"Il biglietto vincente" - читать интересную книгу автора (Baldacci David)3Qualcuno bussò alla porta. Colpi secchi e decisi. L’uomo si alzò da dietro la scrivania, si aggiustò il nodo alla cravatta e aprì il dossier che aveva davanti. Esili fili di fumo azzurrino si sollevavano dai resti di tre sigarette schiacciate nel posacenere. — Avanti. LuAnn Tyler entrò, dandosi una rapida occhiata intorno. La mano sinistra era serrata intorno al manico del seggiolino portatile in cui si trovava Lisa. Anche gli occhi della bambina esploravano in ogni direzione, pieni di curiosità. Dalla spalla destra di LuAnn pendeva una grossa borsa. L’uomo osservò il percorso di una vena superficiale che scendeva lungo il bicipite ben tornito di lei. Ne studiò le biforcazioni e le ramificazioni nel labirinto di vene più piccole sul suo avambraccio, ugualmente ben definito. Nessun dubbio che quella donna fosse fisicamente forte. E mentalmente? Sarebbe stata altrettanto forte? — È lei Jackson? LuAnn glielo chiese senza levargli gli occhi di dosso, attendendo che anche lui, come ogni altro uomo prima di lui, completasse l’inventario: collo, seni, ventre, fianchi, gambe eccetera. Livello culturale, posizione sociale, nessuna di queste cose aveva la minima importanza: di fronte a lei, ogni uomo si comportava puntualmente nell’identico modo. Ma non — Sì, sono Jackson — e i suoi occhi non si staccarono nemmeno un istante da quelli di lei. Le tese la mano. LuAnn la strinse con vigore. — Grazie per essere venuta, signorina Tyler. Si accomodi, la prego. Sua figlia è bellissima. — Jackson accennò a un angolo della stanza. — Perché non la sistema lì? — Si è svegliata appena adesso. Prima la camminata, poi la corsa con il bus… lei è abituata ad addormentarsi in questi casi. Me la tengo vicina, se non le dà noia. Come a sottolineare la propria approvazione, Lisa emise gridolini eccitati, indicando chissà cosa d’interessante. — Naturale che non mi dia noia, signorina Tyler. LuAnn posò il seggiolino accanto a sé e diede a Lisa un paio di grosse chiavi di plastica perché ci giocasse. Poi si raddrizzò e concentrò la propria attenzione su Jackson. Indossava un abito costoso. Una linea di sudore gli attraversava la fronte in orizzontale, simile a un filo di microscopiche perle. Per qualche ragione, LuAnn credette di percepire qualcosa in lui. In qualsiasi altra circostanza, lo avrebbe definito nervosismo. Di fronte a lei gli uomini avevano quasi sempre due sole linee di condotta: comportarsi da idioti per fare colpo, oppure rinchiudersi come lumache nel loro guscio. Non — Non ho visto l’insegna di fuori. — LuAnn lo osservò con espressione incuriosita. — Senza l’insegna, nessuno sa che siete qui. — Fa parte della mia linea professionale. — Jackson le mostrò un sorriso contratto. — La discrezione è un elemento chiave. Non è importante che la gente che frequenta questo centro commerciale sappia se noi siamo qui o no. Il nostro giro di affari si sviluppa strettamente per appuntamenti, contatti telefonici e questo genere di cose. — Allora sono io il solo appuntamento adesso. Ho visto che la stanza d’aspetto è vuota. — Scaglioniamo gli incontri in modo da evitare attese inutili. — Jackson appoggiò la mano sul mento, contraendo appena un angolo della bocca. — Io sono il rappresentante unico per questa città. — Cioè, voi fate affari anche in altre città? — Signorina Tyler, le dispiace riempire questo modulo? — Jackson aveva semplicemente ignorato la domanda. — Nient’altro che un questionario personale, uno standard — e intanto aveva fatto scivolare verso di lei uno stampato e una penna. — Nessuna fretta. Con movimenti della penna rapidi e secchi, LuAnn scrisse quanto era richiesto. Jackson la osservò impassibile. Quando LuAnn ebbe finito, lui diede una rapida scorsa al modulo. Non era necessario. Jackson sapeva già tutto quello che c’era da sapere su LuAnn Tyler. Lei diede un’altra occhiata in giro. Si era sempre ritrovata a essere il non così oscuro oggetto del desiderio degli uomini, per cui, dovunque si trovasse