"La torre proibita" - читать интересную книгу автора (Bradley Marion Zimmer)

CAPITOLO QUINTO

Quel mattino, Damon venne ad aiutare Dom Esteban a sistemarsi sulla sedia a rotelle che era stata costruita apposta per lui. — Così potrai assistere alle nozze stando seduto, e non disteso come un invalido su un letto.

— Mi dà un’impressione strana, stare di nuovo diritto — disse il vecchio, sostenendosi con entrambe le mani. — Ho le vertigini come se fossi già ubriaco.

— Sei rimasto sdraiato troppo a lungo. Ti abituerai presto.

— Be’, è meglio star seduti piuttosto che appoggiati ai cuscini come una donna dopo il parto! E almeno le gambe le ho ancora, anche se non me le sento.

— Lei hai ancora — gli assicurò Damon. — E con qualcuno che spinga la sedia, potrai girare quanto vorrai, al pianterreno.

— Sarà un sollievo — disse Esteban. — Sono stanco di guardare il soffitto. La prossima primavera farò venire qui gli uomini e dirò di sistemarmi qualche stanza al pianoterra. Voi due — aggiunse, indicando a Andrew di accostarsi, — potrete prendere gli appartamenti che vorrete, al piano di sopra, per voi e per le vostre mogli.

— Sei molto generoso, suocero — disse Damon; ma il vecchio scosse la testa.

— Per niente. Ormai, non mi servirebbe più una camera che non fosse al pianterreno. Vi consiglio di andarvi a scegliere le stanze ora: lasciate il mio vecchio appartamento per Domenic, quando prenderà moglie; ma potete scegliere fra tutti gli altri. Se lo fate subito, le donne potranno trasferirsi appena sarete sposati. — E aggiunse, ridendo: — E mentre voi provvedete, io mi farò portare in giro da Dezi e mi riabituerò alla vista di casa mia. Ti ho già ringraziato, Damon, per questo?

Quando salirono al piano di sopra, Damon e Andrew cercarono Leonie. Damon le disse: — Desideravo chiederti una cosa, lontano dai suoi orecchi. Capisco abbastanza per sapere che Dom Esteban non potrà più camminare. Ma a parte questo, come ti sembra?

— Lontano dai suoi orecchi! — La Custode rise, fiaccamente. — Lui ha il laran, Damon: sa tutto, anche se forse, saggiamente, rifiuta di comprendere quanto significherà per lui. La ferita si è rimarginata da tempo, certo, e i reni non sono menomati. Ma il cervello non è più in comunicazione con le gambe e i piedi. Conserva un certo controllo sulle funzioni fisiologiche; ma senza dubbio, col passare del tempo, quando la parte inferiore del corpo si atrofizzerà, perderà anche quello. Il pericolo più grave è rappresentato dalle piaghe da decubito. Devi assicurarti che i servitori lo girino a intervalli di poche ore, perché, siccome non c’è la sensibilità, non sentirà neppure il dolore, e non saprà se una piega della stoffa, o qualcosa del genere, esercita una pressione sul suo corpo. Quasi tutti quelli che sono paralizzati muoiono quando tali piaghe s’infettano. Il processo si può ritardare, se gli arti sono mantenuti elastici con i massaggi, ma prima o poi i muscoli si atrofizzeranno.

Damon scosse la testa, sgomento. — E lui lo sa?

— Lo sa. Ma la sua volontà di vivere è forte: finché c’è quella, potrai farlo vivere decentemente. Per qualche tempo. Forse per anni. Poi… — Una lieve scrollata di spalle, con aria di rassegnazione. — Forse troverà una nuova volontà di vivere se avrà intorno dei nipoti. Ma è sempre stato un uomo attivo e orgoglioso. Non si rassegnerà facilmente all’inattività e all’impotenza.

Andrew disse: — Avrò bisogno del suo aiuto e del suo consiglio, per mandare avanti la tenuta. Ho cercato di arrangiarmi senza disturbarlo…

— Se me lo permetti, questo è un errore — osservò gentilmente Leonie. — È bene fargli sapere che c’è bisogno della sua competenza. Chiedigli consiglio più spesso che puoi.

Era la prima volta che Leonie si rivolgeva direttamente a lui, e il terrestre la fissò stupito. Possedeva una telepatia rudimentale, e gli bastava per capire che Leonie era a disagio davanti a lui: e lo turbava sentire che c’era qualcosa di più, adesso. Quando lei se ne fu andata, chiese a Damon: — Non ha simpatia per me, vero?

— Non credo che si tratti di questo. Si sentirebbe a disagio comunque, di fronte all’uomo cui deve dare in sposa Callista.

— Be’, non posso darle torto se pensa che non sono degno di Callista: non credo che esista un uomo che lo sia. Ma poiché Callista la pensa diversamente…

Damon rise. — Credo che nessun uomo, il giorno delle nozze, si senta degno della sua sposa. Io devo rammentarmi continuamente che Ellemir ha acconsentito a sposarmi! Vieni, dobbiamo trovare gli alloggi per le nostre mogli.

— Non dovrebbe spettare a loro, la scelta?

Damon ricordò che Andrew non conosceva le loro consuetudini. — No: è tradizione che sia l’uomo a provvedere una casa per la moglie. Per pura cortesia, Dom Esteban ci offre la possibilità di trovarla e di prepararla prima del matrimonio.

— Ma loro conoscono la casa…

— Anch’io — replicò Damon. — Ho trascorso qui gran parte della mia adolescenza. Il figlio maggiore di Dom Esteban e io eravamo bredin, amici giurati. Ma tu non hai parenti nella zona terrestre, o servi giurati, che attendano il tuo ritorno?

— Nessuno. I servitori sono un ricordo del passato: nessun uomo deve servirne un altro.

— Tuttavia, dovremo assegnartene qualcuno. Se devi dirigere la tenuta per conto del nostro parente — (Damon usò la parola che solitamente veniva tradotta come «zio») — non avrai tempo di occuparti dei dettagli della vita normale, e non possiamo pretendere che le donne provvedano da sole a pulire e rammendare. E noi non abbiamo macchine, come le avete voi nella zona terrestre.

— Perché?

— Non abbiamo molti metalli. Del resto, perché dovremmo rendere inutili le vite degli altri, impedendo loro di guadagnarsi la zuppa e la carne con l’onesto lavoro? Oppure pensi davvero che saremmo tutti più felici se costruissimo macchine e ce le vendessimo l’uno all’altro, come fate voi? — Damon aprì una porta del corridoio. — Queste stanze non sono più state usate da quando la madre di Ellemir è morta e Dorian si è sposata. Sembrano in buono stato.

Andrew lo seguì nel grande soggiorno centrale dell’appartamento, continuando a pensare alla domanda di Damon. — Mi è stato insegnato che è degradante, per un uomo, servirne un altro: degradante per il servitore… e per il padrone.

— Per me sarebbe più degradante passare la vita al servizio di qualche macchina. E se possiedi una macchina, a tua volta ne sei posseduto, e passi il tuo tempo a servirla. — Damon pensò al proprio rapporto con la matrice, a quello di tutti i tecnici psi di Darkover… per non parlare delle Custodi.

Aprì tutte le porte della sala. — Guarda, da ogni lato del soggiorno centrale c’è un appartamento completo: camera da letto, salotto e bagno, stanzette per le ancelle delle donne (quando le sceglieranno), spogliatoi e così via. Le donne vorranno stare vicine, ma così avremo anche l’intimità quando lo desidereremo; e accanto ci sono altre stanzette, se un giorno ne avremo bisogno per i nostri figli. A te va bene? Lo spazio era assai più ampio di quello che una giovane coppia si sarebbe vista assegnare negli alloggi terrestri del personale sposato. Andrew accettò, e Damon chiese: — Vuoi l’appartamento di destra o quello di sinistra?

— Per me è lo stesso. Tiriamo a sorte lanciando una moneta?

Damon rise di cuore. — Anche voi avete questa usanza? Ma se per te è lo stesso, noi prenderemo l’appartamento di sinistra. Ellemir, ho notato, si alza sempre all’alba, e Callista ama dormire fino a tardi, quando può. Forse sarebbe meglio se la vostra camera da letto non fosse esposta al sole del mattino.

Andrew arrossì di un gradevole imbarazzo. L’aveva notato, ma non ci aveva pensato tanto da immaginare le mattine in cui si sarebbe svegliato accanto a Callista. Damon sorrise, amichevolmente.

— Mancano solo poche ore alle nozze, lo sai. E tu e io saremo fratelli; anche questo è piacevole. Ma è triste, comunque, che tu non abbia parenti o amici a! tuo matrimonio.

— Non ho amici, su questo pianeta. E non ho parenti vivi, in nessun posto.

Damon sbatté le palpebre, sbigottito. — Sei venuto qui senza famiglia, senza amici?

