuti più tardi con una cena completa. Addirittura gliela servì usando la cuccetta inferiore come tavolo improvvisato. LuAnn lo ringraziò con una mancia generosa e attese che se ne fosse andato prima di divorare l’intero pasto.

Più tardi si soffermò a osservare il biglietto della lotteria, spostando di tanto in tanto lo sguardo sulla piccola forma addormentata di sua figlia. C’era un lieve sorriso sul volto della piccola, le sue manine si muovevano seguendo l’oscillazione del treno. La sua bambina stava facendo un bel sogno. LuAnn sorrise tra sé e si protese a sussurrarle dolcemente all’orecchio: — Adesso la tua mamma potrà prendersi cura di te, tesoro mio. Nel modo in cui ha sempre voluto fare. Lo sai che cosa ha detto quell’uomo? Che possiamo andare dove vogliamo. Che possiamo fare quel che vogliamo. — Con il dorso della mano le accarezzò la soffice guancia. — Dov’è che vuoi andare, bambolina? Lo dici alla mamma? Tu dillo alla mamma e noi ci andiamo. Non è bello, piccolina? Eh, ti piace?

LuAnn tirò il chiavistello della porta dello scompartimento, sistemò Lisa sul letto e verificò che le cinghie di sicurezza fossero sufficientemente strette. Si sdraiò raccogliendosi protettivamente intorno a sua figlia, Mentre osservava il buio che pareva premere contro il finestrino, non poté fare a meno di interrogarsi su quanto l’aspettava.