o in qualsiasi posto entrasse, era solita studiare la forma e le dimensioni dell’ambiente. Lo faceva per un’unica ragione: individuare la più rapida via di fuga. — Qualcosa non va, signorina Tyler? Jackson aveva colto quel suo modo di guardarsi intorno. — Strano. — Che cosa è — Questo ufficio. — In che senso? — Non c’è dentro niente. Nessun orologio sul muro, nessun cestino dei rifiuti, nessun calendario… Nemmeno il telefono. Be’, non è che ho lavorato in quei posti dove gli uomini devono portare sempre la cravatta, ma perfino Red giù alla tavola calda dei camionisti ha il calendario. E poi lui sta sempre attaccato al telefono. — E la segretaria qui fuori… Diavolo, con quelle unghie lunghe dieci centimetri, come fa a usare la macchina da scrivere? E adesso Jackson la stava — Senti, non volevo dire niente — aggiunse facendo rapidamente marcia indietro. — Giusto per parlare. Cioè, sono un po’ nervosa, ecco tutto. Le labbra di Jackson si contrassero lievemente. — Complimenti per il suo acuto spirito d’osservazione, signorina Tyler. — Be’, ho due occhi come tutti. — Come tutti, certo. — Jackson ignorò la sua occhiata e posò il modulo sulla scrivania. — Lei ricorda i termini della sua collaborazione con noi, dalla nostra conversazione telefonica? — Cento dollari al giorno per due settimane. — LuAnn era tornata a bomba sul fronte affari. — E dopo, forse, delle altre settimane alla stessa paga. Io adesso lavoro fino alle sette di mattina. Va bene se vengo al pomeriggio presto? Mettiamo alle due?… Quasi seguendo un riflesso condizionato, LuAnn raccolse le chiavi di plastica che Lisa aveva gettato per terra e gliele ridiede perché potesse continuare a giocare. La piccola la ringraziò con un grugnito. — E poi va bene se mi porto dietro la mia bambina? Quella lì è proprio l’ora del suo sonnellino. Non disturba nessuno, sa? Potessi morire… Jackson si alzò e si infilò le mani in tasca. — D’accordo, d’accordo. Dunque… lei è figlia unica ed entrambi i suoi genitori sono deceduti. È esatto? LuAnn abbe un involontario sussulto a quell’improvvisa sterzata nel dialogo. Socchiuse gli occhi. Infine annuì. — E negli ultimi due anni — continuò Jackson — per la maggior parte il suo domicilio è stato una roulotte situata nella parte occidentale di Rikersville. Convivendo in essa con tale Duane Harvey, individuo di collocazione professionale incerta, attualmente disoccupato. Jackson la stava perforando con lo sguardo da parte a parte. Non stava facendo domande, non stava cercando conferme. Elencava dei dati di fatto, punto e basta. LuAnn si limitò a sostenere quello sguardo. — Duane Harvey è il padre di sua figlia, Lisa Marie, età otto mesi. Lei ha abbandonato la scuola senza completare la seconda classe media. Da quel momento in poi ha avuto numerosi impieghi, tutti al minimo sindacale, tutti lavori che possono essere definiti, mi consenta, altrettanti vicoli ciechi. Al tempo stesso, lei ha dato prova di essere una giovane donna dal brillante intuito, e di essere dotata di non comuni abilità di sopravvivenza in questo nostro mondo ostile. Nulla è per lei più importante del benessere di sua figlia. Al momento, signorina Tyler, lei è alla disperazione. LuAnn serrò la mascella. Che accidenti stava succedendo, lì dentro? — Lei vuole Jackson continuò a fissarla dal lato opposto della scrivania. — Lei è molto prossima alla fine del viaggio. — Ma come si permette? — LuAnn schizzò in piedi, le guance in fiamme. — Che diritto crede di… — Lei, signorina Tyler — la interruppe duramente Jackson — ha deciso di venire a questo incontro perché io le ho offerto più soldi di quanti lei ne abbia mai guadagnato prima d’ora. — Com’è che sa tutte queste robe su di me? Prima di rispondere, Jackson la studiò per un lungo momento. — A essere franco, signorina Tyler, è nel mio interesse sapere quanto più possibile delle persone con le quali intendo mettermi in affari. — Ah, sì? E cosa c’entrano tutte queste cose su di me con le mie opinioni sulle analisi demi… deme… — Jackson aggirò la scrivania e le si parò di