Andrew scrollò le spalle. — Sono cresciuto sulla Terra: un allevamento di cavalli, in un posto chiamato Arizona. Quando avevo diciotto anni, mio padre è morto e l’allevamento è stato venduto per pagare i debiti. Mia madre non è vissuta molto più a lungo, e io sono andato nello spazio come funzionario civile: e un funzionario civile deve servire dove lo mandano, più o meno. Poi sono finito qui, e il resto lo sai.

— Credevo che non ci fossero servitori, tra voi — disse Damon, e Andrew cercò di spiegargli la differenza tra il servizio civile e la servitù. Damon ascoltò con aria scettica, e infine osservò: — Un servitore dei computer e delle pratiche! Credo che io preferirei essere uno stalliere o un cuoco!

— Non ci sono padroni crudeli che sfruttano i servitori?

Damon scrollò le spalle. — Senza dubbio, così come certi uomini maltrattano i cavalli da sella e li ammazzano a furia di frustate. Però un uomo capace di ragionare può capire, un giorno, di aver sbagliato, e nella peggiore delle ipotesi gli altri possono fermarlo. Ma non c’è modo d’insegnare la saggezza a una macchina.

Andrew sorrise. — Sai? Hai ragione tu. Noi abbiamo un detto: non puoi lottare con un computer, ha ragione anche quando ha torto.

— Chiedi al maggiordomo di Dom Esteban o alla levatrice della tenuta, Ferrika, se si sentono maltrattati o sfruttati — disse Damon. — Sei telepate quanto basta per capire se ti dicono la verità. E allora, forse, ti deciderai a permettere a qualche uomo di guadagnarsi onorevolmente il salario al tuo servizio.

Andrew scrollò le spalle. — Lo farò, senza dubbio. Noi abbiamo un detto: quando sei a Roma, comportati come i romani. Roma, credo, era una città della Terra. È rimasta distrutta da una guerra o da un terremoto, molti secoli fa, e resta solo il proverbio…

Damon disse: — Anche noi ne abbiamo uno simile: non cercare di comprar pesce nelle Città Aride. — Si aggirò nella stanza che aveva scelto per sé e Ellemir. — Questi tendaggi non vengono arieggiati dai tempi di Regis IV! Dirò al maggiordomo di cambiarli. — Tirò il cordone di un campanello, e quando il maggiordomo si presentò gli diede gli ordini.

— Provvederemo prima di sera, mio signore, così voi e le vostre consorti potrete trasferirvi qui quando vorrete. E… nobile Damon, sono stato incaricato di farti sapere che tuo fratello, il nobile Serrais, è venuto ad assistere al tuo matrimonio.

— Molto bene, grazie. Se riesci a trovare dama Ellemir, pregala di venire qui ad approvare la nostra scelta — disse Damon. Quando il servitore fu uscito, fece una smorfia.

— Mio fratello Lorenz! La sua premura per le mie nozze, sospetto, potrebbe essermi gettata negli occhi senza farmi neanche un po’ di male! Avevo sperato che venisse almeno mio fratello Kieran, o mia sorella Marisela: ma immagino che dovrei sentirmi onorato e andare a esprimere la mia gratitudine a Lorenz.

— Hai molti fratelli?

— Cinque. E tre sorelle. Io ero il minore dei maschi, e mio padre e mia madre avevano già troppi figli, quando sono nato. Lorenz… — Damon scrollò le spalle. — Per lui sarà un sollievo, immagino, che mia moglie sia di famiglia così altolocata da evitargli di dover mercanteggiare sulla parte di patrimonio spettante a un fratello cadetto. Io non sono ricco, ma non ho mai desiderato grandi ricchezze; e io e Ellemir avremo quanto basta per le nostre esigenze. Io e mio fratello Lorenz non siamo mai andati molto d’accordo. Kieran ha solo tre anni più di me: io e Kieran siamo bredin. Tra me e Marisela c’è solo un anno di differenza, e abbiamo avuto la stessa madre adottiva. Quanto agli altri fratelli e alle altre sorelle, siamo abbastanza civili quando ci incontriamo per la stagione del Consiglio, ma credo che nessuno di noi soffrirebbe troppo se non ci vedessimo mai. La mia casa è sempre stata questa. Mia madre era un’Alton, e io sono cresciuto qui vicino, e il figlio maggiore di Dom Esteban è venuto con me nei Cadetti. Abbiamo fatto il giuramento dei bredin. — Era la seconda volta che usava quella parola, la forma intima o familiare per «fratelli». Sospirò, e per un momento guardò nel vuoto.

— Eri un Cadetto?

— Molto mediocre — rispose Damon. — Ma nessun figlio di Comyn può evitare di diventarlo, se ha due gambe solide e non è cieco. Coryn era come tutti gli Alton: un militare nato, un vero ufficiale. Io ero diverso. — E rise. — Nel corpo dei Cadetti, c’è una battuta su un tale con due piedi destri e dieci pollici. Io ero così.

— Impacciato, eh?

Damon annuì. — Corvée di punizione undici volte ogni dieci giorni. Io sono destro, vedi. La mia madre adottiva, che era anche la levatrice della mia vera madre, diceva sempre che io ero nato capovolto e che da allora avevo sempre continuato allo stesso modo.

Andrew, che era nato mancino in una società dove prevaleva il destrismo, e che soltanto su Darkover aveva trovato le cose sistemate in modo da avere senso per lui, dalle posate agli attrezzi da giardinaggio, disse: — Posso capirti benissimo.

— Sono anche un po’ miope, e questo non mi era di grande utilità, anche se mi ha aiutato a imparare a leggere. Nessuno dei miei fratelli è un abile scrivano: non sanno fare molto più che decifrare un cartello o scarabocchiare il loro nome su un documento. Ma io mi ci sono buttato come un matto, e una volta terminato il servizio nei Cadetti sono andato a Nevarsin e vi ho trascorso un paio d’anni, imparando a leggere e a scrivere e a disegnare carte topografiche e cose del genere. E allora Lorenz si è convinto che non sarei mai diventato un uomo. Quando mi hanno accettato ad Arilinn, la cosa non ha fatto altro che confermare la sua certezza: «mezzo monaco, mezzo eunuco», diceva. — Damon tacque, con un’espressione disgustata; poi aggiunse: — Nonostante questo, non è stato molto soddisfatto quando mi hanno mandato via dalla Torre, qualche anno fa. In memoria di Coryn (Coryn era morto, nel frattempo, ucciso da una caduta in montagna), Dom Esteban mi ha accettato nelle Guardie. Comunque non sono mai stato un vero soldato: ufficiale ospitaliero, maestro dei Cadetti per un anno o due. — Scrollò le spalle. — Questa è tutta la mia vita, e adesso basta con l’argomento. Senti, stanno arrivando le donne: possiamo far vedere gli appartamenti alle nostre mogli, prima che io sia costretto a scendere e a mostrarmi gentile con Lorenz.

Con sollievo, Andrew vide la sua espressione di solitudine e d’introspezione svanire all’ingresso di Ellemir e Callista.

— Vieni, Ellemir, guarda le stanze che ho scelto per noi.

Damon condusse Ellemir oltre una porta in fondo, e Andrew udì — o piuttosto percepì — che la stava baciando. Callista li seguì con gli occhi e sorrise. — Mi fa piacere vederli così felici.

— E sei felice anche tu, amor mio?

— Io ti amo, Andrew. Non mi è tanto facile rallegrarmi. Forse sono un po’ meno spensierata per natura. Su, mostrami quelle che saranno le nostre stanze.

Callista approvò quasi tutto, ma di cinque o sei mobili disse che erano così vecchi da risultare pericolanti: chiamò un maggiordomo e gli ordinò di farli portar via. Poi chiamò le ancelle e impartì istruzioni sulla roba che dovevano andare a prelevare nel magazzino della biancheria da letto e da bagno, e ne mandò una a prendere i suoi abiti e a riporli negli enormi armadi dello spogliatoio. Andrew ascoltò in silenzio, e infine disse: — Sei una straordinaria padrona di casa, Callista.

La risata di lei era piena di gioia. — Tutta scena. Ho ascoltato Ellemir, ecco, perché non voglio sembrare ignorante di fronte ai suoi servitori. Me ne intendo pochissimo, di queste cose. Mi hanno insegnato a cucire perché le mie mani non dovevano mai stare in ozio, ma quando guardo Ellemir nelle cucine mi rendo conto che in fatto di governo della casa ne so meno di una ragazzina di dieci anni.

— Anch’io mi sento come te — confessò Andrew. — Tutto quello che ho imparato nella zona terrestre, ormai non mi serve più.

— Però sai addestrare i cavalli…

Andrew rise. — Sì, e nella zona terrestre era considerato un anacronismo, una specializzazione inutile. Quand’ero ragazzo, prendevo i cavalli da sella di mio padre e li domavo; ma quando ho lasciato l’Arizona pensavo che non avrei più cavalcato.