fronte. — Se lei ritiene che io l’abbia offesa, le chiedo di accettare le mie scuse. Mi rendo conto di essere forse troppo diretto. Ma non volevo farle perdere tempo. L’improvviso livore di LuAnn si dissipò, rapido com’era venuto: — Be’, visto che la mette in questo modo… — È esattamente — È il mio nome, no? — disse bruscamente LuAnn tornando a sedersi. — Be’, io non voglio sprecare neanche il tuo, di tempo. Cosa mi dice delle ore? Le va bene al pomeriggio? Jackson le voltò le spalle per tornare al lato opposto della scrivania. — La parola, LuAnn, è — Cosa? Jackson sedette alla scrivania. Con estrema lentezza, fece scivolare le palme delle mani sul piano di legno pieno di fessure. — Ha mai sognato la ricchezza, LuAnn? La guardò. Con più intensità di quanto non avesse fatto dal momento in cui lei era entrata nell’ufficio. — Ha mai sognato di essere ricca, LuAnn, addirittura al di là dei suoi stessi sogni? Ha mai sognato di potersi permettere qualsiasi cosa, LuAnn scoppiò a ridere. E continuò a ridere finché non incrociò lo sguardo di lui. Glaciale, impassibile. Non c’era alcun divertimento in quegli occhi, né alcuna diffidenza, né alcuna simpatia. Solo l’intenso desiderio di udire una risposta. — Che diavolo, ma certo! — esclamò lei. — E chi non ha mai avuto un sogno così? — A tutti gli effetti, LuAnn, coloro i quali già annegano nel denaro non hanno bisogno di un tale sogno. Al tempo stesso, lei ha ragione: statisticamente parlando, in un modo o nell’altro la maggior parte della gente sogna la ricchezza. Il vero problema è che quella fantasia non si trasforma mai in realtà. E questo perché, sempre statisticamente parlando, — Stia a sentire — disse LuAnn sfoderando un sorriso disarmante — cento dollari al giorno non sono poi mica tanto male. Jackson ebbe un breve colpo di tosse per schiarirsi la gola. E a quel punto pose la domanda: — Ha mai giocato al lotto, LuAnn? Lei fu colta alla sprovvista, ma rispose prontamente. — Ogni tanto. Tutti quanti giocano al lotto da queste parti. Ma può essere una cosa costosa. Duane gioca ogni settimana, certe volte si gioca anche la metà della paga… Quando ce l’ha, una paga. E non è mica tanto spesso. Lui dice sempre che vince. Gioca ogni volta gli stessi numeri. Dice che li ha visti in sogno. Per me è tutta una cretinata. Perché me lo chiede? — Ha mai giocato alla Lotteria Nazionale? — Cioè quella per tutta l’America? Jackson annuì lentamente, gli occhi fissi in quelli di lei. — È esattamente quello che voglio dire. — Una volta, magari due. Ma vincere è così difficile che ci sono più probabilità che io vado a camminare sulla Luna. — Lei ha perfettamente ragione, LuAnn. Questo mese, infatti, la probabilità di vincere è approssimativamente — Lo dicevo! Allora preferisco fare il Jackson si passò la lingua sulle labbra e appoggiò i gomiti sulla scrivania nel protendersi verso di lei. — Che cosa mi risponderebbe, LuAnn, se io le dicessi di avere il potere di aumentare — Che cosa? Jackson rimase in silenzio. LuAnn diede un’altra occhiata in giro, quasi alla ricerca di una — Infatti. E allora che cosa mi risponderebbe, LuAnn — insistette Jackson, imperterrito — se io le dicessi di avere il potere di aumentare quell’unica probabilità fino ad assicurarle, ripeto, — Me che roba è questa? — esplose LuAnn. — Tipo uno scherzo da scemi? — Sarebbe pronta a farlo, LuAnn? Sarebbe pronta a diventare uno dei vincitori della Lotteria Nazionale degli Stati Uniti? — La vuol sapere una cosa? È che conosco bene Duane, altrimenti mi veniva da pensare che l’aveva messo in piedi lui questo scherzo! Farà meglio a dirmi quello che c’è sotto, prima che m’incazzo proprio! — Non è uno scherzo, LuAnn. Non lo è mai stato. LuAnn saltò in piedi per la seconda volta. — Tiri fuori una storia migliore, amico! Perché io in questa non ci voglio proprio entrare. Cento dollari o non cento dollari al giorno… Era delusa. Inferocita e disgustata. Cento dollari al giorno. Ma certo che c’era il trucco. Un tipo matto da legare, una cosa da pazzi. Raccolse la borsa, raccolse