— Sulla Terra vanno tutti a piedi, allora?

Lui scosse la testa. — Veicoli a motore. Marciapiedi mobili. I cavalli erano un lusso per i ricchi eccentrici. — Andò alla finestra e guardò il paesaggio illuminato dal sole. — È strano, che fra tutti i mondi conosciuti dell’impero terrestre io sia capitato proprio qui. — Un leggero brivido lo scosse al pensiero che gli sarebbe stato facile lasciarsi sfuggire quello che adesso gli sembrava il suo destino, la sua vita, il vero scopo per il quale era nato. Desiderava disperatamente prendere Callista tra le braccia: ma, come se il suo pensiero fosse arrivato fino a lei, la vide sbiancare, diventare tesa. Sospirò e si scostò di un passo.

Callista disse, come completando un pensiero che non le interessava più: — Il nostro addetto ai cavalli è già vecchio, e adesso che mio padre non può più occuparsene, forse toccherà a te insegnare ai più giovani. — Poi s’interruppe e alzò il volto verso di lui, torcendo fra le dita l’estremità di una lunga treccia.

— Voglio parlarti — disse all’improvviso.

Andrew non aveva mai capito bene se lei aveva gli occhi azzurri o grigi: sembravano cambiare con la luce, e adesso erano quasi incolori. — Andrew, sarà troppo doloroso per te? Dividere una stanza quando non possiamo ancora… dividere il letto?

Andrew era già stato avvertito di questo la prima volta che avevano parlato di matrimonio: sapeva che lei era stata condizionata tanto profondamente che forse sarebbe trascorso molto tempo prima della consumazione del matrimonio. E allora le aveva promesso, senza che Callista gli chiedesse nulla, che avrebbe atteso finché fosse stato necessario, che non avrebbe cercato d’insistere. Ora, sfiorandole delicatamente la punta delle dita, mormorò: — Non preoccuparti, Callista. Te l’ho già promesso.

Un lieve rossore le invase lentamente le pallide guance. — Mi è stato insegnato che è… vergognoso suscitare un desiderio se non lo si può soddisfare. Tuttavia, se resterò lontana da te e non lo susciterò, cosicché i tuoi pensieri non possano influire su di me, allora forse le cose non cambieranno mai. Se restiamo insieme, allora (forse a poco a poco) tutto sarà diverso. Ma per te sarà doloroso, Andrew. — La faccia le si contrasse. — Non voglio che tu sia infelice.

Una volta — una volta soltanto, e con grande fatica, brevemente — lui ne aveva parlato con Leonie. Adesso, mentre guardava Callista, quel breve colloquio, difficile per entrambi, gli ritornò alla mente come se lui fosse stato di nuovo davanti alla leronis. Lei l’aveva avvicinato nel cortile, dicendogli con voce pacata: — Guardami, terrestre. — Andrew aveva alzato gli occhi, incapace di resistere. Leonie era così alta che i loro occhi erano allo stesso livello. Lei aveva detto, a voce bassa: — Voglio vedere a quale tipo di uomo sto dando la figlia che mi è cara. — I loro occhi si erano incontrati, e per un lungo istante Andrew Carr aveva avuto la sensazione che ogni pensiero della sua vita venisse messo sossopra ed esaminato da quella donna, come se in quell’unica occhiata, neppure lunga, lei avesse estratto la sua essenza interiore e l’avesse lasciata allo scoperto, fredda e tremante. Infine (non era durato più di un paio di secondi, ma gli era sembrata un’eternità) Leonie, sospirando, aveva detto: — Così sia. Sei onesto e buono e benintenzionato: ma hai un’idea di ciò che significa la preparazione di una Custode, e di quanto sarà difficile a Callista rinunciarvi?

Andrew avrebbe voluto protestare, ma si era limitato a scuotere la testa e a rispondere, umilmente: — Come posso saperlo? Ma cercherò di renderglielo più facile.

Leonie aveva esalato un sospiro che sembrava provenire dal più profondo del suo essere. Poi aveva detto: — Non puoi fare nulla, su questo mondo o su qualunque altro, per renderglielo più facile. Se sarai paziente e cauto (e fortunato), forse lo renderai possibile. Non voglio che Callista soffra. Eppure, nella scelta che ha compiuto ci sarà molta sofferenza. È giovane, ma non tanto da poter abbandonare il suo addestramento senza angoscia. L’addestramento che forma una Custode è lungo: non si può annullare in breve tempo.

Andrew aveva mormorato «Lo so…», e Leonie aveva sospirato ancora. — Lo sai? Me lo chiedo. Non si tratta solo di rimandare la consumazione del matrimonio per giorni, o forse per intere stagioni: questo sarà solo l’inizio. Lei ti ama, e desidera il tuo amore…

— Saprò pazientare fino a quando lei sarà pronta — aveva giurato Andrew: ma Leonie aveva scosso di nuovo la testa, dicendo: — Forse la pazienza non sarà sufficiente. Ciò che Callista ha appreso non può essere disimparato. Tu non vuoi sapere molto, a questo riguardo. Forse è meglio per te non saperlo.

Lui aveva protestato di nuovo: — Cercherò di renderglielo più facile. — E ancora una volta Leonie aveva scosso la testa, sospirando, e aveva ripetuto: — Non puoi far nulla per renderglielo più facile. I pulcini non possono ritornare nell’uovo. Callista soffrirà, e temo che tu soffrirai con lei; ma se sarai… se sarete fortunati, forse le darai una possibilità di ritornare sui suoi passi. Non sarà facile. Ma è possibile.

Allora Andrew aveva finito col prorompere, indignato: — Ma come potete fare una cosa simile a quelle bambine? Come potete distruggere così la loro vita? — Leonie non aveva risposto; aveva abbassato la testa e si era allontanata in silenzio. Quando Andrew aveva sbattuto le palpebre, lei se n’era già andata, rapida come un’ombra; e lui aveva cominciato a dubitare della propria lucidità, a chiedersi se lei era venuta lì davvero o se erano stati i suoi dubbi e le sue paure a creare un’allucinazione.

Callista, che ora gli stava davanti nella stanza destinata a loro dall’indomani, alzò di nuovo gli occhi, lentamente. Disse, in un sussurro: — Non sapevo che Leonie ti avesse avvicinato in quel modo. — E Andrew la vide stringere le mani, così convulsamente che le nocche spiccarono bianche come l’avorio. Poi lei disse, distogliendo lo sguardo: — Andrew, promettimi una cosa.

— Qualunque cosa, amor mio.

— Promettimi. Se mai… desidererai una donna, promettimi che la prenderai e non soffrirai inutilmente…

Andrew esplose: — Che uomo credi che io sia? Ti amo! Perché dovrei desiderare un’altra?

— Non posso pretendere… Non è né giusto né naturale…

— Ascoltami, Callista. — La voce di Andrew era gentile. — Ho vissuto molto tempo senza donne. Non mi risulta che mi abbia fatto molto male. Qualcuna, qua e là, mentre giravo tutto solo per l’impero. Niente di serio.

Callista abbassò lo sguardo sulla punta dei sandaletti di cuoio tinto. — È diverso. Uomini soli che vivono lontani dalle donne. Ma qui vivrai con me, dormirai nella stessa camera, mi sarai sempre vicino e saprai… — Non trovò più parole. Andrew avrebbe voluto prenderla tra le braccia e baciarla fino a farle perdere quell’espressione rigida e distaccata. Le posò le mani sulle spalle, ma la sentì tendersi al contatto e lasciò ricadere le braccia lungo i fianchi. Maledetti coloro che erano capaci d’imprimere simili riflessi patologici in una ragazza! Ma anche senza quel contatto sentiva l’angoscia di lei, l’angoscia e il senso di colpa. Callista disse, a bassa voce: — Non hai trovato una buona moglie.

Lui replicò, gentilmente: — Ho la moglie che voglio.

Entrarono Damon e Ellemir. Lei aveva i capelli scompigliati e gli occhi ardenti: aveva quello sguardo vitreo che Andrew associava a una donna eccitata. Per la prima volta da quando aveva incontrato le gemelle vide Ellemir come donna, non soltanto come la sorella di Callista, e la trovò attraente. O forse, per un momento, aveva visto in lei ciò che magari Callista poteva essere in futuro? Provò un fremito di rimorso. Era la sorella della sua promessa sposa, entro qualche ora sarebbe diventata la moglie del suo miglior amico, e fra tutte le donne era l’unica che lui non doveva guardare con desiderio. Distolse gli occhi, mentre Ellemir si riprendeva ritornando lentamente normale.

Lei disse: — Callie, dobbiamo far portare tende nuove: queste non vengono lavate o arieggiate fin da… — Cercò un’analogia. — Fin dai tempi di Regis IV. — Andrew comprese che era in stretto contatto telepatico con Damon, e sorrise tra sé.


Poco prima di mezzogiorno uno scalpitio di zoccoli risuonò nel cortile, e ci fu come un piccolo uragano: cavalieri, suoni, grida, rumori. Callista rise. — È Domenic: nessun altro arriva mai con tanta furia!

— Condusse Andrew nel cortile. Domenic Lanart, erede del dominio di Alton, era un ragazzo alto e sottile, con i capelli rossi e le lentiggini, in sella a un enorme stallone grigio. Buttò le redini a uno stalliere, balzò a terra, afferrò Ellemir e l’abbracciò con esuberanza; poi abbracciò anche Damon.

— Due matrimoni in una sola volta! — esclamò, trascinandoli con sé su per la scalinata. — Hai tirato in lungo il corteggiamento, Damon. Lo sapevo fin dall’anno scorso, che la volevi: perché è stata necessaria una guerra per spingerti a chiedere la sua mano? Elli, ma lo vuoi proprio un marito cosi riluttante? — Girò la testa, li baciò uno dopo l’altro, poi si staccò e si rivolse a Callista.

— E per te, un innamorato abbastanza insistente da indurti a lasciare la Torre! Sono ansioso di conoscere questo prodigio, breda. — Ma la sua voce si era addolcita; e quando Callista lo presentò ad Andrew, il giovane si inchinò. Nonostante la chiassosa esuberanza e l’ilarità fanciullesca, aveva i modi di un principe. Le sue mani erano piccole e tozze, callose come quelle di uno spadaccino.

— Dunque tu sposi Callista? Immagino che a quella folla di vecchie dame e di parrucconi del Consiglio non piacerà: ma era tempo, che avessimo un po’ di sangue nuovo in famiglia. — Si alzò in punta di piedi (Callista era alta, e Domenic — pensò Andrew — non aveva ancora finito di crescere) e le sfiorò lievemente la guancia con le labbra.

— Sii felice, sorella. Che Avarra abbia misericordia! La meriti, se osi sposarti così, senza l’autorizzazione del Consiglio e le catenas.

— Catenas — disse lei, sprezzante. — Avrei preferito sposare uno delle Città Aride e portare davvero le catene!

— Buon per te, sorella. — Domenic si rivolse a Andrew, mentre entravano nella sala. — Nel suo messaggio, mio padre ha detto che eri terrestre. Ho parlato con alcuni dei tuoi, a Thendara. Mi sembrano brave persone, ma pigre. Dèi santissimi, hanno macchine per tutto: per camminare, per sollevarsi da un piano all’altro di un edificio, per portare il cibo in tavola. Dimmi, Andrew, hanno anche macchine per pulirsi? — Proruppe in una risata fanciullesca, mentre le ragazze ridacchiavano.

Domenic si rivolse a Damon. — Dunque non tornerai nella Guardia, cugino? Sei il solo maestro dei Cadetti accettabile che abbiamo avuto in molti secoli. Adesso ci sta provando il giovane Danvan Hastur, ma non funziona. I ragazzi hanno troppa soggezione di lui, e d’altronde è troppo giovane. Ci vorrebbe un uomo fatto. Hai qualche proposta?

— Provate con mio fratello Kieran — disse Damon, sorridendo. — A lui, la vita militare piace più che a me.

— Però eri un ottimo maestro dei Cadetti — replicò Domenic. — Mi piacerebbe che tornassi, anche se immagino che fare da governante a un branco di ragazzini non sia un lavoro da uomini.

Damon scrollò le spalle. — Ero lieto di avere la loro simpatia, ma non sono un soldato: e un maestro dei Cadetti dovrebbe essere capace di ispirare ai suoi allievi l’amore per quel genere di vita.

— Non troppo amore, comunque — disse Dom Esteban, che aveva ascoltato con interesse mentre si avvicinavano. — Altrimenti li indurirà troppo e li trasformerà in bruti, non in uomini. Finalmente sei arrivato, Domenic, ragazzo mio.

Il giovane rise. — Oh, no, padre: me la sto ancora spassando in una taverna di Thendara. Quello che vedi qui è il mio spettro. — Poi la gaiezza svanì dal suo volto quando vide il padre, magro, grigio, con le gambe immobilizzate e coperte da un manto di pelli di lupo. Cadde in ginocchio accanto alla sedia a rotelle. Disse, con voce spezzata: — Padre, oh padre, sarei venuto in qualunque momento se tu mi avessi fatto chiamare, davvero…

Il nobile Alton gli posò le mani sulle spalle. — Lo so, caro figliolo: ma il tuo posto è a Thendara, perché non posso andarci io. Eppure vederti mi rallegra più di quanto so dirti.

— Anch’io sono felice di rivederti — disse Domenic, rialzandosi. — È un sollievo vedere che stai bene e hai il morale così alto. Le notizie arrivate a Thendara dicevano che eri in punto di morte, o addirittura morto e sepolto!

— Non siamo a questo punto — replicò Dom Esteban, ridendo. — Vieni a sederti vicino a me, e raccontami cosa succede nella sede delle Guardie e al Consiglio. — Era facile capire, pensò Andrew, che quel ragazzo gioviale era la luce degli occhi di suo padre.

— Lo farò, padre, e con piacere; ma questa è una festa nuziale, e siamo qui per divertirci, e quello che avrei da raccontare non sarebbe molto allegro. Il principe Aran Elhalyn pensa che io sia troppo giovane per avere il comando delle Guardie, anche se tu sei qui ad Armida, ammalato, e lo ripete giorno e notte all’orecchio di Hastur. E Lorenz di Serrais… Perdonami, Damon, se parlo male di tuo fratello…

Damon scosse la testa. — Mio fratello e io non siamo in rapporti idilliaci, Domenic: di’ pure quello che vuoi.

— Lorenz, quel maledetto volpone tortuoso, e il vecchio Gabriel di Ardais, che vuole la carica per quel prepotente incapace di suo figlio, non fanno altro che ripetere lo stesso ritornello: sono troppo giovane per comandare le Guardie. Stanno intorno ad Aran giorno e notte, con adulazioni e doni che hanno quasi l’aria di tentativi di corruzione, per convincerlo a nominare comandante uno dei due, mentre tu sei qui ad Armida. Tornerai prima della festa del solstizio d’estate, padre?

Un’ombra passò sul volto dell’invalido. — Sarà come vorranno gli dèi, figlio mio. Credi che le Guardie accetterebbero di farsi comandare da un uomo inchiodato su una sedia, con le gambe più inutili delle pinne di un pesce?

— Meglio un comandante zoppo di un comandante che non sia un Alton — disse Domenic, con uno scatto d’orgoglio. — Io potrei agire in tuo nome e provvedere a tutto, purché tu fossi , a comandare come hanno fatto gli Alton per tante generazioni.

Suo padre gli strinse forte le mani. — Vedremo, figlio mio. Vedremo cos’accadrà. — Ma quel pensiero, notò Damon, era bastato ad accendere nel nobile Alton una speranza, una decisione improvvisa. Sarebbe stato davvero capace di comandare di nuovo le Guardie da una sedia a rotelle, con Domenic al fianco?

— Purtroppo adesso non abbiamo una dama Bruna nella nostra famiglia — disse allegramente il ragazzo. — Senti, Callista, saresti disposta a impugnare la spada come ha fatto Bruna e a comandare le Guardie?

Callista rise, scuotendo la testa. Damon disse: — Non conosco quella storia. — Domenic la ripeté, sorridendo. — È una cosa di molte generazioni fa, non so quante: ma nei registri dei comandanti sta scritto che dama Bruna Levnier, quando suo fratello (che era il nobile Alton di allora) è rimasto ucciso, lasciando un figlio di appena nove anni, ha preso la madre del ragazzo in matrimonio libero, per proteggerla, come alle donne è consentito fare, e ha comandato le Guardie fino a quando l’erede ha raggiunto l’età per prendere il suo posto. E negli annali delle Guardie è detto anche che è stata un comandante straordinario. Non ti piacerebbe conquistarti la stessa fama, Callista? No? E tu, Ellemir? — Scosse la testa, con finta tristezza, quando le sorelle rifiutarono. — Ahimè, cosa sono diventate le donne del nostro clan? Non sono più quelle di una volta!

Adesso che erano raccolti intorno alla sedia di Dom Esteban, la somiglianza era schiacciante. Domenic era molto simile a Callista e a Ellemir, sebbene avesse i capelli più rossi, i riccioli più ribelli, le lentiggini fitte e dorate anziché lievissime. E Dezi, silenzioso e dimenticato dietro la sedia a rotelle, era come un riflesso sbiadito di Domenic. Domenic alzò la testa, lo vide, e gli batté amichevolmente la mano sulla spalla.