Lisa e si voltò per andarsene. — Cinquanta milioni di dollari. Jackson aveva parlato in modo così pacato, quasi annoiato, che la sua voce le provocò un profondo brivido lungo la schiena. — Io le garantisco che lei vincerà la Lotteria Nazionale degli Stati Uniti, LuAnn. Pareva la voce di un impiegato delle poste intento a scorrere una lista d’indirizzi cancellati. — Io le garantisco che lei vincerà, come minimo, A dare retta al proprio cervello, LuAnn avrebbe dovuto scappare alla velocità della luce fuori da quella stanza, invece si ritrovò a voltarsi lentamente verso quell’uomo. Jackson era comodamente rilassato nella sua poltroncina, lo schienale all’indietro, le braccia incrociate. — Niente più Duane, niente più tavola calda per camionisti da mezzanotte alle sette, niente più angoscia di non riuscire a procurare a sua figlia abiti caldi per l’inverno. Qualsiasi cosa lei vorrà possedere, LuAnn, potrà averla. — La sua voce rimaneva calma, ineluttabile. — Qualunque persona lei vorrà diventare, LuAnn, potrà farlo. — Ma lei come fa a farlo, eh?… — Vuole dirmelo sì o no? — Prima ho bisogno che lei risponda alla mia domanda, LuAnn. — Quale domanda? — Vuole possedere tutta quella ricchezza? — Ma lei è pazzo o cosa? Guardi che io ce li ho i muscoli! E se prova a fare delle robe strane con me, io gliene do tante da mandarle in pappa il cervello! — Devo quindi arguire che la sua risposta sia negativa? LuAnn gettò i capelli da un lato con un deciso movimento del capo, spostò la maniglia del seggiolino di Lisa dalla mano sinistra alla destra. Lo sguardo della bambina continuava a passare da lei a Jackson, come se fosse intensamente assorbita dalla loro conversazione. — Stia bene a sentire, amico bello, non è possibile che mi assicuri una cosa del genere! — Ne è certa? — Sicuro che ne sono certa! Perciò adesso io vado fuori da qui e chiamo due tipi con la giacca bianca che la portano al manicomio! Jackson respirò a fondo, quindi disse: — Mi permetta di darle un piccolo esempio, LuAnn. — Consultò l’orologio e accese il televisore con il telecomando. — Esattamente tra sessanta secondi si terrà l’estrazione giornaliera della Lotteria Nazionale. Si tratta di un montepremi di LuAnn guardò lo schermo. Era la sala della Lotteria Nazionale, il quartier generale a New York. I meccanismi con le palline numerate stavano per essere messi in moto per l’estrazione. — La serie vincente — Jackson tolse di tasca un foglietto di carta e una penna, scrisse una combinazione di numeri e le porse il foglietto — è 8-4-7-11-9-6. Esattamente in quest’ordine. LuAnn quasi gli rise in faccia, mentre i numeri venivano selezionati e la combinazione vincente cominciava a formarsi. Primo estratto: 8. LuAnn si bloccò. 4-7-11-9-6. Impossibile! LuAnn seguitava a passare con lo sguardo dallo schermo al foglietto e di nuovo allo schermo. Jackson spense il televisore. — Confido, LuAnn, che i suoi dubbi siano stati dissipati. E parimenti confido che ora lei possa tornare alla mia proposta d’affari. LuAnn si appoggiò con la schiena alla parete. Era pallida come un pezzo di gesso. Un miliardo di termiti invisibili le stava strisciando sotto la pelle, divorandola tutta fino al midollo. Guardò il televisore: nessun videoregistratore. Nessun altro apparecchio più o meno strano in grado di consentirgli di sapere in anticipo quale combinazione sarebbe stata estratta. Non era nient’altro che un televisore, spina infilata nella presa di corrente, cavo d’antenna connesso al muro. — Come ha fatto? — la sua voce era un flebile sussurro, pieno d’incertezza, forse anche di paura. — Come diavolo ha fatto? — Che lei lo sappia, LuAnn, è del tutto irrilevante. Ciò che per contro è assolutamente rilevante — aggiunse Jackson indurendo leggermente la voce — è che lei risponda alla mia domanda. LuAnn sospirò, facendo uno sforzo per ignorare le fameliche termiti. — Vuole sapere se io sono pronta a fare qualcosa di sbagliato… Be’, glielo dico chiaro e tondo: no. Io non sono granché, ma non faccio cose da criminali. — E chi ha mai