— Dunque sei qui, cugino? Sapevo che avevi lasciato la Torre. Non ti do torto. Io ci ho passato quaranta giorni, qualche anno fa, per le prove del laran, e non vedevo l’ora di andarmene! Te ne sei stancato o ti hanno buttato fuori?

Dezi esitò e distolse lo sguardo, e Callista s’intromise. — Alla Torre, comunque, non hai imparato il nostro galateo, Domenic. È una domanda che non si deve mai fare. È una questione che deve rimanere tra un telepate e la sua Custode; e se Dezi non vuole dirlo, è una scorrettezza imperdonabile chiederglielo.

— Oh, scusami — fece Domenic, bonariamente, e soltanto Damon notò l’espressione di sollievo di Dezi. — Ma io non vedevo l’ora di scappar via, e mi domandavo se anche tu la pensavi allo stesso modo. A certi piace. Guarda Callista: ha resistito quasi dieci anni. E tanti altri… Be’, non era vita per me.

Damon, che osservava i due ragazzi, pensò con dolore a Coryn, che a quell’età era stato così simile a Domenic. Gli parve di riassaporare i giorni semidimenticati della sua adolescenza, quando lui, il più goffo dei Cadetti, era stato accettato tra loro grazie alla sua amicizia giurata con Coryn, il quale, come Domenic, era il più simpatico, il più energico e travolgente di tutti.

Quelli erano stati i giorni prima del fallimento, e dell’amore disperato, e dell’umiliazione bruciante… ma, pensò Damon, era stato prima che lui conoscesse Ellemir. Sospirò e le strinse la mano. Domenic, sentendo su di sé lo sguardo di Damon, alzò la testa e sorrise, e Damon si sentì cadere da dosso il peso della solitudine. Aveva Ellemir, e aveva per fratelli Andrew e Domenic. L’isolamento e la solitudine erano finiti per sempre.

Domenic prese amichevolmente il braccio di Dezi. — Sta’ a sentire, cugino: se ti stancassi di ronzare intorno allo sgabello di mio padre, vieni a Thendara. Ti farò avere un grado nel corpo dei Cadetti… Posso farlo, vero padre? — Al cenno indulgente di Dom Esteban, aggiunse: — Hanno sempre bisogno di ragazzi di buona famiglia, e basta guardarti in faccia per capire che sei di sangue Alton, no?

Dezi rispose, senza alzare la voce: — È quello che mi hanno sempre detto. Altrimenti non avrei potuto passare attraverso il Velo, ad Arilinn.

— Be’, nei Cadetti non ha importanza. Parecchi di noi sono bastardi di qualche nobile. — Domenic rise ancora, rumorosamente. — E gli altri sono poveri infelici, figli legittimi di un nobile, che soffrono e sudano per dimostrarsi degni del genitore. Ma io sono sopravvissuto per tre anni, e ci riuscirai anche tu: quindi vieni a Thendara e ti troverò qualcosa. La schiena di chi non ha un fratello è indifesa, dicono; e poiché Valdir è con i monaci a Nevarsin, sarò lieto di averti con me.

Dezi arrossì un poco. Poi disse: — Ti ringrazio, cugino. Resterò qui finché tuo padre avrà bisogno di me. Poi verrò con piacere. — Si voltò in fretta, premuroso, verso Dom Esteban. — Zio, cos’hai? — Il vecchio era impallidito e si era accasciato contro la spalliera della sedia.

— Niente — rispose Dom Esteban, riprendendosi. — Un momento di debolezza. Forse, come dicono tra le colline, una bestia selvatica è passata sul terreno della mia tomba. O forse è soltanto perché è il primo giorno che sto seduto dopo essere rimasto sdraiato per tanto tempo.

— Allora lascia che ti aiuti a tornare a letto: riposerai fino al momento delle nozze — disse Dezi. Domenic replicò: — Ti aiuterò io. — E mentre i due giovani si davano da fare, Damon notò che Ellemir li stava guardando con una strana espressione smarrita.

— Cosa c’è, preciosa?

— Niente, una premonizione, non so — rispose Ellemir, tremando. — Ma quando ha parlato, l’ho visto giacere come morto, qui, a questo tavolo…

Damon rammentò che di tanto in tanto, negli Alton, un lampo di precognizione accompagnava il dono del laran. Aveva sempre sospettato che Ellemir possedesse quella facoltà più di quanto credeva lei stessa. Ma represse l’inquietudine e disse, affettuosamente: — Be’, non è un giovanotto, mia cara, e noi dovremo vivere qui. È logico che un giorno dovremo accompagnarlo all’ultimo riposo. Ma questo non deve turbarti, cara. E adesso, credo, dovrò andare a rendere omaggio a mio fratello Lorenz, visto che ha deciso di onorare le mie nozze con la sua presenza. Credi che riusciremo a evitare che lui e Domenic si azzuffino?

E mentre Ellemir riprendeva a pensare agli ospiti e ai festeggiamenti, il suo pallore si attenuò. Ma Damon avrebbe voluto condividere la sua precognizione. Che visione aveva avuto?


Andrew si guardava intorno, con un senso d’irrealtà, via via che il momento delle nozze si avvicinava. Il matrimonio libero era una semplice dichiarazione davanti a testimoni, e doveva compiersi al termine del pranzo offerto agli ospiti e ai vicini che erano stati invitati ai festeggiamenti. Andrew non aveva parenti o amici, lì; e sebbene quella mancanza non gli pesasse, ora che si avvicinava il momento si accorgeva d’invidiare a Damon perfino la presenza dell’austero Lorenz, che stava al suo fianco per la dichiarazione solenne che avrebbe fatto di Ellemir sua moglie, secondo la legge e la consuetudine. Com’era il proverbio che aveva citato Damon? «La schiena di chi non ha un fratello è indifesa». Ebbene, la sua era indifesa veramente.

Intorno al lungo tavolo nella Grande Sala di Armida, apparecchiato con la tovaglia più bella e con le stoviglie più sontuose, erano radunati tutti gli agricoltori, i piccoli proprietari e i nobili residenti a meno di un giorno di viaggio. Damon era pallido e teso, più bello del solito in un abito di pelle morbida, tinta e riccamente ricamata nei colori del suo dominio. A Andrew, quel verde e quell’arancione apparivano sgargianti. Damon porse la mano a Ellemir, che girò intorno al tavolo per andargli accanto. Era pallida e seria, in una veste verde, con i capelli raccolti in una reticella d’argento. Due ragazze — aveva spiegato a Andrew che erano state sue compagne di giochi, quando lei e Callista erano bambine: una era una nobildonna di una tenuta vicina, l’altra una ragazza del villaggio — vennero a mettersi dietro di lei.

Damon disse con voce ferma: — Amici miei, nobili, gentiluomini e gentildonne, vi abbiamo riuniti per testimoniare il nostro impegno. Siate tutti testimoni che io, Damon Ridenow di Serrais, nato libero e non impegnato con nessuna donna, prendo come libera consorte questa donna, Ellemir Lanart-Alton, col consenso dei suoi parenti. E proclamo che i suoi figli saranno dichiarati miei eredi legittimi e divideranno la mia eredità e il mio patrimonio, grande o piccolo che sia.

Ellemir gli prese la mano. La sua voce sembrava quella di una bambina, nell’enorme sala. — Siate tutti testimoni che io, Ellemir Lanart, prendo Damon Ridenow come libero consorte, col consenso dei nostri parenti.

Ci fu uno scoppio di applausi e risate e congratulazioni e abbracci e baci per la sposa e per lo sposo. Andrew strinse le mani di Damon, ma Damon l’abbracciò, com’era consuetudine, sfiorando con la guancia la guancia dell’amico. Poi Ellemir si strinse per un attimo a lui, alzandosi in punta di piedi, e per un attimo gli posò le labbra sulle labbra. Per un attimo, stordito, Andrew credette di aver ricevuto il bacio che Callista non gli aveva ancora dato, e la sua mente si offuscò. Per quel momento, non seppe quale delle due l’avesse baciato. Poi Ellemir lo guardò ridente e disse, a mezza voce: — È troppo presto perché tu sia ubriaco!

Gli sposi passarono oltre, ricevendo altri baci e abbracci e auguri. Andrew comprese che entro un istante sarebbe toccato a lui pronunciare la dichiarazione: ma sarebbe stato solo.

Domenic si chinò verso di lui e bisbigliò: — Se vuoi ti starò accanto io, come parente. Non farò altro che anticipare di pochi minuti la realtà.

Andrew si sentì commosso da quel gesto; ma esitava ad accettare. — Tu non sai niente di me…

— Oh, tu sei stato scelto da Callista, e questa è una testimonianza sufficiente in tuo favore — disse Domenic, in tono disinvolto. — Conosco mia sorella, dopotutto. — Si alzò con lui, come se la cosa fosse già decisa. — Hai visto la faccia acida di Dom Lorenz? È difficile immaginare che sia il fratello di Damon, no? Non credo che tu abbia visto la donna che ha sposato lui! Credo che invidii a Damon la mia graziosa sorella! — Mentre giravano intorno alla tavola, mormorò: — Puoi usare le stesse parole di Damon, o quelle che ti verranno in mente: non esiste una formula consacrata. Ma lascia a Callista il compito di dichiarare che i vostri figli saranno legittimi. Non per offendere, ma è una cosa che spetta al genitore di rango superiore.

Andrew mormorò un ringraziamento per il consiglio. Ormai era a capotavola, di fronte agli ospiti: era vagamente consapevole di Domenic che gli stava alle spalle, di Dezi all’estremità del tavolo, degli occhi di Callista fissi su di lui. Deglutì, sentendo la propria voce risuonare rauca.

— Io, Ann’dra — (un nome doppio, in darkovano, indicava almeno l’appartenenza alla nobiltà minore, e Andrew non aveva un’ascendenza che quella gente fosse disposta a riconoscere) — dichiaro davanti a voi testimoni che prendo Callista Lanart-Alton come libera consorte, col consenso dei suoi parenti… — Gli sembrava che ci fosse qualcos’altro da aggiungere. Ricordava una setta, sulla Terra, che celebrava i matrimoni in quel modo, davanti a testimoni; e in base a quel vago ricordo parafrasò, traducendo le parole da un’eco nella sua mente:

— La prendo per amarla e curarla, nella buona e nella cattiva sorte, in ricchezza e in povertà, nella salute e nella malattia, finché morte ci separi, e così m’impegno davanti a voi.

Lentamente, Callista girò intorno al tavolo per raggiungerlo. Indossava un abito vaporoso, cremisi ricamato d’oro. Quel colore spegneva i suoi capelli chiari e la faceva apparire più pallida. Andrew aveva sentito dire che quelli erano il colore e l’abito riservati a una Custode. Leonie, dietro di lei, era abbigliata allo stesso modo: aveva l’aria solenne e non sorrideva.

La voce sommessa di Callista era tuttavia quella di un’esperta cantante: sebbene fioca, si udì in tutta la sala. — Io, Callista di Arilinn — (e strinse le dita quasi convulsamente su quelle di lui, mentre pronunciava per l’ultima volta il titolo rituale), — avendo deposto per sempre la mia sacra carica col consenso della mia Custode, prendo quest’uomo, Ann’dra, come libero consorte. Dichiaro inoltre… — (le tremò la voce) — che se gli darò figli, saranno ritenuti legittimi davanti al clan e al Consiglio, per casta e per eredità. — Aggiunse (e Andrew sentì che c’era una sfida in quelle parole): — Siano testimoni gli dèi, e le sacre cose di Hali.

In quel momento, Andrew vide gli occhi di Leonie fissi su di lui. Sembravano colmi di una tristezza incommensurabile, ma lui non aveva il tempo di domandarsene il perché. Chinò la testa, prese le mani di Callista e le sfiorò le labbra. Lei non si ritrasse da quel contatto; ma Andrew sapeva che si era barricata, che non la raggiungeva veramente, che in qualche modo era riuscita a sopportare quel bacio rituale di fronte ai testimoni solo perché sarebbe stato scandaloso se non l’avesse fatto. La desolazione che le leggeva negli occhi lo torturava, ma Callista sorrise e mormorò: — Erano parole molto belle, Andrew. Sono terrestri?

Lui annuì, ma non ebbe tempo di spiegare perché subito furono travolti in un tumulto di abbracci e di rallegramenti, come quello che era stato tributato a Damon e Ellemir. Poi s’inginocchiarono tutti per ricevere la benedizione di Dom Esteban e quella di Leonie.

Appena incominciarono i festeggiamenti, apparve evidente che il vero scopo della celebrazione era di permettere ai vicini di conoscere e giudicare i generi di Dom Esteban. Damon, naturalmente, era già noto di nome e di reputazione: era un Ridenow di Serrais e un ufficiale delle Guardie. Andrew rimase piacevolmente sorpreso nel vedersi accettato: sembrava che non attirasse molta curiosità. Sospettava — e in seguito ebbe la certezza di aver visto giusto — che in generale nessuno trovava da ridire su quello che faceva un nobile Comyn.

Tutti bevevano allegramente, e ben presto Andrew venne trascinato nelle danze. Parteciparono tutti: perfino l’austera Leonie, che prese il braccio del nobile Serrais per un breve giro. Ci furono giochi chiassosi: Andrew venne coinvolto in uno che, tra regole da far perdere la testa, comportava una quantità di baci. Durante un attimo di pausa, espresse a Ellemir la propria confusione. Lei aveva il volto accaldato, e Andrew sospettava che avesse bevuto in abbondanza quel vino dolce e pesante. Lei ridacchiò. — Oh, è un complimento per Callista, il fatto che le ragazze giudichino desiderabile suo marito. E poi, dal solstizio d’inverno a quello d’estate vedono solo i fratelli e i parenti: per loro, sei una faccia nuova e interessante.

Sembrava una cosa abbastanza ragionevole: tuttavia, quando dovette incominciare a scambiare baci con ragazzine ubriache, molte delle quali avevano passato da poco i dieci anni, Andrew cominciò a temere di essere troppo vecchio per quel genere di passatempo. Del resto, bere non gli era mai piaciuto molto neppure tra i suoi compatrioti, anche se conosceva tutti i loro scherzi. Guardava Callista con desiderio, ma — a quanto pareva — una delle regole non scritte stabiliva che il marito non doveva ballare con la moglie. Ogni volta che si avvicinava a lei, qualcuno si precipitava in mezzo e li teneva separati.

Infine la cosa divenne così manifesta che lui andò in cerca di Damon per chiedergli chiarimenti. Damon ridacchiò e disse: — Avevo dimenticato che non sei delle Colline di Kilghard, fratello. Non vorrai privarli del loro divertimento, vero? È un gioco in uso alle nozze, tenere separati marito e moglie perché non possano sgattaiolare via e consumare il matrimonio in privato, prima di essere messi a letto insieme. Allora tutti possono spassarsela, facendo gli scherzi che sono tradizionali in queste occasioni. — Rise di nuovo, e Andrew si chiese, preoccupato, cosa doveva aspettarsi ancora.

Damon seguì i suoi pensieri e disse: — Se le nozze si fossero celebrate a Thendara… Be’, là sono più civili e raffinati. Ma qui conservano le usanze campagnole, e temo che siano molto vicine alla natura. A me non dispiace troppo: ma sono cresciuto qui. Alla mia età, mi buscherò qualche canzonatura in più: molti uomini si sposano quando hanno più o meno l’età di Domenic. E anche Ellemir è cresciuta tra le colline, e ha canzonato tante spose novelle. Immagino che si divertirà come tutte le altre. Ma vorrei poter risparmiare questo a Callista. Lei è vissuta… così protetta. E una Custode che rinuncia alla sua carica è un bersaglio libero per le battute più oscene: ho paura che le stiano preparando qualcosa di pesante.

Andrew guardò Ellemir, che rideva e arrossiva in mezzo a un gruppo di ragazze. Anche Callista era circondata, ma aveva l’aria chiusa, infelice. Tuttavia Andrew notò, con sollievo, che sebbene molte donne ridacchiassero e arrossissero e ridessero, parecchie — soprattutto le più giovani — erano come Callista, intimidite e rosse in faccia.

— Bevi! — Domenic mise un bicchiere nelle mani di Andrew. — Non puoi restare lucido, a un matrimonio: è una mancanza di rispetto. Se non ti ubriacassi potresti diventare troppo impaziente e aggressivo con la sposa: vero, Damon? — Aggiunse una battuta a proposito del chiaro di luna, che Andrew non comprese ma che fece prorompere Damon in una risata un po’ vergognosa.

— Vedo che stai consultando Andrew per avere consigli circa questa notte. Dimmi, Andrew, la tua gente ha una macchina anche per quello? No? — Domenic mimò un sollievo esagerato. — È già qualcosa! Temevo che avremmo dovuto organizzare una dimostrazione speciale!

Dezi stava fissando Damon. Era già ubriaco? Disse: — Sono contento che tu abbia dichiarato la tua intenzione di legittimare i tuoi figli: o mi sbaglio? Vuoi farmi credere che alla tua età non hai figli?

Con un sorriso gioviale, poiché un matrimonio non era l’occasione più adatta per offendersi a una domanda indiscreta, Damon rispose: — Non sono monaco né ombredin, Dezi, quindi suppongo che non sia impossibile: ma se li ho, le madri hanno trascurato d’informarmi della loro esistenza. Ma sarei stato lieto di avere un figlio, bastardo o no. — All’improvviso, la sua mente sfiorò quella di Dezi: ebbro, il ragazzo non era riuscito a barricarsi, e nel torrente della sua amarezza Damon afferrò l’unica cosa importante, rendendosi conto per la prima volta della causa della rabbia di Dezi.