detto, LuAnn, che questa sia una… — No, cioè… adesso mi viene a dire che un trucco per vincere al lotto è una cosa regolare? A me puzza, amico. Io faccio dei lavori da schifo, d’accordo, ma nessuno mi prende per scema. — In realtà, io ho un’opinione quanto mai elevata del suo livello intellettuale, LuAnn. Ed è per questo che lei si trova qui, oggi. Qualcuno avrà quei cinquanta milioni di dollari. Perché non dovrebbe averli proprio lei? — Perché non è giusto, ecco perché! — Giusto e ingiusto sono concetti relativi. Inoltre, l’ingiusto è tale solo se qualcuno se ne accorge. — — Molto encomiabile, molto nobile — Jackson sospirò. — Ma mi dica: è proprio così sicura di voler spendere il resto della sua vita insieme a Duane Harvey? — Lui ha delle buone qualità. — Davvero? Perché non me ne elenca qualcuna? — Perché non va all’inferno? E invece gliela dico io una bella cosa, Jackson sapeva che anche questo momento sarebbe arrivato. — Così Lisa continuerà a crescere in quella lurida roulotte circondata da rottami arrugginiti e da lattine di birra vuote piene di scarafaggi. Poi la sua bambina crescerà, e se dovesse somigliare alla madre diventerà una bellissima ragazza. Quando arriverà all’adolescenza, i giovanotti di Rikersville verosimilmente svilupperanno un interesse nei suoi confronti, e lei magari abbandonerà la scuola, una cosa tira l’altra e Lisa potrebbe ritrovarsi incinta… e il ciclo riparte daccapo… Come un tempo già successe a sua madre, LuAnn? — Jackson fece una piccola pausa. — E in seguito anche a lei? — aggiunse in tono pacato. Con estrema lentezza LuAnn si voltò verso di lui e lo fissò con occhi dilatati e scintillanti. — È la crudele ineluttabilità di certi cicli dell’esistenza, non trova, LuAnn? Io sto dicendo il vero e lei lo sa bene. Quale futuro Lisa e lei potrete avere con quell’uomo? E se non con lui, con il prossimo Duane Harvey? O quello dopo il prossimo? Vivrete nell’indigenza e nell’indigenza morirete. Prima lei e poi Lisa. Nessuna via d’uscita. È qualcosa di orribilmente ingiusto, è vero, ma non per questo meno certo. Coloro i quali non si sono mai trovati nella sua situazione potrebbero dirle di fare le valigie e di andarsene. Prendere sua figlia e sparire. Ciò che non le dicono è Jackson si passò il dorso della mano sul mento, osservando LuAnn quasi con affetto. — Vada pure da quel suo amico poliziotto, LuAnn, se è questo che davvero vuole. Quando gli agenti arriveranno qui, non tro veranno nient’altro che uno spazio vuoto. E a quel punto, chi mai le crederà, LuAnn? Chi mai crederà all’esistenza di qualcuno in grado di predeterminare l’esito della Lotteria Nazionale degli Stati Uniti? — Un’espressione di condiscendenza affiorò sui lineamenti finti. — E alla fine, LuAnn, che risultato avrà ottenuto? Solamente quello di aver gettato via la grande occasione della sua vita. Svanita nel nulla. Perduta per sempre. — Scosse la testa tristemente. — Per favore, non sia così stupida. Le dita di LuAnn si contrassero intorno alla maniglia del seggiolino. Lisa adesso era agitata, e istintivamente LuAnn la fece oscillare avanti e indietro. — Lei parla di sogni, signor Jackson. Ma io ho i miei di sogni. E sono grandi… Belli grandi. La sua voce era piena di esitazione. Durante tutti quegli anni passati a raschiare il fondo del barile, LuAnn Tyler aveva costruito una robusta armatura intorno a sé. Ma le parole di Jackson, la verità che contenevano, l’avevano penetrata in profondità. — So dei suoi sogni. Così come so che lei è una donna intelligente. La sua linea di condotta in questo nostro incontro non ha fatto altro che rafforzare la mia opinione nei suoi confronti. Lei merita di più, — Come faccio a sapere che non lavora per la polizia? — LuAnn era tornata ad alzare la guardia. — Io, per i soldi, in prigione non ci vado. Ha capito? — LuAnn, lei ha mai sentito parlare di istigazione a delinquere? — Non è quando si fa fare a qualcuno qualcosa di criminale? — Qualcosa del genere. La polizia non può compiere un’azione del genere, neanche per finta, e comunque