Il ragazzo si credeva un figlio mai riconosciuto di Dom Esteban. Ma Esteban, si chiese Damon, si sarebbe comportato così con un figlio suo, comunque l’avesse generato? Ricordò che Dezi aveva il laran.

Poco dopo, quando ne parlò a Domenic, questi disse: — Non lo credo. Mio padre è un uomo giusto. Ha riconosciuto i figli nedestro avuti da Larissa d’Austrien, e ha assegnato loro diverse proprietà. È stato generoso con Dezi come avrebbe fatto con qualunque altro parente: ma se Dezi fosse suo figlio, sicuramente non l’avrebbe tenuto nascosto.

— L’aveva mandato ad Arilinn — ribatté Damon. — E tu sai che nessuno ci può andare, se non è di puro sangue dei Comyn. Nelle altre Torri non è così, ma ad Arilinn…

Domenic esitò. — Non voglio discutere le azioni di mio padre dietro le sue spalle — dichiarò infine, in tono fermo. — Vieni a chiederlo a lui.

— Ti sembra il momento adatto per una domanda del genere?

— Un matrimonio è il momento più adatto per risolvere le questioni di legittimità — rispose deciso Domenic; e Damon lo seguì, pensando che era tipico di quel ragazzo risolvere un problema simile appena si presentava.

Dom Esteban stava seduto un po’ in disparte e parlava con una giovane coppia, premurosamente cortese e impacciata, che all’avvicinarsi del ragazzo si allontanò per ballare. Domenic chiese, bruscamente:

— Padre, Dezi è nostro fratello o no?

Esteban Lanart abbassò gli occhi sulla coperta di pelli di lupo che gli avvolgeva le gambe e disse: — Potrebbe esserlo, ragazzo mio.

Domenic chiese, seccamente: — E allora perché non è stato riconosciuto?

— Domenic, figliolo, tu non capisci queste cose. Sua madre…

— Una comune prostituta? — chiese il giovane, sbigottito e disgustato.

— Per chi mi prendi? No, naturalmente. Era una delle mie parenti. Ma… — Stranamente, il vecchio burbero arrossì per l’imbarazzo. Infine disse: — Be’, ormai quella poverina è morta e non può più vergognarsene. Era la festa del solstizio d’inverno, ed eravamo tutti ubriachi, e quella notte lei ha giaciuto con me… e non con me soltanto, ma anche con quattro o cinque dei miei cugini. Perciò, quando è risultato che era incinta, nessuno di noi si è dichiarato disposto a riconoscere il figlio. Io ho fatto tutto quello che potevo, per lui, e basta guardarlo per capire che è di sangue Comyn: ma potrebbe essere mio, o di Gabriel, o di Gwynn…

Domenic era rosso in faccia, ma insistette. — Comunque, un figlio Comyn va riconosciuto.

Esteban era chiaramente a disagio. — Gwynn diceva sempre che intendeva farlo: ma è morto prima di decidersi. Io ho esitato a riferire a Dezi quella storia, perché ferirebbe il suo orgoglio molto più del fatto di essere un bastardo. Non credo che sia stato maltrattato — disse, in tono difensivo. — L’ho fatto venire a vivere qui, l’ho mandato ad Arilinn. Ha avuto tutto quello che può avere un erede nedestro, tranne il riconoscimento.

Damon rifletté, mentre tornava a ballare. Non c’era da stupirsi se Dezi era suscettibile e turbato: evidentemente, intuiva di portare addosso una vergogna che la sua condizione di bastardo non poteva spiegare. Era un disonore, per una ragazza di buona famiglia, essere così dissoluta. Sapeva che Ellemir aveva avuto diversi amanti: ma li aveva scelti con discrezione, e uno, almeno, era stato il marito della sorella, secondo una vecchia consuetudine. Non c’erano stati scandali. E non aveva mai corso il rischio di mettere al mondo un figlio che nessun uomo sarebbe stato disposto a riconoscere.

Quando Damon e Domenic l’avevano lasciato, Andrew era andato, tristemente, a prendersi un altro bicchiere. Pensava, cupo, che considerando ciò che l’attendeva quella notte avrebbe fatto bene a ubriacarsi il più possibile. Fra le usanze campagnole che Damon giudicava così spassose, e la certezza che lui e Callista non potevano consumare il matrimonio, sarebbe stata una notte nuziale atroce.

Pensandoci meglio… avrebbe dovuto camminare sul filo del rasoio: bere abbastanza per nascondere l’imbarazzo, ma restare lucido per ricordare la promessa a Callista, di non esercitare mai pressioni su di lei. La voleva (non aveva mai voluto una donna in vita sua come ora voleva Callista): ma lei doveva cedergli liberamente, in consonanza col suo desiderio. Sapeva bene che non avrebbe ricavato il minimo piacere da qualcosa che somigliasse sia pure lontanamente a uno stupro: e nello stato in cui adesso era Callista, non sarebbe stato niente di diverso.

«Se non ti ubriachi, potresti diventare troppo impaziente e aggressivo con tua moglie». Accidenti a Domenic e alle sue battute! Per fortuna nessuno — tranne Damon, che capiva il problema — sapeva cosa stava passando.

Se l’avessero saputo, pensò, probabilmente l’avrebbero giudicato uno spasso. Un altro scherzo osceno per le nozze!

All’improvviso si sentì angosciato, sconvolto… Callista! Callista era in difficoltà! Si affrettò a dirigersi verso di lei, lasciandosi guidare dalla sensibilità telepatica.

La trovò in fondo alla sala, inchiodata contro la parete da Dezi, che la bloccava con tutt’e due le braccia perché non potesse sfuggirgli. Il ragazzo si stava piegando come se volesse baciarla. Callista si torceva, cercando di sottrarsi alle sue labbra, implorando. — No, Dezi, non voglio essere costretta a difendermi contro un parente…

— Adesso non siamo nella Torre, domna. Su, andiamo, un vero bacio…

Andrew abbrancò il ragazzo per una spalla e lo strappò via, sollevandolo di peso.

— Maledizione, lasciala stare!

Dezi lo guardò offeso. — Era solo uno scherzo tra parenti.

— Uno scherzo che a Callista non piace — disse Andrew. — Sparisci. Altrimenti…

— Altrimenti cosa? — ringhiò Dezi. — Mi sfiderai a duello?

Andrew guardò dall’alto in basso quel ragazzo esile, accaldato, inferocito, chiaramente ubriaco. Di colpo, la sua collera svanì. Tuttavia la consuetudine terrestre che stabiliva un’età legale per poter bere alcolici gli apparve saggia. — Sfidarti? Un accidente! — esclamò ridendo e fissando il ragazzo infuriato. — Ti rovescerò sulle mie ginocchia e ti sculaccerò da quel bambino cattivo che sei. Adesso vattene a farti passare la sbornia, e smettila d’infastidire gli adulti.

Dezi gli lanciò un’occhiata omicida, ma se ne andò; e Andrew si accorse che, per la prima volta dopo la dichiarazione, era rimasto solo con Callista.

— Cosa diavolo voleva?

Callista era cremisi come la sua veste vaporosa; ma cercò di buttarla in scherzo. — Oh, ha detto che ormai non ero più Custode ed ero libera di dare sfogo alla passione irresistibile che lui è convinto di suscitare in ogni cuore femminile.

— Avrei dovuto usarlo come straccio per lucidare il pavimento — replicò Andrew.

Lei scosse la testa. — No, no, io credo che abbia bevuto più di quanto può sopportare. E è un parente, dopotutto. Non è improbabile che sia figlio di mio padre.

Andrew, in effetti, l’aveva immaginato quando aveva visto Domenic e Dezi fianco a fianco. — Ma è possibile che tratti così una ragazza, se la crede sua sorella?

— Sorellastra — precisò Callista. — E tra le colline, sorellastre e fratellastri possono giacere insieme, se vogliono, e perfino sposarsi, sebbene si ritenga preferibile che non mettano al mondo figli. E a un matrimonio è logico aspettarsi scherzi pesanti: quindi, quello che ha fatto è solo scortese, non scandaloso. Io sono troppo sensibile, e lui, in fin dei conti, è molto giovane.

Era ancora scossa e turbata, e Andrew pensò di nuovo che avrebbe dovuto prendere quel ragazzo e usarlo per lucidare il pavimento; poi, troppo tardi, si chiese se non era stato duro con lui più del necessario. Non era il primo adolescente che beveva troppo e si rendeva importuno.

Parlò gentilmente, guardando il volto stanco e teso di Callista. — Presto sarà finita, amore.

— Lo so. — Callista esitò. — Sai… La consuetudine…

— Me l’ha detto Damon — replicò lui sarcastico. — Ci metteranno a letto insieme, tra una quantità di battute oscene.

Lei annuì, arrossendo. — Dicono che ciò incoraggi a generare un figlio: e in questa parte del mondo, come puoi immaginare, per una giovane coppia è una cosa molto importante. Perciò dobbiamo semplicemente… far buon viso a cattivo gioco. — Gli lanciò un’occhiata, arrossendo, e disse: — Mi dispiace. So che peggiorerà le cose…

Andrew scosse la testa. — Non credo — fece, sorridendo. — Anzi, una cosa del genere tenderebbe piuttosto a scoraggiarmi. — Scorse di nuovo il lampo di rimorso sul volto di lei, e provò l’impulso di consolarla, di rassicurarla.

— Ascolta — disse gentilmente, — pensa a questo: lascia che si divertano. Ma noi possiamo fare ciò che vogliamo, e sarà il nostro segreto, come è giusto. A suo tempo. Perciò possiamo metterci tranquilli e ignorare queste stupidaggini.

Callista sospirò e gli sorrise. Disse, a bassa voce: — Se pensi davvero così…

— Sì, amore.

— Ne sono lieta — disse lei, in un bisbiglio. — Guarda, le ragazze stanno trascinando via Ellemir. — E aggiunse prontamente, vedendo l’espressione sgomenta di lui: — No, non le fanno del male: è usanza che la sposa debba lottare un po’. Deriva dai tempi in cui le ragazze venivano sposate senza il loro consenso, ma ora è soltanto uno scherzo. Vedi? I servitori di mio padre l’hanno portato via, e anche Leonie si ritirerà, così i giovani potranno fare tutto il chiasso che vogliono.

Ma Leonie non si ritirò: venne accanto a loro, silenziosa e cupa nelle vesti cremisi.

— Callista, figliola, vuoi che rimanga? Forse in mia presenza gli scherzi saranno un po’ meno indecorosi.

Andrew sentiva che Callista lo desiderava: ma lei sorrise e sfiorò la mano di Leonie, lievemente, come usava tra telepati. — Ti ringrazio, parente. Ma io… non devo cominciare privandoli del divertimento. Nessuna sposa è mai morta d’imbarazzo, e sono sicura che non sarò io la prima. — E Andrew, guardandola, si fece forza per sopportare senza proteste gli scherzi volgari ideati per una Custode che rinunciava alla verginità, e ricordò la ragazza coraggiosa che aveva scherzato perfino quando era prigioniera, sola e terrorizzata, nelle grotte di Corresanti.

È per questo che l’amo tanto, pensò.

Leonie disse, gentilmente: — Allora come vuoi, cara. Abbiti la mia benedizione. — Fece un inchino a entrambi, con aria grave, e se ne andò.

Come se, allontanandosi, avesse aperto le chiuse, una marea di giovani — uomini e donne — si avventò verso di loro.

— Callista, Ann’dra, qui perdete tempo: la notte sta passando. Non avete niente di meglio da fare, stanotte, che parlare?

Andrew vide Damon trascinato via da Dezi. Poi Domenic lo prese per mano e l’allontanò da Callista: vide le ragazze che la circondavano e gliela nascondevano. Una di loro gridò: — Te la prepariamo, Ann’dra, così non dovrai contaminare le sue sacre vesti!

— Venite! — gridò Domenic, allegrissimo. — Questi preferirebbero restare qui a bere tutta la notte, sono sicuro, ma adesso devono fare il loro dovere. Non si deve far attendere una sposa.

Andrew e Damon furono trascinati su per la scala, e spinti nel soggiorno dell’appartamento che avevano fatto preparare quel mattino. — Attenti a non confonderle, adesso — gridò con voce ebbra la guardia Caradoc. — Quando le spose sono gemelle, come fa un marito, soprattutto se è ubriaco, a capire se giace fra le braccia della donna giusta?

— E che differenza fa? — chiese un giovane. — Tocca a loro arrangiarsi, no? E quando la lampada è spenta, una donna è uguale all’altra. Se confondono la mano sinistra con la destra, che differenza fa?

— Cominceremo con Damon. Ha perso tanto tempo che adesso deve affrettarsi a fare il suo dovere verso il clan — disse allegramente Domenic. Damon venne spogliato rapidamente e avviluppato in una lunga vestaglia. La porta della stanza da letto fu aperta cerimoniosamente, e Andrew intravide Ellemir, in una camicia sottilissima di seta di ragno, con i capelli di rame sciolti sul seno. Era rossa in faccia e rideva irrefrenabilmente, ma Andrew sentiva che era sul punto di scoppiare in singhiozzi isterici. Basta, pensò. Era troppo. Tutti dovevano uscire e lasciarli in pace.

— Damon — disse solennemente Domenic, — ti ho fatto un dono.

Andrew notò, con un senso di sollievo, che Damon era abbastanza ubriaco da essere di buonumore. — Sei molto gentile, cognato. Dov’è?

— Ti ho preparato un calendario, con i giorni e le lune. Se farai il tuo dovere questa notte, vedi, ho segnato in cremisi il giorno in cui nascerà il tuo primo figlio!

Damon era rosso in faccia per lo sforzo di reprimere le risa. Andrew vedeva benissimo che avrebbe preferito gettare il calendario in faccia a Domenic; tuttavia l’accettò, e lasciò che l’aiutassero cerimoniosamente a mettersi a letto a fianco di Ellemir. Domenic disse a Ellemir qualcosa che l’indusse a chinarsi e a nascondere la faccia tra le lenzuola; poi guidò i presenti alla porta, con burlesca solennità.

— E adesso, per poter passare la notte a bere tranquillamente, senza essere disturbati da quello che accadrà dietro queste porte, ho un altro dono per la coppia felice. Metterò uno smorzatore telepatico all’interno della stanza…

Damon si levò a sedere sul letto e scagliò un cuscino contro Domenic, perdendo finalmente la pazienza. — Adesso basta! — urlò. — Andatevene all’inferno e lasciateci in pace!

Come se non aspettassero altro (e forse era così), uomini e donne si affrettarono a ritirarsi verso la porta. — Damon — protestò Domenic, con aria di riprovazione, — non puoi frenare la tua impazienza ancora per un poco? Mia povera sorellina, in balìa di una fretta così indecorosa! — Ma chiuse la porta, e Andrew sentì Damon accostarsi per sbarrarla. Almeno c’era un limite agli scherzi, e adesso Damon e Ellemir erano soli.

Ma ora toccava a lui. C’era solo un aspetto positivo, in quella storia, pensò rabbiosamente. Prima che quegli ubriachi avessero finito i loro scherzi, lui sarebbe stato troppo stanco — e troppo furioso — per fare altro che dormire.

Lo spinsero nella stanza dove Callista attendeva, circondata dalle amiche di Ellemir, dalle loro ancelle, dalle giovani nobildonne della campagna circostante. Le avevano tolto la veste cremisi, le avevano fatto indossare una camicia trasparente come quella di Ellemir e le avevano sciolto i capelli sulle spalle nude. Callista alzò lo sguardo verso di lui, e per un momento Andrew ebbe la sensazione che fosse molto più giovane di Ellemir: giovane, smarrita, vulnerabile.

Sentì che lei stava lottando per trattenere le lacrime. La timidezza e la riluttanza facevano parte del gioco: ma se lei fosse davvero crollata e si fosse messa a piangere, si sarebbero vergognati e risentiti perché rovinava il loro divertimento. L’avrebbero disprezzata per la sua incapacità di stare allo scherzo.

I bambini sanno essere crudeli, si disse Andrew, e molte di quelle ragazze erano soltanto bambine. Sebbene apparisse così giovane, Callista era una donna. Forse non era mai stata bambina: la Torre le aveva rubato l’infanzia… Si preparò a sopportare quello che sarebbe accaduto, sapendo che, per quanto fosse duro per lui, per Callista sarebbe stato anche peggio.

Tra quanto riuscirò a mandarli via, si chiese, prima che lei crolli e pianga, e si rammarichi di piangere? Perché deve sopportare queste assurdità?

Domenic l’afferrò saldamente per le spalle e lo girò in modo che voltasse la schiena a Callista.

— Fa’ attenzione — l’ammonì. — Non abbiamo ancora finito, con te, e le donne non hanno ancora preparato Callista. Non puoi attendere qualche minuto? — E Andrew lasciò che Domenic facesse quello che voleva, preparandosi a prestare cortese attenzione agli scherzi che non capiva. Ma pensò con desiderio al momento in cui lui e Callista sarebbero rimasti soli.

O forse sarebbe stato peggio? Bene, in ogni caso prima doveva sopportare ancora questo. Lasciò che Domenic e gli uomini lo conducessero nella stanza accanto.