sarebbe inammissibile come prova a carico in un’aula di tribunale. Inoltre, LuAnn, per quale ragione la polizia dovrebbe prendere in trappola LuAnn si appoggiò alla porta. Sentiva il cuore martellarle nel petto. Jackson si alzò di nuovo. — Mi rendo conto che lei non mi conosce, ma le posso assicurare che prendo i miei affari molto, molto sul serio. — La sua voce continuava a essere calma, eppure piena di autorevolezza. — Io non faccio nulla senza un’ottima ragione. Non sprecherei il suo tempo con qualche scherzo di dubbio gusto. — E con uno sguardo che pareva trapassare LuAnn da parte a parte aggiunse: — Ma, soprattutto, non sprecherei il — Perché proprio io, signor Jackson? Tra tutta la gente di questo mondo balordo… — LuAnn sembrava quasi implorarlo — perché proprio io? — Buona domanda, LuAnn. Peraltro non sono in condizione di poterle rispondere, e in fondo non è così pertinente. — Come fa a sapere che vincerò? Jackson fece un cenno in direzione del televisore. — Credevo che l’estrazione di prima l’avesse convinta, ma sembra che lei continui a dubitare… — Io per adesso dubito di tutto quello che sto sentendo. Mettiamo che io gioco e poi non vinco. E allora? — E allora che cos’ha da perdere, LuAnn? — I due dollari che mi costa il biglietto, ecco cosa! A lei magari non sembrano granché, ma per me sono i biglietti dell’autobus di tutta una settimana! — D’accordo. In tal caso eliminiamo questa intollerabile delusione finanziaria. — Tolse di tasca quattro biglietti da un dollaro e glieli porse. — E aggiungiamo un ritorno dell’investimento pari al cento per cento. — Ma lei… che cosa ci guadagna? — domandò LuAnn tormentando i biglietti con la punta delle dita. — Io non ci credo più alle favolette — aggiunse con uno sguardo di nuovo circospetto. — Un’altra ottima domanda. È vero, io non sono un’associazione filantropica. Ma ottenere una risposta più precisa dipende dalla sua partecipazione al mio… — un sorriso mellifluo tornò ad affiorare sulle labbra di Jackson — chiamiamolo — È lei che mi deve dare una risposta, e — Mi rendo conto, LuAnn, che nella mia proposta è insito un elevato livello di complessità. Per questo le darò un po’ di tempo per pensarci. Jackson scrisse un numero telefonico su un foglietto. — Ma non un tempo indefinito. L’estrazione mensile della Lotteria Nazionale degli Stati Uniti avrà luogo fra quattro giorni. Questo significa che io dovrò avere una sua risposta — Mettiamo che tra due giorni io dico ancora di no — disse LuAnn osservando il pezzo di carta, ma senza prenderlo — che cosa succede dopo? Jackson scrollò le spalle. — Succede che qualcun altro vincerà quei cinquanta milioni di dollari. Qualcun altro che, posso garantirglielo, si guarderà bene dallo sprecare tempo ed energie con un complesso di colpa. — Jackson le sorrise in modo conciliante. — Mi creda, LuAnn, quando le dico che tanta gente, là fuori, ma proprio Jackson le mise d’autorità il foglietto nella palma della mano, e le fece chiudere le dita intorno. — Si ricordi bene, LuAnn, alle dieci e un minuto — e per un momento la sua voce si abbassò a un tono di minaccia — l’offerta sarà scaduta. Infine aprì la porta dell’ufficio con formale cortesia, osservando Lisa nel suo seggiolino. La piccina rispose al suo sguardo, con grandi occhi pieni di interesse e di innocente stupore. — La sua bambina le somiglia molto, LuAnn. — Il suo sorriso mellifluo riapparve. — Mi auguro che le somigli anche in capacità intellettuali. LuAnn lo fissò dritto negli occhi. — Perché una vocina continua a dirmi che lei non si chiama Jackson? — Grazie per essere venuta, LuAnn. Nemmeno a questa domanda LuAnn avrebbe avuto una risposta. Lo sapevano entrambi. — Le auguro una buona giornata. LuAnn varcò la soglia e uscì da quel cubicolo pieno di angoli in penombra. — Spero ardentemente di risentirla presto, LuAnn. Sono il primo a volere che accadano cose buone a gente perbene. Lentamente, l’uomo che si faceva chiamare Jackson cominciò a chiudere la porta. — Lei no? |
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